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Roma, quartiere San Lorenzo. Destinazione: Le Mura. Heroes – Roma come New York è da inizio ottobre che è tornato in città per la sua seconda edizione. E dopo l’apertura granitica affidata ai Madame Lingerie e la più romantica continuazione per mano dello scatenato Diodato, la terza parte è stata tutta per il post-punk con tendenze no wave dei SUS, da Pistoia con furore. Un live dove si sono successi un po’ di brani del fortissimo Il cavallo di troia e una serie di anticipazioni future ormai non lontanissime dal farsi sentire dentro un secondo lavoro. Che tipo di anticipazioni? Abbiamo avuto anche il piacere di scambiare quattro chiacchiere con alcuni dei loro componenti…
Innanzitutto il nome del gruppo. SUS, ovvero Succede Una Sega. Una frase che riassume quello che è il linguaggio della vostra Pistoia, e non solo. Domanda bizzarra: se aveste scelto un altro acronimo, per cosa avreste optato?
Alessio Chiappelli: Considerando che è capitato in sorte, probabilmente per nessun altro!
Le vostre influenze. Gang of Four, CCCP Fedeli Alla Linea, Fugazi. Sono solo alcuni dei punti di riferimento di questo trio, degli elementi che hanno dato il La a tutto. Nomi che racchiudono tutto il disagio di una generazione, guarda caso.
Lorenzo Cammilli: Vero, sono quelli a cui ci hanno collegato maggiormente, ma non sono neanche gli unici, per quanto noi ci siamo molto affezionati. Per dire, noi abbiamo un legame particolare con la vecchia guardia del cantautorato italiano.
Un disagio al quale si contrappone il ritmo. Una risposta atta a dissipare ogni malumore. Vedesi il free jazz di Esplosione di una raffineria, oppure il funk, tanto che, oltre ai Red Hot Chili Peppers, potrei tirare in ballo qualcosa del repertorio dei Living Colour, seppur con le dovute differenze…
A: Direi che con Living Colour e Red Hot Chili Peppers magari riusciamo ad avere in comune l’attitudine alla ricerca del groove, del movimento. Caratteristiche che sono appannaggio soprattutto di Duccio e Lorenzo!
Veniamo alle canzoni. Testi come quelli di Uovo alla coque e La cura sembrano contrapporre il goliardico allo splatter. Basta dare un’occhiata a versi come 150 morti ricoperti di ketchup per avere una conferma. E, a proposito di goliardico, posso dirvi che nel vostro umorismo io ho riconosciuto qualcosa di riconducibile a Mel Brooks?
A: Beh, effettivamente c’era un po’ il tentativo di fare il verso alle situazioni paradossali tipiche del cinema brooksiano, al suo modo di rappresentare la realtà…
E come i testi, anche i titoli. Prendiamo Gli errori di Copernico. Perché proprio Copernico?
A: Abbiamo scelto Copernico perché suonava bene, lo abbiamo preso come pretesto, tenendo a mente che stiamo parlando di un vero e proprio rivoluzionario.
Poi c’è Digging For Birds, unico brano strumentale del disco. Posso dirvi che per un attimo ho pensato ad una cover dei vostri beniamini? Si sente come riusciate a fare vostri certi stili!
Duccio Stefanelli: Ecco, quel pezzo è legato proprio al precedente discorso del groove. Lasciar andare la musica e di conseguenza librarsi con essa, non lasciarsi andare, fare sì che ti esalti al punto di sudare.
Eppure le vostre origini risalgono a diversi anni prima, quando ancora non c’era “Il cavallo di troia”. Ricordo La scena alternativa, brano che ha impazzato nel corso del 2007. Un tentativo di distaccarsi da quelle logiche che vedono premiati, nella musica, solo determinati nomi?
A: Semplicemente un tentativo mal riuscito di spiegare il perché dell’ennesima esclusione da un concorso musicale, uno sfogo appartenente alla categoria dei divertissement. Ma che ha portato, stranamente, reazioni inaspettate!
C’è una cosa di cui andate maggiormente fieri, per quanto riguarda quello che fino ad oggi è il vostro percorso sonoro?
A: Sì, tutto! Non siamo mai stati così felici e determinati. Pensa che in questi anni abbiamo provato a scioglierci almeno una decina di volte, senza mai riuscirci definitivamente. Un motivo ci sarà, e qualunque sia il suo nome, è proprio la cosa che ci rende maggiormente fieri.
Ma della musica prodotta nello stivale oggigiorno avete già in mente dei nomi che vi hanno colpito in positivo, di cui auspicate solo buoni propositi? E con cui magari organizzare delle future collaborazioni…
Lorenzo Cammilli: Giancarlo Frigieri, senza dubbio.
D: Dargen D’Amico.
A: Mi piacerebbe collaborare, ora più che mai, con i Luminal, specialmente adesso che sono reduce dal loro recente live. I Luminal di adesso, chiaramente. Non me ne vogliano quelli di prima…
Il rapporto con l’estero. Un argomento che alla scena nostrana penso sia ormai particolarmente caro. Giusto per rimanere a quello che è Heroes penso al contatto con Germania, Giappone, Ucraina e non solo avvenuto da parte di Luminal, Betty Poison e Spiral69. Ma è un discorso che vale anche al di fuori d’iniziative di questo calibro. Penso agli Elettrofandango, anche loro approdati in terre tedesche, o a Le Scimmie, il cui Dromotour, tra le varie tappe, ha raggiunto anche Budapest e Varsavia. Voi avete mai pensato di provare un’esperienza simile?
A: Nonostante non sia proprio tra i nostri prossimi obiettivi, ci siamo moto aperti alla musica estera. In particolare vedendo l’andazzo delle programmazioni di certi locali qui in Italia, che stanno iniziando a premiare la venuta di determinate band, e potrei fare come esempio il Locomotiv con Liars e Swans, è facile che la nostra musica si metta a confronto con i prodotti che vengono alla luce fuori dai confini.
Come procedono i lavori per il secondo album? Avete già qualche ulteriore particolare da rilasciare in anticipo?
A: Abbiamo trovato il posto dove registrarlo, ed anche il produttore non ce lo aspettavamo proprio, eppure è uno forte! Il titolo? “Tristi Tropici”!
Gustavo Tagliaferri
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