Eravamo rimasti a valutare l’essenziale e ora, con qualche chilometro in più percorso sulla strada chiamata vita, ci ritroviamo immersi nella lettura di un romanzo underground. Il titolo del secondo lavoro dei Katrina Saviors rivela subito ciò che ci aspetta. Il bello è che bisogna coglierlo.
La band (la nuova formazione vede i “veterani” Marco Ferrise, voce e chitarra e Ivan Pullano, basso, ai quali si aggiungono le new entry Daniele Chiriaco, chitarre e Danilo Perri batteria e percussioni) decelera i ritmi rispetto al primo disco, sfoderando sonorità più soft, che si colorano di raffinatezze degne del miglior pop d’autore (Novella). Ma lasciando intuire allo stesso tempo che dietro a questa scelta non c’è una logica commerciale, ma un’esigenza di esprimere un qualcosa che non sia la copia carbone di ciò che di buono è già stato fatto. La prova sta nei testi di Ferrise che mantengono quell’impronta nuda e cruda alla Katrina Saviors (underground, appunto).
Questo connubio fra tradizione italiana e voglia di rottura ci regala due perle di romanticismo come Ciò che mi resta e Il foro di Alice. L’inquietante L’uomo di pietra che affronta con delicatezza un problema che affligge la nostra società, un male che troppo spesso ci inorridisce facendoci tremare per i nostri figli o i nostri nipoti. L’incalzante L’attimo, la ballata Blu (la canzone dalla forma più canonica di tutto l’EP), e una ghost track untitled che vede la voce ipnotica di Ferrise sposarsi alla perfezione con una musica dagli echi orientali.
Se non ci si ferma alle apparenze e ci si addentra con attenzione tra le pagine di questo romanzo sonoro, si coglierà tra le sue righe l’essenza dei “nuovi” Katrina Saviors: maturità.
Giovanni Caiazzo per Mag-Music
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