Glob(e)al Shakespeare è la più recente produzione della Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini. Il progetto, ideato da Gabriele Russo, mira ad affermare l’universalità del teatro coniugando l’essenza atemporale dell’opera di Shakespeare con temi e linguaggi della scena contemporanea: 6 opere del grande drammaturgo vengono proposte in 6 riscritture realizzate per l’occasione dai più innovativi autori del panorama odierno e portate in scena da 6 registi e un cast di 52 attori, in un’allestimento unico realizzato “alla maniera” di Shakespeare.
Infatti, partendo da una concezione dinamica dello spazio teatrale, in occasione di Glob(e)al Shakespeare la struttura all’italiana del Teatro Bellini viene modificata, guardando all’assetto a pianta centrale del Globe Theatre di Londra, il teatro del Bardo: la sala viene privata delle poltrone centrali e la scena collocata al centro della platea, riducendo sensibilmente la distanza tra pubblico e attori. Per evocare la commistione di linguaggi propria del teatro secentesco (in cui convivevano lo stile “alto” e quello “basso”), ogni sera vanno in scena una tragedia e una commedia che dialogano tra loro come se fossero due atti dello stesso spettacolo che, a sua volta, è strettamento connesso con il resto del progetto, con cui condivide identità e spazio scenico.
Glob(e)al Shakespeare è andato in scena lo scorso giugno nell’ambito del Napoli Teatro Festival Italia 2017.
Nel mese di ottobre, dal 3 al 26, Glob(e)al Shakespeare andrà di nuovo in scena al Teatro Bellini annullando la distanza tra epoche e linguaggi e quella fisica tra attori e interpreti, restituendo così al teatro la valenza di rito collettivo: un unico flusso di emozioni unirà, nello stesso istante, attori e spettatori.
Calendario
Dal 3 all’8 ottobre e il 25 ottobre
Racconto d’inverno/Otello
Dal 10 al 15 ottobre e il 26 ottobre
Giulio Cesare/Una commedia di errori
Dal 17 al 22 ottobre e il 24 ottobre
Tito/Le allegre comari di Windsor
RACCONTO D’INVERNO
adattamento Pau Miró, Enrico Ianniello
con
Luigi Bignone ___ Florizel
Roberto Caccioppoli ___ Polissene
Rocco Giordano___ Palluso/Carceriere
Tony Laudadio ___ Antigono/Pastore
Mariella Lo Sardo ___ Paolina
Vincenzo Nemolato ___ Autolico
Francesca Piroi ___ Perdita/Emilia
Marcello Romolo ___ Camillo
Leonardo Antonio Russo ___Mamilio
Edoardo Sorgente ___ Leonte
Petra Valentini ___ Ermione/ Mopsa
assistente alla regia Gianmarco Modena
regia Francesco Saponaro
Il racconto d’inverno (The Winter’s tale), tra gli ultimi lavori di Shakespeare, è una rappresentazione sulla gelosia, sull’errore e sul tempo. Sostenuta dall’adattamento di Pau Miró ed Enrico Ianniello, è il cambio di registro linguistico e narrativo tra la prima e la seconda parte e che permette di passare dalla tragedia alla commedia a lieto fine.
Come spiega il regista Francesco Saponaro: «Ho scelto di ambientare il racconto in una fulgida ‘Sicilia dei principi’, a cavallo tra gli anni cinquanta e sessanta del Novecento. Il re Leonte ospita a corte il suo amico d’infanzia Polissene, re di Boemia. L’atmosfera di festa viene inaspettatamente turbata dall’ingiustificata gelosia di Leonte per l’eccessiva confidenza tra Polissene e sua moglie Ermione. Il dischiudersi della follia persecutoria di Leonte, il repentino tramutarsi del suo sospetto in certezza, mettono in moto una catena di eventi con conseguenze fatali per lo stesso re e per chiunque gli sia vicino. […] A distanza di sedici anni dai tragici avvenimenti siciliani, il racconto si sposta in Boemia, che ho immaginato come un Sud arcaico, innocente e sacro, isolato e sospeso tra riti agresti e feste primaverili».
Atmosfere bucoliche e travestimenti, azioni che si dispiegano al ritmo della pizzica e l’uso di una lingua di scena ispirata ai dialetti dell’Italia meridionale, regalano alla seconda parte un’atmosfera comica. Poi l’epilogo, col ritorno all’amata Sicilia, il pentimento di Leonte, la devozione verso la statua della regina Ermione, l’amore che ricuce antiche ferite e salda unioni, per ritrovare quell’armonia familiare che sembrava per sempre perduta.
Il risultato è una messa in scena elegante e delicata, immersa in uno spazio metafisico in cui i costumi e gli oggetti di scena restano simboli fondamentali del percorso narrativo.
OTELLO
adattamento Giuseppe Miale di Mauro
drammaturgia Gianni Spezzano
con
Viviana Altieri ___ Emilia
Francesco Di Leva ___ Otello
Martina Galletta ___ Desdemona
Giuseppe Gaudino ___ Rodrigo
Adriano Pantaleo ___ Iago
Andrea Vellotti ___ Cassio
e con la partecipazione del gruppo #GiovaniO’Nest Antonio Coppola, Armando De Giulio, Emilia Francescone, Lisa Imperatore, Raffaella Nocerino, Ralph P, Nunzia Pace, Francesco Porro, Mimmo Sabatino, Carlo Salatino, Anna Stabile.
cura del movimento Anna Carla Broegg
musiche originali Ralph P
regia Giuseppe Miale di Mauro
uno spettacolo della compagnia Nest
La compagnia NEST presenta un Otello contemporaneo dove il marito, folle di gelosia, uccide la sua bella moglie perché è convinto che lei lo tradisca. Shakespeare, nella riscrittura di Giuseppe Miale di Mauro e Gianni Spezzano diventa occasione per denunciare la piaga del femminicidio; infatti, come spiega lo stesso regista «Il tutto nasce da un’esperienza personale. Ero al funerale di una conoscente vittima di femminicidio e il prete durante l’omelia disse: “Questi sono omicidi che uccidono anche chi li compie”. Ecco, fu proprio lì che pensai a Otello per raccontare questa tragedia della società attuale. Fu lì che nacque il nostro Otello». Una riscrittura in chiave “politica”, che, rimanendo abbastanza fedele all’originale, sottolinea ancora una volta l’universalità dell’opera del Bardo, che ha dipinto con i suoi personaggi uomini e donne comuni a qualsiasi tempo alle prese con passioni, sentimenti e vicende che possono essere adattate e riscritte per qualsiasi contesto storico e geografico. La compagnia Nest, con la sua inconfondibile cifra stilistica, caratterizzata dal forte impatto visivo e dall’utilizzo di una lingua napoletana che macchia il linguaggio shakespeariano lasciandone inalterato il verso, compie scelte dal significato ben preciso, come quella di constringere gli attori a rimanere sempre in scena come «spettatori immobili – spiega il regista – di fronte alla tragedia che si consuma. Anche se si parla della propria. Intanto il cerchio della vita gira e tutto si compie. Come nella società attuale in cui tutti sanno ma tutti tacciono».
GIULIO CESARE. Uccidere il Tiranno
riscrittura originale Fabrizio Sinisi
con
Nicola Ciaffoni ___ Casca
Daniele Russo ___ Cassio
Rosario Tedesco ___ Antonio
Isacco Venturini ___ Bruto
assistente alla regia Dario Farooghi
regia Andrea De Rosa
«La storia del Novecento è stata attraversata da molte infami dittature e altre sembrano affacciarsi in questo oscuro inizio del nuovo millennio. Un destino inesorabile ci riporta continuamente a fare i conti con questo spettro, brutale e contraddittorio, che da sempre si agita nella storia umana: si vuole, si può, si deve uccidere il Tiranno?» Andrea De Rosa, insieme al drammaturgo Fabrizio Sinisi, cerca una risposta a questa domanda nel Giulio Cesare di Shakespeare. Privilegiando l’aspetto politico e filosofico dell’originale, realizza un allestimento dall’atmosfera metallica in cui i congiurati Bruto, Cassio e Casca (Isacco Venturini, Daniele Russo e Nicola Ciaffoni) cercano le ragioni profonde del loro omicidio, le interrogano e ne sono, al tempo stesso, travolti. Nel frattempo Antonio (Rosario Tedesco) cerca di ricomporre un ordine dando sepoltura a Cesare e cercando di interpretarne il cambiamento: chi, o cosa può venire dopo Cesare? Tornare alle antiche forme o assecondare il nuovo corso dell’epoca? Tutta l’azione è immersa in una «notte della storia» nella quale i congiurati saranno infine sopraffatti dalla certezza che quell’omicidio non basterà – come avevano creduto – a salvare la res publica, perché ormai l’identificazione tra Cesare e Roma è profonda e irreversibile. «Prendendo lo Stato, Cesare ha impersonato lo Stato, lo ha plasmato e modificato strutturalmente, tanto che, anche dopo il suo assassinio, niente potrà essere più lo stesso. – prosegue De Rosa – Uccidere il Tiranno può non bastare perchè spesso il potere del Tiranno risiede proprio nella comunità che lo subisce, che arriva talvolta a proteggerne e tutelarne il dominio». Uno spettacolo elegante e potente che, pur rimanendo fedele al dramma secentesco, lo trasforma in una riflessione dalla stringente attualità.
UNA COMMEDIA DI ERRORI
riscrittura Marina Dammacco, Emanuele Valenti, Gianni Vastarella
con
Giuseppina Cervizzi ___ Adriana / Vincent
Christian Giroso ___ Mimì Petrosino di New York / Pit Marrone
Vincenzo Nemolato ___ Mimì Petrosino di Buenos Aires / Jack Cervello
Valeria Pollice ___ Luciana / Prostituta cinese
Emanuele Valenti ___Tony Capanera di Buenos Aires / Joe Artiglio
Gianni Vastarella___Tony Capanera di New York / Eduardo Capanera
Adriano Pantaleo___voce registrata
musiche originali Giovanni Block
aiuto regia Marina Dammacco
regia Emanuele Valenti
uno spettacolo di Punta Corsara
The comedy of errors, probabilmente la prima commedia scritta da Shakespeare – a sua volta ispirata ai Menecmi di Plauto – nelle mani di Punta Corsara diventa un modo per giocare in maniera originale con il tema del doppio e della ricerca di sé attraverso il viaggio.
Nella New York di inizio Novecento agiscono un gruppo di personaggi fuori dal comune: italoamericani che vivono e si incontrano/scontrano tra ispirazioni artistiche e lavori non proprio legali. Una Little Italy dalla comicità surreale, dove lo sbarco da Buenos Aires di Tony Capanera e Mimì Petrosino – un aspirante attore in cerca di fortuna e il suo aiutante – fa scattare l’esilarante macchina degli errori e degli equivoci che funziona senza sosta fino alla fine. Una rilettura originale che si muove all’interno dello scheletro dell’opera di Shakespeare ma la caratterizza con un senso della farsa tipicamente “corsaro” «Diciamo – spiegano gli autori – che ripercorrendo il tragitto delle navi cariche di italiani di razza meridionale, abbiamo cambiato l’arredamento di questa casa degli specchi senza spostare una porta, abbiamo rifatto l’intonaco senza cambiarne la pianta, scoprendo che anche quella degli italoamericani è un’altra fertile storia di errori, miscugli, separazioni e forse ritrovamenti». Elementi scenici semplici ma al tempo stesso sofisticati, trasformano rapidamente l’ambiente, in cui i continui cambi d’abito e i travestimenti sono scanditi dal ritmo serrato e incalzante delle musiche originali di Giovanni Block ispirate alle melodie del ragtime di inizio ‘900 e alle note atmosfere delle colonne sonore di Ennio Morricone.
TITO
riscrittura Michele Santeramo
con
Roberto Caccioppoli ___ Bassiano
Antimo Casertano ___ Lucio
Giandomenico Cupaiuolo ___ Marco
Gennaro Di Biase ___ Saturnino
Piergiuseppe Di Tanno ___ Aronne
Maria Laila Fernandez ___ Tamora
Fabrizio Ferracane ___ Tito
Daniele Marino ___ Demetrio
Francesca Piroi ___ Lavinia
Leonardo Antonio Russo___Alabro
Filippo Scotti ___ Marzio
Isacco Venturini ___ Chirone
assistente alla regia Francesco Ferrara
regia Gabriele Russo
Gabriele Russo affronta Tito Andronico, la prima tragedia scritta da Shakespeare nonché la sua opera più cruenta, sanguinaria e violenta, in una riscrittura di Michele Santeramo. Questi, ha lavorato innanzitutto alla “scarnificazione“ dell’opera, smussandone il carattere epico e abbandonando il registro tragico a favore di quello drammatico, cosicchè Tito Andronico è diventato, più semplicemente, Tito, un eroe stanco, un padre di famiglia che ha dei figli immaturi e acerbi, oberato dal peso della responsabilità. Tito è un uomo alla ricerca della normalità che vorrebbe ascoltare musica, leggere un libro e starsene in pantofole, perchè ne ha viste troppe in guerra e ora vuole solo trovare la sua pace. Ma scopriamo come non può esserci pace se la guerra è altrove, perchè fra le mura casalinghe il sangue continua a scorrere mentre si consuma la vendetta dei suoi vecchi nemici. È a questo punto che il Tito di Shakespeare si ribella a quello di Santeramo/Russo perchè la normalità desiderata diventa la causa della tragedia che si fa di nuovo viva sul finale, quando il protagonista dovrà, suo malgrado, vendicarsi per obbedire alle assurde regole di un’assurda società. Lo spettacolo vede i bravissimi attori alle prese con un raffinato gioco di ruoli, che li fa saltare continuamente dal “dentro” al “fuori” la messinscena, rendendo sottile il confine tra il piano della realtà e quello della finzione. Questo Tito, mediante i dialoghi tra i personaggi e gli interventi degli stessi attori, riesce a restituirci l’insensatezza della guerra e della violenza con un tono generale lieve ed elegante, capace di strapparci anche un sorriso.
LE ALLEGRE COMARI DI WINDSOR
adattamento Edoardo Erba
con
Mila Boeri ___ Anne Page
Annagaia Marchioro ___ Comare Page
Marta Pizzigallo ___ Quickly/Falstaff
Virginia Zini ___ Comare Ford
Giulia Bertasi ___ fisarmonicista
scene Federica Pellati
costumi Katarina Vukcevic
consulente musicale Federica Falasconi
assistente alla regia Giada Ulivi
regia Serena Sinigaglia
La scrittura di Edoardo Erba e la regia di Serena Sinigaglia riadattano, tagliano e montano con ironia Le allegre comari di Windsor, innestando brani, suonati e cantati dal vivo dal Falstaff di Verdi. In scena solo la signora Page, la signora Ford, la giovane Anne Page e la serva Quickly, che danno parola anche ai personaggi maschili, assenti ma molto presenti: mariti, amanti, e, soprattutto, il più grande, non solo per stazza, Falstaff. Da lui tutto comincia e con lui tutto finisce. Le lettere d’amore che il Cavaliere invia identiche alle signore Page e Ford sono lo stimolo per trasformare il solito barboso e very british pomeriggio di tè in uno scatenato gioco dell’immaginazione, del desiderio, del divertimento. “Punire” quel porco di Falstaff, che osa far loro esplicite richieste d’amore, diventa il grimaldello per sentirsi ancora vive. Senza Falstaff, non ci sarebbe divertimento o sfogo per le signore Page e Ford, che, come le Desperate Housewives, sono donne di mezza età, borghesi, annoiate e un pizzico bigotte, con routine consolidate, mariti assenti e desideri sopiti. «Per la sua ostentata dissolutezza in Falstaff si possono scorgere dei tratti di Don Giovanni e respirare aria buona di libertà; nella sua evidente “decadenza” si rispecchia quanto di più umano e disarmato si possa concepire», ci racconta la Sinigaglia, che ha voluto in scena anche una fisarmonicista che, oltre a suonare dal vivo le note di Verdi, interpreta Fenton, il grande amore di Anne, «un ruolo “en travesti” – prosegue – come vuole la tradizione shakespeariana (ma al contrario!)».
GLOB(E)AL SHAKESPEARE
scene Francesco Esposito
costumi Chiara Aversano
light Designer Salvatore Palladino, Gianni Caccia
sound Designer G.U.P. Alcaro
assistente scenografo Lucia Imperato, assistente costumista Violetta di Costanzo, Nunzia Russo, direttore di allestimento Antonio Verde, capo macchinista Generoso Ciociola, macchinista Walter Frediani, attrezzista Anna Michela Annunziata, datore luci Giovanni Caccia, elettricista Maurizio di Maio, fonico Alessio Foglia, sarta Anna Marino,
scene Retroscena srl Napoli – Alovisi Attrezzeria Napoli – Magico Incanto Salerno – Al.Fer di Michele Grimaudo, costumi Sartoria Bellini Napoli, Di Domenico Napoli, sartoria del Teatro di San Carlo, Ro.Ca.Gi Ercolano, service luci Megaride srl Pomigliano d’Arco, service audio Opera sas Spoleto, trasporti Criscuolo srl Napoli, foto di scena Andrea Savoia, Francesco Squeglia, ufficio stampa Katia Prota
Si ringrazia Costanza Boccardi per la collaborazione al progetto
Ufficio Produzione Rino Di Martino, Noemi Ranaulo, Clarissa Curti Coordinamento Organizzativo Alessandra Attena
Organizzazione Generale Roberta Russo
produzione
Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini, Fondazione Campania dei Festival – Napoli Teatro Festival Italia
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