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Brutture moderne, 14 t.
Franco Naddei non è di certo un novellino. In un’attività pluridecennale come la sua, fatta di esperienze collettive, in particolare con i Santo Barbaro, ed in veste solista, c’è molto da dire, da ascoltare e da ammirare. Un coraggio che non è da tutti, e che nel monicker FrancoBeat trova la sua reale identità: Radici, sua terza fatica, continua tale percorso rafforzandosi sia a livello musicale che, per certi versi, teatrale, muovendosi tra storie di personaggi in cerca d’autore (il piano preparato di Io ero bellissima) e Moog soavi ed onirici attraverso cui tracciare le proprie composizioni ed esperienze (Le mie meraviglie). Il risultato è un artista che, adottando un inusuale approccio che può ricordare certi momenti di Samuele Bersani (Camminare, Il principe e la donzella), si lascia andare a marce colme di malinconia (È bella la pioggia), dicotomie a base di piano rock (Verde/secco) e crescendi soffusi, di memoria lowiana (Che cambino le cose), surreali e sbilenche narrazioni waitsiane (Il pupazzo di neve), un meltin’ pot pop misto a jazz (Pillole), tex-mex, beat e melodie 60’s/70’s (Carmencita) e persino espedienti accomunabili a quanto tentato dai primi Aeroplanitaliani (la danza electro-bandistica di Belluno). Il contributo di ospiti di tutto rispetto quali i Sacri Cuori, Giacomo Toni, John De Leo e gli stessi Santo Barbaro è l’appropriata ciliegina per un quadro che merita solo applausi. Da non perdere.
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