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CD/LP – Subsound, 9 t.
Eraldo Bernocchi da una parte, i MoRkObOt dall’altra. Una riunione tra esponenti di una realtà in continua crescita e dalle molteplici affinità, nelle sperimentazioni come nelle estremizzazioni. Un lavoro di squadra avente come obiettivo la concezione di un magma sonoro fuori dagli schemi. Un gioco, sì, ma soprattutto un dovere: OssO è un’entità che non lascia alcuna via di scampo e le cui conseguenze portano danni ingenti: la frantumazione del muro del suono tramite i riffoni heavy della chitarra di Bernocchi nella schiacciasassi assassina di Mongolfear, i calcoli impazziti di un misto tra drum’n’bass, death e speed metal quale è Column, il rituale elettronico di Squirter, avvertimenti a suon di sludge (Mary Turdor, la cadenzata Fister) destinati ad evolversi in fusioni tra doom e quel drone tanto caro ai tre messaggeri (Fecaloman), un uragano che, dopo l’estasi rappresentata da riverberi techno, ritmiche serrate e bassi mastodontici (Ballsacher) e da devozioni industrial (Mungiball), fa definitivamente tabula rasa attraverso il metafisico e mnemonico scorrere di A Cockwork Orange. Dulcis in fundo, una proiezione verso l’ignoto, con tanto di sintetizzatori in tilt, rappresentata da una traccia fantasma. Il risultato è un album che rigetta il concetto di masturbazione mentale, rivelandosi invece come la via di trasmissione di un morbo la cui diffusione, una volta tanto, comporta effetti benigni. Necessario.
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