Opinioni da Clown è il nuovo eccezionale album dello chansonnier milanese Giangilberto Monti, in cui racchiude in 13 brani i suoi quasi quarant’anni di carriera, tra ironia e spessore artistico e culturale. Sei Capace? È stato il primo singolo estratto dall’album, scritto e realizzato con la collaborazione di Nino Formicola, ed è un chiaro omaggio al primo Jannacci, brano che fu scritto negli anni ’90 per i Fichi d’India. Opinioni da clown è un commentario del buffone che non vive avulso dalla società che lo circonda, anzi ha una spiccata tendenza ad avvalorare i mali investigandone i motivi, in questo Giangilberto Monti, con la penna ironica di sempre, come un vero clown al circo, fa scappare un sorriso amaro a chi ascolta questi tredici brani.
Opinioni da clown, già il titolo è sarcasticamente divertente, come se i clown, per antonomasia fossero poco credibili e buffoni e non possano avere delle opinioni…
È una provocazione verbale, infatti, il clown per sua definizione attiene alla buffoneria e anche se l’ispirazione è dichiarata – l’opera letteraria di Heinrich Böll, quasi omonima, Opinioni di un clown – è un’evidente tentativo di raccontare la nostra società da un punto di vista ironico, attraverso il grande filone della musica umoristica. La differenza è che questi brani, per struttura testuale, invenzioni armoniche e forma melodica, rientrano nel mondo cantautorale classico, con arrangiamenti folk-pop.
Diverse le collaborazioni in questo disco, puoi raccontarci come sono avvenute? Come è avvenuto l’incontro e perché hai scelto Nino Formicola, Raul Cremona e Pellizza?
Sono la naturale conseguenza di incontri umani e artistici, lungo una carriera più che trentennale. Se Nino Formicola è stato uno dei riferimenti del primo cabaret televisivo e poi del teatro comico brillante – e quindi, almeno per me, oggetto di curiosità sia da studioso del mondo dello spettacolo, sia da collega voglioso di approfondire la tecnica comica – Raul Cremona rappresenta un ricordo dei miei anni da “ragazzo di periferia”, poi ritrovato sulle scene dei piccoli palcoscenici milanesi: dalle osterie sui Navigli al primo Zelig. Per il cantautore piemontese Pellizza è tutta un’altra storia: la sua band ha fornito il “sound” ideale a questo disco è mi è sembrato naturale coinvolgerlo in un duetto, che per lui, peraltro, si è rivelato una prima assoluta, abituato com’era al ruolo da solista.
…E quali altri importanti collaborazioni ci sono in questo disco?
Molte altre, legate ai miei trascorsi artistici, da Sergio Conforti (il Rocco Tanica di Elio & Le Storie Tese) verso il quale nutro grande ammirazione per le sue geniali capacità, testuali e musicali, di scrittura comica, a Mauro Pagani, che mi diede ai tempi salutari consigli sulla mia arte, incoraggiandomi nei passaggi meno facili della mia carriera.
Non poteva mancare un omaggio al grande Dario Fo. Come e quando l’ha conosciuto? E come è nata questa canzone?
Ho lavorato con la compagnia Fo-Rame nei primi anni Ottanta. Per me sono stati due maestri di scena e soprattutto Fo mi ha spinto a ricercare una mia originalità espressiva. La canzone chiudeva il primo atto dell’Opera dello Sghignazzo (1981) ma era pensata in forma di duetto da musical, con Fiorenzo Carpi ho riorganizzato testo e musica, strutturandola come un brano a sé stante. È una formidabile chiusura poetica di un mondo che sta scomparendo.
Il clown ha anche un lato triste, come nel brano “Tra il dire e il fare”, ma s’innamora anche in “Ora vado”. A quale amore passato è dedicata?
Il clown vive una profonda umanità, sulla scena e nella vita, sottesa da una tragicomicità quotidiana. L’amore nelle sue infinite sfumature, ne è un passaggio fondamentale. Senza questo sfondo di gioie, passioni, sofferenze e risate liberatorie, il comico è ben poca cosa.
Chi sono i Laurel & Hardy di oggi? E chi sono in questa canzone?
La coppia figura tra i “topos” della comicità scenica: il binomio alto-grasso, brutto-bello, ciccione-stecco, furbo-tonto, ecc. Forma la base del teatro brillante, che poi si estende al cinema, alla musica e al piccolo palcoscenico. In particolare, questa canzone è ispirata a un’intuizione del poeta e pittore milanese Maurizio Meschia, che racconta le sue sensazioni di fronte agli infiniti passaggi su grande schermo di Stan Laurel & Oliver Hardy..
C’è un messaggio particolare che vuoi che passi attraverso questo tuo nuovo lavoro?
Se il buffone decide di sedersi al tavolo con i re, poi la gente non capisce più qual è la realtà e qual è la fantasia.
Nicola Garofano per Magazinet.it
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