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Peaceville, 12 t.
L’uscita, a partire dal 2013, di Dethroned & Uncrowned (2013) – inutile rivisitazione acustica del già soft Dead End Kings (2012) – della ristampa di Viva Emptiness (2013) e dell’EP Kocytean (2014) – raccolta di vecchi scarti – avrebbe dovuto far credere anche ai fans più incalliti che i Katatonia cominciavano ad essere a corto di idee. Ciononostante alla distanza di quattro anni dall’ultimo “vero” album – dovuta probabilmente anche a un paio di cambi in formazione – il gruppo svedese pubblica l’opera più lunga della sua carriera: The Fall of Hearts.
È come se Jonas Renkse e Anders Nyström, dopo una lunga e travagliata gravidanza, avessero avuto un bambino lunatico alto dodici tracce e pesante un’ora e sette minuti. Fuor di metafora si vuole dire che quest’ultimo loro album lascia inevitabilmente perplessi ai primi ascolti. Ai momenti carichi di pathos di Old Heart Falls (per quanto possa risultare estremamente semplice e catchy in quanto singolo) si susseguono le “fasi di down” della ballata Decima. Ciononostante The Fall of Hearts si presenta più complicato e in un certo qual modo più progressive dei precedenti album e diventa difficile trovare una canzone che non presenti diverse fasi dagli stili quasi antitetici. Un buon esempio può essere il duo Sanction e The Night Subscriber, dove un arpeggio può facilmente e repentinamente tramutarsi in un giro di chitarra elettrica, talvolta cadenzato, talvolta tagliente. In Takeover durante questa sequenza si inserisce perfino un ritornello onirico, quasi post-rock nel suo stile etereo. Un ottimo e variegato lavoro alle tastiere da parte di Renkse e ai cori da parte di Nyström aiuta ad aumentare la ricercatezza dell’album.
The Fall of Hearts non è uno di quegli album che riesce ad avere una facile presa sull’ascoltatore. I Katatonia vi hanno amalgamato stili che sembrano aver ripescato da ogni loro album uscito nell’ultimo decennio (se non addirittura quindicennio), con qualche sentore dei Porcupine Tree più semplicistici – sebbene la produzione e gli intenti siano totalmente differenti, certi passaggi non starebbero male su uno Stupid Dream per esempio. Ne risulta dunque una distinta e piacevole sintesi dei più recenti stili da loro esplorati.
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