Divinity: Original Sin 2 – Recensione (PC)

In attesa della Definitive Edition, riscopriamo Divinity: Original Sin 2 con la nostra recensione

  • Nome completo – Divinity: Original Sin 2
  • Piattaforme – PC, in arrivo su Xbox One e PlayStation 4
  • Developer – Larian Studios
  • Producer – Larian Studios
  • Distribuzione – Digitale / Disco
  • Data di uscita – 14 Settembre 2017
  • Genere – CRPG isometrico

Nel Settembre del 2017 è stato pubblicato quello che è stato definito, all’interno del genere a cui appartiene, uno dei videogiochi migliori di tutti i tempi. Sto parlando di Divinity: Original Sin 2, frutto del duro lavoro della Larian Studios e sesto capitolo nella serie della Divinità: una campagna Kickstarter che ha preso il volo — con il goal principale raggiunto in meno di dodici ore — e un lancio che l’ha visto posizionarsi quarto su Steam per giocatori connessi contemporaneamente, con soli i colossi PlayerUnknown’s Battlegrounds, Counter-Strike: Global Offensive e Dota 2 a superarlo.

Si potrebbe dire senza riserve che Original Sin 2 includa tutto ciò che un amante dei CRPG cerca in un videogioco, e che abbia raggiunto l’ambizioso obiettivo che si era forse posto, senza riuscire completamente, Pillars of Eternity: rinnovare un genere classico e presentare un prodotto che brillasse per profondità e originalità, senza impallidire al confronto con gli storici titani come Baldur’s Gate e Planescape: Torment. Le recensioni, dopotutto, parlano da sole.

ENTRARE A RIVELLON NON È MAI STATO COSÌ SEMPLICE…

Con una colonna sonora da mozzare il fiato, Original Sin 2 catapulta il giocatore all’interno della sua storia, in medias res, ponendolo immediatamente di fronte alla piaga che sta attraversando Rivellon. Si vestiranno i panni di un Sourcerer, portmanteau di Source e Sorcerer, una particolare categoria di individui che è in grado di accedere alla Fonte (Source, appunto) dell’energia del mondo, di manipolarla e di piegarla al proprio volere. Si tratta di incantatori il cui potere non è ancora del tutto compreso neanche dai grandi studiosi, e che di conseguenza viene ritenuto responsabile di innumerevoli disastri, spingendoli ad essere braccati dalle autorità e imprigionati a Fort Joy — che si rivela teatro del primo dei quattro atti che compongono la trama.

Seppure tecnicamente possa presentare qualche difetto, colpa anche dei limiti del genere di cui porta fieramente lo stendardo, essi sono messi in ombra dallo studio delle minuzie e dalla volontà della Larian di non lasciare al caso neanche i più piccoli particolari. A partire dal doppiaggio totale — sì, include anche il narratore, tutti gli animali e gli spiriti con cui si ha occasione di parlare nel corso dell’avventura — e passando poi per le decine di quest secondarie completamente diverse l’una dall’altra, per la caratterizzazione dei personaggi non giocanti che traspare anche da due semplici battute, per le differenze nello sviluppo delle trame in base al personaggio e alle decisioni del giocatore. Si può persino scegliere uno tra quattro strumenti — violoncello, flauto, oud o bansuri — che assumerà un ruolo prominente nelle musiche del gioco, effettivamente risultando in quattro colonne sonore simili ma non identiche, composte nientemeno che da Borislav Slavov — noto per i suoi lavori per Crysis 2 e 3 e per Ryse: Son of Rome, tra gli altri.

… SE SAI QUELLO CHE STAI FACENDO, OVVIAMENTE.

Sappiamo cosa vuoi fare con quel falò alla Dark Souls, Larian

Gli ambienti di gioco sono immensi, curati nei minimi dettagli e liberi da esplorare — con un piccolo appunto: se si sceglie di allontanarsi dal percorso suggerito, è meglio assicurarsi di essere pronti ad affrontare un mondo ostile che non risparmia i suoi abitanti. A volte si potrà avere l’impressione che la difficoltà sia aumentata bruscamente e senza preavviso: se ciò accade — e sicuramente accadrà, poiché Original Sin 2 non è un gioco che conduce il giocatore per mano durante il suo svolgimento — allora certamente si scoprirà di aver sbagliato strada ed essere finiti per errore nelle fauci di qualche bel Voidwoken. Il livello degli avversari non scala, infatti, seguendo il progresso del protagonista, ma è fisso, poiché nessun incontro — e nessuno scontro — è una coincidenza.

Il gioco offre, ad ogni modo, la possibilità di scegliere una difficoltà del mondo all’inizio della partita: la più bassa, Explorer Mode, è designata principalmente per coloro che non hanno molta dimestichezza con il mondo dei CRPG, e come suggerisce il nome permette di godersi la trama senza restare bloccati per colpa del combattimento; si passa poi alla difficoltà Classic, alla difficoltà Tactician e, per i temerari, alla Honour Mode — una modalità di gioco che non perdona il minimo errore, che mantiene un solo salvataggio e lo sovrascrive automaticamente al momento della morte del personaggio giocante, rendendo quindi necessario ricominciare. La soddisfazione data dal completamento del gioco in questa modalità è infinita, ma è meglio sapere bene a cosa si va incontro.

E Divinity è davvero senza pietà con chi sceglie di sfidarlo. Per un individuo non avvezzo al tipo di gioco e alla creazione del personaggio in stile Dungeons & Dragons, buttarsi a capofitto senza capire bene la differenza tra Aeroteurgo e Idrosofista potrebbe rivelarsi davvero controproducente, anche in difficoltà classica. Meglio non lasciarsi trasportare troppo dall’entusiasmo iniziale e partire con il piede giusto — se poi il giocatore in questione si diverte nel dedicare anche un’ora alla creazione del personaggio, è il benvenuto nel Paese delle Meraviglie.

È possibile creare un personaggio da zero e scegliere quindi un background generico tra quelli disponibili, oppure interpretare una delle sei Origini — che ricorda un po’ il primo capitolo di Dragon Age — e riscontrare così nel gioco delle differenze notevoli, regalando quindi una ancora maggiore rigiocabilità a un titolo già vastissimo.

NON SOLO SINGLE PLAYER!

È possibile anche giocare una partita intera in multiplayer, con una singola copia del gioco che offre la possibilità a due giocatori di collaborare in split-screen locale, oppure arrivare fino a un massimo di quattro giocatori in coop online, che comporranno l’intero party. Ognuno potrà controllare le proprie azioni nel corso del gioco, ottimizzando quindi la velocità del progresso oppure scegliendo volontariamente di mettere i bastoni tra le ruote ai compagni d’avventura.

Original Sin 2 include anche una modalità Arena, in cui sfidare giocatori in PvP online per testare la propria build più distruttiva, e persino un Editor dalle notevoli possibilità con cui creare la propria personale avventura, davvero come se si trattasse di un gioco di ruolo cartaceo, per masterarla a un gruppo di amici che possiede il gioco — un RPG, insomma, che vuole davvero essere degno di questo nome.

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Commento finale

La fatica della Larian Studios si presenta come un pacchetto completo, che vuole offrire — e, se posso dire la mia, ci riesce benissimo — al giocatore un’esperienza, una libertà e una profondità di gioco senza rivali, e che finalmente permette ai veterani del genere di sentire un po’ meno la mancanza dei grandi titoli che costituiscono il pantheon dei CRPG — del quale sicuramente entrerà a far parte anche Divinity: Original Sin 2.

 

 

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