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Nascere nello stesso anno di uscita di “E già” è un segno del destino. Soprattutto se una importante rivista di settore non esita a usare, per la tua musica, l’aggettivo “battistiano”. Già leader dei Drink to Me (tre dischi all’attivo per loro), Marco Jacopo Bianchi si è fatto apprezzare, anche presso certa stampa mainstream, con il suo esordio solista a nome Cosmo. “Il disordine” è arrivato nella cinquina in gara per la Targa Tenco 2013 destinata alla miglior opera prima. E a proposito di Battisti, Bianchi quando ancora non era Cosmo si è dilettato nella cover di alcuni classici del Genio di Poggio Bustone che potete ascoltare qui e qui. Quella che segue è la sua tracklist. Buon ascolto!
Lucio Dalla – L’ultima luna (da “Lucio Dalla”, 1979)
Da tempo penso di farne una cover, ha una struttura ripetitiva e in costante crescita. Calzerebbe a pennello col tipo di arrangiamento che mi piace.
Lumidee – Never Leave You (Uh Oooh, Uh Oooh) (da “Almoust Famous”, 2003)
A dire il vero avevamo fatto una bozza un po’ a cazzo di cane coi Drink to Me. Però mi piacerebbe rifarlo un po’ più seriamente. Certo, è dura superare l’efficacia di un arrangiamento che non esiste. Qui è tutto ridotto all’osso. Ed è davvero figo così.
Verdena – Nuova luce (da “Wow”, 2011)
Da tempo è nella mia playlist “Preferiti” di Spotify. La riascolto spesso. Prima o poi capirò come stravolgerla. Inutile dire che mi commuove.
Colapesce – S’illumina (da “Un meraviglioso declino”, 2012)
Una mattina mi sono alzato e avevo voglia di ascoltarla. E riascoltarla altre dieci volte. Poesia, emozione dosata con quel minimo di distacco e sguardo trasognato. Ho già anche idea di come farla.
Bugo – Che diritti ho su di te (da “Golia & Melchiorre”, 2004)
Non sono il tipo che si mette a tirar giù gli accordi dei pezzi per cantarli con gli amici. Questa è stata una delle poche eccezioni. Solo che la facevo molto simile.
Arthur Russell – That’s Us/Wild Combiation (da “Calling Out of Context”, 2004)
Un capolavoro. Ci son mille modi in cui la vorrei fare. Ma credo che non lo farò mai. Mi piace anche troppo.
The Flaming Lips – Race for the Prize (da “The Soft Bulletin”, 1999)
Anche questa l’abbiamo fatta per divertirci coi Drink to Me. Ma anche questa è difficile da trasformare. Troppo troppo bella. No, non posso farne una cover.
Kurt Vile – Too Hard (da “Wakin on a Pretty Daze”, 2013)
Me l’ha fatta conoscere Francesca, una delle coreografe del mio spettacolo. Anche questa in loop almeno un giorno. La sento “mia” e vorrei reinterpretarla.
Luca Carboni – Ci stiamo sbagliando (da “…intanto Dustin Hoffman non sbaglia un film”, 1984)
Penso sia un pezzo stupendo. Testo bellissimo (geniale il “rioario” o cosa dice). Anche riff e trovate musicali sono supersuggestive. Certo, ripulirei volentieri il pezzo dalla patina 80’s. Lo immergerei in atmosfere ipnotiche ma più confuse.
Gioacchino Turù – Stagioni (da “C’è chi è morto sul Tagadà”, 2006)
Un caro amico e artista tutto genio (ogni tanto) e sregolatezza (sempre). Questo pezzo è commovente, lo ricanterei volentierissimo (glielo produssi io nel 2006 tra l’altro)
Masato Nakamura – Green Hill Zone (da “Sonic the Hedgehog O.S.T”, 1991)
Tante musiche dei videogiochi mi hanno stregato da bambino. E questa è una delle mie preferite. Più che altro il viaggio psichedelico e il ricordo immediato della condizione di bimbo si fondono in un istante.
a cura di Christian Gargiulo
11 cover per… funziona così: un(a) musicista sceglie le undici, altrui canzoni che inserirebbe in un suo personale album di cover e per ogni scelta fatta ci spiega il motivo. Senza alcun tipo di limite: né di genere né di nazionalità né di periodo storico.
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