Anggun, ambasciatrice volontaria della FAO, è stata il testimonial più autorevole del Save the World, filo conduttore del ventitreesimo concerto dell’Epifania, andato in onda su Rai1 sabato mattina 6 gennaio.
La straordinaria cantante, reduce dal successo come giudice all’Asia’s Got Talent, ha inciso un nuovo disco, uscito a dicembre scorso, che s’intitola “8”, suo settimo album internazionale in studio, anticipato dal singolo What We Remember, che ha presentato in anteprima a Napoli, al concerto dell’Epifania.
Abbiamo incontrato Anggun durante la conferenza stampa del concerto dell’Epifania tenutasi al complesso di S. Maria La Nova.
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È la prima volta che viene a Napoli?
Sono venuta diverse volte a Napoli, l’ultima è stata nel 2012 per l’Earth Day 2012 al PalaPartenope, dove ho cantato in occasione della giornata mondiale della salvaguardia della terra.
È sempre un vero piacere e particolarmente emozionante per me essere in Italia, e, a Napoli, anche se non ho molto tempo, amo trascorrere del tempo qui. Questa è la prima volta che entro in questa chiesa (Santa Maria la Nova ndr) ed è veramente molto bella. C’è sempre qualcosa in Italia, la gente, la musica, in cui la gente crede e vive.
Concerto dedicato alla pace e anche alle culture dei migranti. Cosa significa per lei?
Io vengo dall’Indonesia ed è il più grande paese musulmano nel mondo, ma io ho frequentato le scuole cattoliche quando ero piccola, perché mio padre mi diceva che la religione è qualcosa di molto personale tra te e Dio. Sono una migrante anch’io, ora io vivo in Francia, da circa venti anni, e ci sono molti tipi d’immigranti. Ho deciso di lasciare il mio paese e di stabilire la mia vita in un nuovo posto, e ho scelto la Francia come casa. Le distanze si sono accorciate, il mondo sta diventando sempre più piccolo e credo che le persone siano cittadine del mondo e che possano vivere ovunque loro vogliano, ma, allo stesso tempo, rispettando le tradizioni del Paese in cui si stabiliscono.
Per me non è importante da dove vieni, tu sei mio fratello e mia sorella e vorrei che la gente pensi lo stesso di me.
Oltre a cantare ha già pensato a cosa dirà riguardo al tema scelto per l’edizione di quest’anno, cioè l’invito del Santo Padre a scoprire il carico di creatività e tenacia portato dai migranti nei paesi che li accolgono?
Sono estremamente onorata di essere qui e di esibirmi domani sera. Come sapete, da molto tempo, faccio parte del business della musica ed ho sempre cercato di scrivere canzoni con dei significati e che non fossero semplicemente “forma”. Come artisti abbiamo un certo tipo di responsabilità. Adesso più che mai, penso il mondo incontra gli artisti, il mondo incontra le culture. Abbiamo bisogno di scrittori per ricordarci quali sono le cose reali e importanti della vita, ecco perché credo che la musica sia molto potente. Mio padre era uno scrittore, e, diceva spesso, che ci sono dei luoghi in cui le parole possono portarti e quelli in cui puoi arrivare con le parole, ti ci può portare la musica, toccandoti il cuore. Ed è per questo che far parte del business musicale, essere un cantante e un cantautore, è una grande responsabilità. Sono nata e cresciuta in un paese meraviglioso, l’Indonesia, adesso popolata da 260 milioni di persone. Sono indonesiana, vivo in Europa e mi ritengo molto fortunata nel poter scegliere il luogo in cui vivere. Ho viaggiato in tutto il mondo, e nonostante il mio sangue sia indonesiano, ho vissuto per un po’ in Canada e mi sento anche canadese; ho vissuto anche in Inghilterra e mi sento un po’ inglese. Sono cittadina del mondo e penso che la nostra casa sia il mondo, indipendentemente dalle tue origini.
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Presenterà anche il suo nuovo singolo?
Sì, canterò il mio ultimo singolo, il cui titolo è “What we remember” e parla del fatto che abbiamo poco tempo a disposizione su questa terra e dobbiamo lasciare un’impronta positiva e costruire dei bei ricordi per noi stessi e per gli altri, quindi penso che in tutto ciò che facciamo ci sia qualcosa di logico. Non dobbiamo solo pensare a noi stessi, ma anche agli altri.
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