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La notte muore sulle note dell’ultima traccia di “Constellations”, segue il giorno e sui resti dell’alba nasce “Stranger”. Un lavoro a distanza, dato che Rob Lowe e Michael Muller ormai vivono a migliaia di chilometri l’uno dall’altro. E tanto ampliano il loro sound accompagnando i vecchi archi e il pianoforte con chitarre elettriche, synth e percussioni, quanto ad ampliare la band è la new entry Kendall Clark, percussionista. Se a primo impatto Days richiama alla mente gli Hammock (per poi tuffarsi in un abisso fatto di archi, pianoforte e canti celesti), Fakefealty mette in moto il suo ritmo vivace fatto di chitarra distorta e percussioni, sintesi della nuova sperimentazione. In Jubi si fa viva l’intelligenza emotiva del disco che soffia come brezza fresca e che rende tutto più elettrificato, mentre Artifact è un intruglio magico e vario che rasenta a tratti il prog (ingredienti: banjo, pianoforte, chitarre elettriche e suoni elettronici). Quasi in fondo al disco si rivela Shore, un rilassante sfiorare di corde che non ha bisogno di tanti giri artificiosi per comunicare. Pyrakantha e Pilgrim, invece, sono la scelta giusta per chi rivuole i vecchi Balmorhea. Il post-rock dei texani in questione mette in evidenza un uso massiccio di chitarre, un tesoro fatto di suoni da scovare con attenzione. Ne risulta un disco di transizione, voli pindarici tra passato e presente, contrasti ambient/post, malinconia/allegria, acustico/elettricità, visioni paesaggistiche e spazi sconfinati sempre lì sullo sfondo.
Carmelina Casamassa
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