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Quando a muovere le redini di un progetto musicale sono eleganza e semplicità, sembra inevitabile scommettere sulla bellezza del risultato e questo disco debutto di Hannah Cohen, in effetti, è uno spettacolo di grazia e leggiadria. Non brillerà in fatto di originalità eppure la compostezza e la piacevolezza di un ascolto come questo sono sempre doti sperate e apprezzate.
“Child Bride” è così: una sposa bimba che prende vita e si muove nel suo vestito candido di pizzo, sulle note della voce variopinta di Hanna, ora morbida e malinconica come nella traccia di apertura Don’t Say o nel singolo The Crying Game (di cui anche il videoclip incarna lo spirito di essenzialità e fascino), ora piena e maestosa, come nel ritornello di Shadows.
Tutto gioca – come prevedibile per un disco di cantautorato folk al femminile come questo – sul rapporto fra la voce e i pochi strumenti che l’accompagnano: talvolta questi ultimi giocano un ruolo “di supporto”, ricreando uno spazio d’intimità in cui si sviluppano i testi; altre volte quasi prendono il sopravvento, si rincorrono l’un l’altro e sopraffanno la voce (è il caso, per esempio, della danza di pianoforte nella coda di Boy + Angel, davvero bella).
Un plauso doveroso va dunque alla produzione di Thomas Bartlett, capace di dare la giusta cornice a questi dieci pezzi e fornire il giusto concime ad un talento che, si spera, porterà sempre più fiori magari reinventandosi in una più personale dimensione.
Nel frattempo, mettiamoci comodi e godiamoci questo primo, delicato lavoro col suo concentrato di serenità e armonia.
Annachiara Casimo per Mag-Music
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