Intervista senza filtri all’esordiente cantautrice indie-folk Simona Gretchen: ovvero come trascorrere una piacevole oretta su Msn a parlare di “Gretchen pensa troppo forte”, di costole rotte, di orgoglio femmicinico, crisi d’identità e molto altro.
Simona Darchini: ciao.
Miria: ciao Simona
S. D.: ci sono, ogni tanto.
M.: Allora… innanzitutto ti chiedo già da adesso perdono se le mie domande ti sembreranno stupide, è la mia prima intervista.
S. D.: figurati, le domande non sono mai stupide. Sono gli intervistati che spesso danno il peggio di sé^^.
M.: …allora cominciamo?
S. D.: ok
M.: Quando hai iniziato a scrivere musica e come è nato il progetto Gretchen?
S. D.: Quando avevo quattordici anni ho cominciato a suonare in formazioni varie. Non scrivevo testi ma spesso ero autrice della musica o lo ero almeno in parte. Si tratta di band punk, indie-rock… Gretchen è nata nell’estate 2008. Era la prima volta che scrivevo testi. E che cantavo (non come seconda voce).
M.: Qual è il fil rouge che sta dietro l’album “Gretchen pensa troppo forte”?
S. D.: L’elaborazione del lutto. Che però non è un lutto vero e proprio (per quello è così difficile elaborarlo e c’è voluto un disco intero per farlo).
M.: Quali sono gli ascolti che ti hanno maggiormente influenzato?
S. D.: Leonard Cohen, Patti Smith, il punk di fine anni Settanta, i Radiohead, parte della scena grunge. Il mio gruppo preferito rimangono i Velvet Underground. Adoro anche i dischi solisti di Nico.
M.: Concordo
S. D.: ^^
M.: Come nasce la collaborazione con Lorenzo Montanà e Nicola Manzan?
S. D.: Conoscevo Gianluca Lo Presti, che ha fondato Disco Dada insieme a Lorenzo Montanà e ci ha presentati. Lorenzo è poi diventato produttore artistico del mio disco, oltre ad avermi accolto nella nuova indie label, che mi ha permesso un ufficio stampa e una distribuzione di tutto rispetto. Nicola Manzan invece l’ho conosciuto da fan: lo seguivo quando accompagnava Alessandro Grazian (ci ho parlato la prima volta proprio a un live di Alessandro), o quando c’era Bologna Violenta in zona, o quando suonava con i Baustelle… Gli ho fatto sentire alcuni miei brani e gli ho chiesto se gli andava di registrare qualcosa nel mio disco. Con mia grande sorpresa ha accettato e siamo diventati pure amici. Adesso è sempre in giro con il Teatro degli Orrori, che seguo ogni volta che posso, fra l’altro… e sono stra-felice per lui.
M.: Si, è vero…non sono mai riuscita a vederli dal vivo purtroppo
S. D.: devi, mia cara, devi
sono la svolta
^^
M.: hai ragione, sono rimasta ai Verdena
S. D.: mica male^^
M.: ovvero il concerto in cui ho scoperto che pogare non fa per me
S. D.: io ho smesso dopo essermi rotta una costola ahah, pesavo anche allora poco più di 40 kg ed ero matta
S. D.: li avrò visti una ventina di volte, mi mancano
M.: a settembre dovrebbe uscire il loro nuovo album
S. D.: già…
M.: Qualche giorno fa leggevo un’intervista fatta da David Byrne (Talking Heads) a PJ Harvey in cui le chiedeva se le fosse mai successo di scrivere una canzone e poi, dopo un po’ di tempo, rivederla e capire cosa volesse dire realmente. A te è mai capitato?
S. D.: eccome
mi è successo con Ieri, per esempio
M.: anche a PJ
S. D.: yeah
S. D.: capita che scrivi delle cose dettate dall’inconscio, per lo più, e che le razionalizzi solo dopo giorni, a volte settimane
S. D.: scrivere non è molto diverso da sognare, quanto a stato mentale
M.: Le tue canzoni paiono la conseguenza di uno spietato monologo interiore intessuto di allucinazioni fantastiche. Come nascono i tuoi testi?Hanno un fine terapeutico?
S. D.: no, hanno un fine catartico
sono la conseguenza di uno spietato monologo interiore, già
S. D.: sono lo stesso monologo che si srotola nel momento in cui emerge la prima volta
se perdi l’attimo in cui prendere la penna in mano sei un autore inutile
S. D.: o meglio, non esisti
M.: sei un po’ Joyce un po’ Virginia Woolf
S. D.: sono loro fan, di sicuro
M.: però non diventare depressa come la Woolf
S. D.: nel 2007 ho pensato per mesi solo a come farmi fuori. Ora che sono qui mi faccio delle gran risate.
M.: credo che sia una fase della vita quasi obbligatoria… l’ho pensato anche io, ma forse la paura mi ha fermato
S. D.: io sono troppo curiosa, credo
M.: e comunque non mi butterei in acqua come la Woolf
S. D.: manco io
^^
M.: A quale canzone ti senti più legata?
S. D.: non lo so, ma O nostre pelli è la prima canzone che ho scritto e contiene tutto il senso del disco
M.: io avevo pensato Vuota
S. D.: Vuota parla del mio doppio, che in fondo, puoi interpretare come immaginario. O nostre pelli parla del fondo del fondo di me
S. D.: (suonarla dal vivo è sempre delicata, come cosa)
M.: Con chi ti piacerebbe collaborare in futuro?
S. D.: che domanda difficile^^
S. D.: di certo un grande batterista: Paolo Mongardi, degli Zeus!
S. D.: (potrei anche farcela, chissà)
^^
M.: Visto che ti hanno spesso definita la versione femminile di Vasco Brondi (io comunque non lo penso), ti piacerebbe collaborare con lui?
S. D.: non sono la versione femminile di Vasco Brondi, anche se mi piacerebbe molto stringergli la mano. l’ho seguito molto, mi piace come scrive.
S. D.: ma non ci vedo una facile collaborazione. Credo le nostre strade siano parallele, non incidenti. per quanto compatibili!
M.: e a livello internazionale?osa pure
S. D.: i Melvins
(non ridere)
^^
M.: ma figurati
S. D.: ihih
M.: Beatrice Antolini ha dichiarato che fare musica al giorno d’oggi non è cosa da donne poiché è così complicato farcela che poche hanno il coraggio di rischiare il tutto per tutto. Sei d’accordo con lei?
S. D.: se le donne non cominciano a fregarsene dell’essere donne non faranno mai nulla di nuovo. Siamo troppo brave a ghettizzarci da sole, troppo spesso. Dobbiamo cercare il confronto che possa aiutarci a crescere come “artisti”, superare lo stesso concetto di sesso.
Che sia difficilissimo, è vero.
M.: parole sante
S. D.: mi sono sentita dire di tutto. Sempre alle spalle e mai in faccia.
S. D.: se ogni volta che avessi sentito una calunnia o un insulto ne avessi fatto un fatto nazionale non avrei nemmeno fatto la prima metà del tour.
S. D.: l’unica battaglia che si può fare nei confronti della stupidità di chi continua a guardarci come “rarità da zoo” è dare l’esempio con i fatti, senza parlare tanto e senza strepiti.
M.: se potessi ti stringerei la mano
S. D.: considera che lo stiamo facendo
M.: perfetto
S. D.: (e scusa se mi infervoro, per molti lati è stato un anno molto pesante, ma impagabile)
M.: ma che scherzi… mi piace questo piglio deciso
un po’ femminista
S. D.: un po’ femmicinica, come dissi a Rolling Stone^^
ahah
M.: Ultima domanda. Progetti futuri? So dell’imminente uscita di un 7” …
S. D.: già. non so bene quando uscirà, ma di certo in autunno.
conterrà un inedito e la cover di Venus In Furs
M.: bel progettino
S. D.: ci tengo molto. Non voglio stamparne molte copie, vorrei rimanesse un oggetto per i fan più affezionati.
S. D.: ma avrà comunque modo di essere ascoltato in mille modi
M.: allora mettimi in lista
S. D.: ok, uno sarà tuo
M.: un’altra cosa… so che tu e Marco (C’est Disco, ndr) avete parlato di Nana…
S. D.: già, è capitato^^
M.: io vado in depressione ogni volta che lo guardo
S. D.: io invece impazzisco
S. D.: e ho una crisi d’identità ^^
M.: oddio!
M.: non mi dire che hai messo il lucchetto alla Syd Vicious a qualcuno, hihi
S. D.: peggio, ho girato io con una catena (vera) al collo per mesi
S. D.: e, peggio, ho avuto un’altra storia praticamente identica a quella che si racconta lì
S. D.: e, ancora peggio, ho un’amica che è un po’ più di un’amica con cui ho più o meno lo stesso rapporto (ma meno edulcorato) di quello che c’è fra le due Nana
S. D.: (io non ho la tv da una vita, ma forse è per tutti questi motivi che mi han costretto a guardarne qualche puntata)
M.: io le ho viste su internet…
S. D.: giààà
è stata la fine
^^
M.: a chi lo dici… arrivavo all’ultimo episodio con gli occhi gonfi
S. D.: poi siamo veramente simili, cavoli (cioè, non fisicamente, ovviamente, magari!), però la somiglianza è veramente impressionante
certe cose mi fanno davvero un po’ senso, nei dialoghi
M.: ecco, io non posso fare a meno di piangere quando parla Hachiko
S. D.: capisco, come la mia amica Giulia
M.: scusa se ti ho disturbato per tutto questo tempo
S. D.: disturbato? puoi disturbarmi quando vuoi. sul serio.
M.: grazie mille per la collaborazione
S. D.: grazie a te
M.: sei stata molto gentile e non vedo l’ora di sentire anche la cover di Palazzo (Umberto, leader dei Santo Niente)
S. D.: (anch’io non vedo l’ora di sentirla!) il pezzo mi piace molto, vediamo che ne tiro fuori
S. D.: e ti ricordo che puoi usare ogni cosa contro di me in tribunale
M.: ahaha, grazie ancora, sei stata un tesoro
M.: un abbraccio e buona serata
S. D.: un abbraccio a te, ci sentiamo
Miria Colasante
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