Spiral69 – No Paint on the Wall

[adsense]

Spiral69 - No Paint on the WallIl lavoro, ricco di sfumature new-wave, delinea una vena compositiva che affascina, pur evidenziando nei primi brani in scaletta alcune influenze sonore che potrebbero proiettare un ascoltatore dall’orecchio medio nell’immaginario di quell’apocalittico neo-folk tanto di moda qualche anno fa, soprattutto nelle linee vocali e nell’incedere “pettinato” di quelle chitarre acustiche dal carattere noir-folk d’oltralpe. Fortunatamente, non ci troviamo di fronte ad una band che snocciola sentimentalismi arcaico-pop-militareschi e che sembra fregarsene del piano estetico legato alle tradizioni di un certo genere; il risultato è un disco che, avanzando negli ascolti, ci dona tutto quello che gli anni ‘80 hanno lasciato a metà, andando letteralmente a rinfrescare e a rinverdire qualcosa che qualcuno non aveva avuto il coraggio e la forza di portare ancora avanti.

È dal terzo brano in poi che rimango entusiasmato, sopraffatto per il lavoro svolto negli arrangiamenti e per la bellezza emozionale delle composizioni; Bleeding through è un gioiello in cui David Bowie sembra duellare con i Cure di Plainsong, ma tali band vogliono avere soltanto il carattere di citazioni, sdruciti vezzi da recensore, perché all’interno di questo brano si rincorrono note che portano dirette in uno spazio in cui il tempo è denso di fumi industriali al calar del sole e pozzanghere che riflettono paesaggi urbani e forse anche quel senso di speranza tipico degli anni ottanta, per chi li ha vissuti e per chi se li ricorda, sfumato via con il tempo e dimenticato.

L’incedere di Cold è nuovamente un tuffo negli anni ‘80 e ancora una volta sono gli arrangiamenti a vincere. Belli gli archi di Andrea Ruggiero e i contrappunti che ne evidenziano le tonalità grigie, distese a pennellate dense su una tela di fondo carica di nero 100% che avvolge in particolare la title-track No Paint on the Wall in un gotico carnevale di maschere a tinta unita.

La mansoniana The Girl Who Dances Alone in the Disco, che coinvolge l’artista Tying Tiffany, è un brano dagli accènti post-punk che conferma la forte intenzione interpretativa dell’artista di origini italiane e la spiccata personalità compositiva della band. Lo strumentale Ethon II è soave divinazione in musica, dove tra le righe è possibile scorgere l’influenza che Berlino esercita sulla gamma dei suoni che la band predilige per guidare l’ascoltatore verso di sé, quando non è la voce a farlo.

Love is for Losers ha tutto il sapore di una riflessione che caratterizza per intero il lavoro; prende forma di nota in nota ed emana dolore e coscienza: il finale è da brivido. Consapevole, amara e meravigliosamente struggente, come tutto il resto dell’album.

Nato nel 2007 per opera di Riccardo Sabetti, ora il progetto Spiral69 vede coinvolti anche Licia Missori al piano, Stefano Conigliaro alla batteria ed Enzo Russo alle chitarre (oltre al già citato Andrea Ruggiero nella sezione archi). Un disco maturo, che segue il cammino e gli sforzi dei nostri.

Nel marasma di canzoncine socialmente incompatibili alle orecchie di chi scrive, questo disco è da comprare, a testimonianza del fatto che la musica non è situata solamente oltre gli Appennini e le Ande, ma vive e metabolizza lembi di vita propria, proprio qui da noi.

A buon intenditor, poche parole.

Gianluca Divirgilio

[adsense]

Blogger professionista e da sempre appassionato esperto di telecomunicazioni, serie tv e soap opera. Giuseppe Ino è redattore freelance per diversi siti web verticali. Ha fondato teleblog.it, tivoo.it, mondotelefono.it, maglifestyle.it Ha collaborato tra gli altri anche con UpGo.news nella creazione di post e analisi. Collabora con la web radio Radiostonata.com nel programma quotidiano #AscoltiTv in diretta da lunedi a venerdi dalle 10 alle 11.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.