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Il nemico dentro non ha un solo identikit. Il nemico dentro è quel riflesso che prende forma negli attimi in cui ci si guarda allo specchio, quella presenza troppo poco chiara per essere considerata subito come indesiderata, quell’impulso che viene all’improvviso e avente come missione quella di tormentare la sua vittima, al fine di condurlo a una guerra psicologica dove ad ogni azione corrisponde una reazione. Ancora di più considerando i giorni nostri. Evidentemente non ci si può che rendere conto che non importa la forma, ma importa il fatto che bisogna in qualche modo cercare una via di comunicazione attraverso cui rivolgersi ad esso. Anche servendosi del canto e del suono.
Il nemico dentro ha visto i natali in quel di Roma, si chiama Gianluca Divirgilio ed è l’anima che abita dentro Arctic Plateau, già reduce da un album come “On a Sad Sunny Day”, che ha fatto sì che si spianassero ulteriormente, allo stesso modo di altri, le porte conducenti all’interno di un mondo dove i tappeti di note che vestono la propria esistenza hanno una funzione di stampo non solo musicale, ma anche psicologico. Quel nemico dentro ne sa qualcosa. “The Enemy Inside“, appunto, nuovo nato come disco e come sentimento interiore. Non esclusivamente accostabile all’ambito metal.
“We should be all over indie, our senses are disappearing, ashes violated by the wind, like your memories… “.
Condizioni tra loro parallele per un disco il cui cuore è situato in quelle dolci note di chitarra che aprono Music’s Like…, canzone a sua volta caratterizzata da ulteriori dissonanze, maggiormente acute ma non ancora sul punto di farsi più grezze. Ma anche nell’innocenza, l’estraneità a un’ipocrisia dilagante, vista con gli occhi di un bambino (Abuse), eppure così adulto (Idiot Adult), fino a quando non si è costretti ad urlare improvvisamente, come nella titletrack, la prima fase di ribellione a quella che potrebbe diventare una sottospecie di metastasi dell’essere umano, con la voce dell’amico Carmelo Orlando, leader dei vicini Novembre.
Ma a quell’urlo deve pur seguire un ulteriore colpo da sferrare e mandare a segno verso la presenza. Per quello c’è da attendere i due momenti strumentali, i ricordi d’infanzia riflessi nel loro lato più arcano (Catarctic Cartoons) e la consapevolezza del proprio coraggio (Trentasette), mentre, come in una burrasca, quiete e tempesta vanno e vengono, e là dove si fa risentire la parte shoegaze di Divirgilio (Loss and Love, con Fursy Teyssier dei Les Discrets, Big Fake Brother) si mostra anche quella post-rock (Wrong, con il suo incedere sigurròsiano, Melancholy Is not Only for Soldiers), non meno riuscita e fedele allo stato d’animo del nostro.
Parlare del nemico dentro significa entrare dentro lo spirito di chi lo conosce fin troppo bene, magari servendosi persino di un linguaggio che, in quanto ad arrangiamenti, ha un che di poetico. Arctic Plateau deve averne fatta molta di strada per essere riuscito a confermare la sua dimestichezza nell’utilizzo di tale linguaggio, già adoperato nel lavoro precedente.
“Please leave me alone“.
Il momento per combattere è giunto.
Gustavo Tagliaferri
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