Primavera Sound Festival 2012 – Parc del Forum, Barcellona 30/05/12, 1/2/06/12

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Il Primavera Sound Festival ha rappresentato per anni un sogno mai realizzato; tra esami all’università e pochi soldi sulla mia carta Postepay da studentessa fuori sede mi ritrovavo sempre ai concerti gratuiti delle band di pizzica a scuotere un po’ i fianchi.

Nel 2012 tutti questi problemi non si sono ripresentati e così ho colto l’occasione; il Primavera Sound raccoglie tutta la musica contemporanea e non si riunisce lì, a Parc del Forum di Barcellona.

Suddetto festival si presenta con un cartellone infinito dove i grandi gruppi non riescono ad avere giusta gloria ed il tutto si riduce ad un ammasso di piccolissimi nomi messi lì a prova di super vista. Anche uno con 10/10 agli occhi avrebbe problemi, figuratevi me, che conto nove diottrie di miopia in meno.

Giovedì 31 maggio

Arrivo ai cancelli del Festival in caldissimo giovedì 31 giugno ed inizia l’estenuante fila per ricevere l’accredito stampa. Tre ore sotto al sole, che però non mi vedono scoraggiata, perché appena arrivata al guichet sono pronta a correre verso i cancelli ed entrare per prendere dimestichezza con il Parc del Forum.

S’inizia alla grande con gli A Storm of Light direttamente da Brooklyn che contrastano il caldo sole catalano; è la volta degli americani Archers of Loaf, freschi di reunion i quali non sentono il peso degli anni passati ed offrono un aperitivo musicale godibilissimo.

Molti son stati i gruppi che ho visto susseguirsi sui vari palchi, ma alle 21.15 tutti al Ray-Ban Stage a prender posto per la grande (mia personale) attesa del festival: i Mazzy Star. Loro non deludono, Hope Sandoval è più splendente che mai sotto quelle luci soffuse, chiunque è in preda all’estasi e nessuno osa parlarci su.

La serata si prospetta meravigliosa tra tutti gli invitati al festival: Wilco, Field Music, Thee Oh Sees, Beirut, Refused, The xx. La vera delusione arriva durante il tragitto che porta al palco migliore del festival (minore sì, ma visivamente e per line-up ineguagliabile): avrebbero dovuto suonare gli Sleep all’1, ma troneggiano vari fogli A4 dove si comunica, con sommo dispiacere da parte degli organizzatori, che gli stessi non avrebbero più suonato.

Mestamente mi dirigo al palco che dà il nome a questo festival. Il San Miguel Stage avrebbe visto protagonisti i Franz Ferdinand, e nonostante il fermento, riesco a guadagnare la prima fila per un concerto spettacolare, degno di una band inglese di tal nome.

I britannici salutano ed io mi preparo a vedere un concerto sul palco Vice, dove suonano i canadesi Japandroids, i quali ultimamente, dopo un fortunato “Post-Nothing”, sbaragliano le scene con il loro “Celebration Rock”. Nonostante siano le tre e mezza, nessuno dorme e loro ci tengono svegli a suon di hardcore e noise.

È ora di andare a casa, ma domani comincia la vera odissea, perché ormai consapevole di cosa mi aspetta.

Venerdì 1 giugno

Oggi è la giornata da prendere alla leggera, tutto potrà esser visto con calma. Questa calma è stata sin troppa, perché purtroppo non si è assistito all’esibizione sull’Adidas Stage degli italiani Boxeur the Coeur. Un peccato, perché su disco non mi erano dispiaciuti.

Si salta da un palco all’altro cominciando con Dirty Beaches, i quali risultano piacevolissimi e offrono un live niente male. Quasi fine live si corre verso il San Miguel per sentire un po’ di classiconi: è la volta di Rufus Wainwright and His Band, che rispetta le aspettative, bravi e coinvolgenti, ma dopo venti minuti decido di recarmi al Mini dove suonano i Girls in attesa del concerto del giorno. The Cure? No, i Melvins, che però a quanto pare han perso l’aereo, indi di corsa al San Miguel, già strapieno, ed è sì la volta dei The Cure che, si sa, nonostante l’età si difendono meglio delle nuove leve offrendo scalette e performance che sono una delizia per occhi, orecchie e cuore. Un piccolo salto al Pitchfork dove una simil cheerleader americana che prende il nome di Sleight Bells pare stupire molto il pubblico. Nuovamente mi muovo per buttare un orecchio ai Mayhem, i luoghi comuni sul black metal son duri a morire. Sono le 00.45 ed è ora di una delle personalissime attese: i Codeine. Bravi. Belli. Emozionanti. La giornata svago è terminata tra The Drums, SBTRKT e The Rapture, che contro ogni aspettativa live prendevano più che bene. È proprio a questo punto che ho perso una lente a contatto e mestamente e senza veder nulla tornavo a casa.

Sabato 2 giugno.

Oggi omaggio agli altri italiani: King of the Opera, ex Samuel Katarro. Passa il tempo e lui mi sembra sempre uno costretto a suonare da un texano sdentato. Si passa dal Minimusica che risulta il palchetto più divertente del festival, dove la gente cazzeggia pesante.

Ci si getta al San Miguel dove stanno per iniziare i Kings of Convenience, il momento che ricordo con più gaudio del festival tutto, vuoi il tramonto, vuoi per la vicinanza con i miei compagni di viaggio conosciuti sul posto, vuoi perché sai che è quasi tutto finito.

Velocemente al Mini, stanno per suonare i Beach House, dietro di me un’orda indie. Ho paura. Ne torno un po’ delusa, aspettative troppo alte (nonostante non abbia apprezzato troppo l’ultimo lavoro), invece il tutto è stato sin troppo soft. Zero interazione, luci soffuse, non ci siamo.

Corro verso il palco ATP dove ci sono gli attesissimi (personalmente parlando) Shellac. Steve Albini e i suoi offrono uno spettacolo che è una gioia ascoltarli, roba che staresti lì altre quattro ore, se solo fosse possibile. Non ne riusciamo ad avere mai abbastanza.

Il live dei Wild Beast mi fa capire quanto abbia sbagliato in passato a non prestargli troppa attenzione, live sono favolosi. Ma veramente. Cioè non ascoltarli ogni giorno è un delitto. Passo velocemente dai Godflesh, il pensiero di doverli sacrificare mi fa un po’ soffrire. Troppe rinunce.

Si va dai Justice, riesco a guadagnare la prima fila grazie al mio fanboy amico. Scappo al secondo pezzo. Mai apprezzati, non sono così modaiola. Per questo corro da Jamie xx, qualche danza mentre guardo l’orologio, è tempo di andare, senza poter vedere Scuba.

L’ora è tarda, la stanchezza si sente, tra poche ore ho un aereo da prendere. Con rammarico saluto Par de Forum, Barcellona, il Primavera. Mancano troppi mesi all’edizione 2013.

Foto di Francesco Palmitessa

Eliana Tessuto

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Blogger professionista e da sempre appassionato esperto di telecomunicazioni, serie tv e soap opera. Giuseppe Ino è redattore freelance per diversi siti web verticali. Ha fondato teleblog.it, www.tivoo.it, mondotelefono.it, maglifestyle.it Ha collaborato tra gli altri anche con UpGo.news nella creazione di post e analisi. Collabora con la web radio Radiostonata.com nel programma quotidiano #AscoltiTv in diretta da lunedi a venerdi dalle 10 alle 11.

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