Antigone, una storia africana: per la rassegna Pompeii Theatrum Mundi

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Antigone: una scena – Foto Ufficio Stampa

Un lungo applauso del pubblico per il grande successo della prima delle due serate di Antigone una storia africana di Jean Anouilh, per la regia di Massimo Luconi, terzo appuntamento del Pompeii Theatrum Mundi nel Teatro Grande di Pompei, Napoli.

Da qualche parte, su una spiaggia senegalese, inizia l’atto unico, in lingua francese e wolof (lingua parlata in Senegal), con sopratitoli in italiano. Entrano in scena gli attori, Aminata Badji, Ibrahima Diouf, Papa Abdou Gueye, Yaya Ibrahima Kambou, Gnagna Ndiyae, Mouhamed Sow, che si dispongono sdraiati distanti tra loro e s’intona un canto sufi, e, altri tre attori, Moussa Badji, Ngone Gueye, Mamadou Diabate sulle gradinate del teatro a rappresentare il popolo e i commentatori.

Inizia così la storia di Antigone, un’eccellente interpretazione, singolare e implacabile, dell’attrice Aminata Badji nei panni della ribelle, l’anarchica, dolente ed eroica figlia di Edipo e nipote del crudele tiranno Creonte, lo splendido Ibrahima Diouf, che affronta con sicurezza, bravura e talento uno dei grandi ruoli di questa tragedia.   

Con deliberata recitazione statica e battute, con pause più o meno lunghe, la battaglia verbale che infervora tra Antigone e suo zio, il re Creonte, è uno dei momenti più belli.

Antigone: Perché lo fate?

Creonte: Una mattina mi sono svegliato re di Tebe. E Dio sa se desideravo altro nella vita che essere potente…

Antigone: Bisognava dire di no, allora!

Creonte: Potevo. Ma mi sono sentito all’improvviso come un operaio che rifiutava un lavoro. Non mi è sembrato onesto. Ho detto sì.

Antigone: Beh, tanto peggio per voi. Io non ho detto “sì”!

Creonte: Ma buon Dio, cerca di capire per un attimo! Bisogna comunque che ci sia qualcuno che dice sì…

Antigone: Non voglio capire. Va bene per voi. Io sono qui per qualcosa d’altro che capire. Sono qui per dirvi no e per morire…

Creonte: è facile dire di no! Per dire sì bisogna tirarsi su le maniche, fino ai gomiti… è facile dire di no, anche se si deve morire. Non c’è che da non muoversi e aspettare, è troppo vile. È un’invenzione degli uomini!

Scambio di battute che si sviluppa con una drammatica logica feroce e con una precisione terrificante, da cui esce un ritratto brillante di Creonte da leadership difettosa. Se Antigone è determinata a seppellire Polinice, suo fratello: il rispetto per i morti è una legge divina inalterabile. Creonte sostiene che, la lealtà verso la città, ha la precedenza sulla necessità privata e lascia Polinice in pasto ai cani e agli avvoltoi, come esempio per tutti.

E da questa intransigenza reciproca, da questa sfida di Antigone, che rischia la morte, perché è vietato seppellire chi è accusato di tradimento, nasce il suo sacrificio inutile e la sua grandezza di eroina, anche se, alla fine, non riesce a trionfare.

E questo è tutto. Senza la piccola Antigone, è vero, saremmo stati tutti molto tranquilli. Ma ora è finita.” 

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