Francesco Diodati, vice-caporedattore del sito musicale Rockon.it e grande amico, ha voluto farmi un regalo:
Graham Coxon è tornato. Graham Coxon e il settimo album, “The Spinning Top”. Graham Coxon e i suoi occhiali famosissimi. Troppo famosi. Graham Coxon nell’inferno degli anta. Quarant’anni e non sentirli. Quarant’anni e sentirli. L’alcool. Quello puro. Nubi tossiche. Il cervello bruciato. Le lenti appannate. La pancia gonfia. Le dita gialle. Le occhiaie. Una storia fatta di telecaster e di birra. I barattoli di birra dispersi nella disintossicazione ufficiosa. I Blur sono morti. Anzi no. I Blur si sono riuniti. Hanno ripescato l’anima. Forse. I Blur hanno riagganciato il mondo. Forse. Evviva il brit-pop e i suoi derivati. Evviva i novanta e i suoi derivati.
Graham Coxon è un timido. Un chitarrista timido. Un grande chitarrista. “The Spinning Top” è la sua rinascita. La maturità travolgente che si rovescia nella trasfigurazione, nel cambiamento stilistico che oltrepassa, e annichilisce, lo scoppiettante power (punk)pop dei precedenti album (su tutti gli ultimi due, “Happiness In Magazines” e “Love Travels At Illegal Speeds”) e che posa le proprie basi su danze acustiche, leggere, sottili, profumate, morbide. Graham Coxon in versione Syd Barrett. In versione folk. Davy Graham, Nick Drake e John Martyn. Le ombre. Gli spettri. Il mondo acustico. Il folk made in England. Danny Thompson è al contrabbasso. “The Spinning Top” è “Pink Moon”. “The Spinning Top”, quindici brani. Un album lunghissimo. Apparentemente pesante. Squisitamente leggero.
Graham Coxon e l’agognata maturità. Perdonategli il ritardo. Ciao pop. La chitarra acustica. Ho voglia di folk. “The Spinning Top”, il settimo album. La rivelazione che non esiste. Semplicemente il suo miglior disco. Semplicemente, Graham Coxon.
Francesco Diodati per Mag-Music
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