Il comunicato di presentazione di “All apples are red, except for those which are not red” parla di crescita: in senso quantitativo, perché i Jules Not Jude passano da duo a quartetto, e in senso qualitativo, nonostante i già ottimi consensi riscossi col precedente EP “Clouds Of Fish”. Prodotto da Fabio Benni e Alessandro Paderno dei più esperti Le Man Avec Les Lunettes, l’album non è altro che poco più d’una dozzina di zuccherose pop song che stampano il sorriso in faccia, senza nascondere una certa serietà che va a e viene.
Dunque i Jules Not Jude aggiungono alla loro già ricca formula (brit) indie-pop un’attitudine più rock con contaminazioni elettroniche qua e là. Parlavamo di sorrisi, infatti l’album si presenta all’insegna della spensieratezza (a conferma di ciò anche i testi surreali che sembrano usciti da un sogno stralunato); eccetto in quei momenti più riflessivi (prendete ad esempio la bellissima Just a Girl dal passo più lento del solito e quasi sognante; o la pseudo – ballata di Ordinary Sunshine, che in realtà ti prende in giro, perché diventa tutto d’un tratto un frullato frizzante e divertente, con tanto di tromba altalenante nel finale). Tutti pezzi forti questi appena citati, come anche Don’t Stop Your Thoughts In a Name: un qualcosa a metà tra Oasis e Smashing Pumpkins. Potenziale hit sembra essere Caramel Lovelypop, i Beatles qui sono vicinissimi. Un album, “All apples…” che gode anche di una certa varietà: non mi sembra neanche troppo azzardato dire che l’elettro-funk di Bubabeat, escludendo il ritornello, non dispiacerebbe agli ultimi Of Montreal.
In definitiva, i Jules Not Jude piacciono e devono piacere, perché siamo davanti ad un’altra band italiana (insieme agli …A Toys Orchestra, che mi sembra l’esempio parallelo più lampante), che finge ottimamente di essere inglese o giù di lì. Non dovrebbe essere un riscontro positivo ma visto come vanno le cose, lo è diventato.
Davide Ingrosso per Mag-Music
0 comments