L’esperienza soulslike nel panorama videoludico è incrementata in modo esponenziale nell’ultimo periodo, con titoli fortemente ispirati ai colossi della From Software. Molti di questi esperimenti subiscono purtroppo un processo inverso, tendendo ad allontanarsi fortemente dalla fonte d’ispirazione e finendo con il realizzare titoli dimenticabili e dalla realizzazione tecnica non troppo convinta.
Non è il caso di Thymesia, titolo dotato di forte personalità che pur restando nella dimensione indie riesce a sorprendere con un gameplay divertente, una lore abbastanza stratificata ed un sistema di personalizzazione fuori dagli schemi. L’ultimo titolo dei ragazzi del team di OverBorder Studio sembra promettere bene, e noi di Tivoo abbiamo avuto la possibilità di provare Thymesia nella sua versione PC. Ecco le nostre considerazioni.
Vestiremo i panni di Corvus, un guerriero senza memoria che si ritrova a vagare nel Regno di Ermes, un mondo guidato esclusivamente dall’alchimia che a lungo è stata fonte di ricchezza ma che adesso è responsabile del declino dell’intera umanità. L’abuso di quest’ultima ha infatti generato la presenza della Piaga, una malattia che sta decimando la popolazione. Il nostro obiettivo sarà quello di recuperare alcuni nuclei e sintetizzare così una soluzione alchemica che possa portare nuovamente prosperità e che possa consentire l’inizio di una nuova era per gli esseri umani.
Verremo guidati dalla principessa di Ermes, poco più di una ragazzina, che poco a poco ci svelerà segreti di un mondo di cui inizialmente non ci sentiremo di far parte. La trama è scarna, sicuramente non resa evidente attraverso la narrazione ma bensì tramite l’escamotage della lore e di elementi (documenti, lettere, manifesti affissi) che potremmo trovare con l’avanzare della nostra avventura. Questi potranno essere consultati dal menu, e il player potrà in effetti metterli in ordine ed interpretarli nel modo corretto.
Il feeling immediato è quello di essere visitatori di un mondo che non ci appartiene. Passeremo il nostro tempo ad affrontare orde di nemici (dal design non troppo diversificato e memorabile) e boss, passando da uno scenario all’altro senza un apparente filo logico, che andrà invece a delinearsi nelle battute finali in cui verremo messi dinnanzi il classico dubbio sullo scontro tra bene e male, giusto e sbagliato; una dicotomia che non trova però uno sviluppo memorabile. Thymesia non fa della trama il suo punto di forza.
Il feeling di Thymesia è sicuramente quello di un soulslike. Di quest’ultimo manca la caratterizzazione del personaggio, in questo caso fisso, e tutto un sistema di gameplay che sembra in questo caso essere ridotto all’osso. Thymesia infatti si impegna maggiormente nel sistema di personalizzazione e crescita, strizzando l’occhio a titoli completamente opposti ai classici From Software.
Al centro del gameplay vi è l’utilizzo di due armi: una sciabola e un artiglio. La prima serve effettivamente ad infliggere danni agli avversari (dotati di due barre; una per l’armature e un’altra per la vita. Queste andranno a rigenerarsi nel tempo, e per questo motivo Thymesia obbliga il player ad uno stile veloce ed esagitato e sicuramente poco analitico e razionale) mentre la seconda consente di estrarre dal corpo dell’avversario energia che può essere poi tramutata in armi pestilenziali da utilizzare come dei consumabili.
Lo stile a cui il gioco obbliga il player è un chiaro riferimento a Sekiro piuttosto che a Bloodborne, ma a differenza del primo Thymesia manca di fluidità. Rispetto la demo il team ha comunque realizzato molte migliorie, ma in alcune fasi di combattimento (soprattutto contro più avversari) si avverte una certa pesantezza ed una legnosità che in Sekiro non è ravvisabile. Resta comunque lodevole il tentativo di ricreare un’atmosfera simile che sa come far divertire e che soprattutto risulti essere bilanciata: nelle fasi iniziali il progresso è reso semplice, ma man mano che si avanza la difficoltà e la possibilità di crescita si riducono drasticamente. Complessivamente, abbiamo ritenuto il tutto molto equilibrato.
La punta di diamante della produzione è sicuramente la parte dedicata ai level up ed ai potenziamenti. In Thymesia è posssibile non soltanto potenziare le statistiche (soltanto tre, manchevoli della stamina classica dei soulslike) ma anche acquisire delle vere e proprie abilità attraverso gli appositi alberi abilità.
Si tratta sia di bonus passivi (come l’aumento di unità di colpi consecutivi possibili o altre caratteristiche) che di bonus attivi, come per esempio la possibilità di concatenare e diversificare più attacchi possibile. Questo strizza molto l’occhio a titoli Ubisoft del calibro di Assassin’s Creed Odyssey, Origins e Valhalla. La seconda meccanica è quelle delle armi pestilenziali, attacchi molto potenti che nascondono un potere offensivo devastante. Dedicare la giusta attenzione a quest’ultime potrebbe fare la differenza nelle impegnative e lunghe boss fight. Queste armi vengono di base rubate dai nemici in seguito ad un’uccisione. Dai loro cadaveri verranno infatti generati dei frammenti che se raccolti e sommati potranno sbloccare in maniera definitiva l’arma: queste sono molto diverse tra loro. Esistono magli, alabarde, lance, spade e ognuna di queste armi dona un moveset completamente diverso a Corvus e non solo, anche una profonda differenziazione dei danni. Si tratta di un risvolto strategico essenziale attraverso il quale dare uno spessore diverso al gameplay ed arricchirlo ulteriormente.
La conduzione artistica di Thymesia è palesemente ispirata a Bloodborne. I colori, gli ambienti cupi, la devastazione e la caducità della vita appesa ad un filo… i lamenti dei malati, i ruggiti dei nemici. Tutto sommato, l’esperienza di rimando è delle più piacevoli.
Non vi è monotonia ambientale, in quanto ogni zona è molto diversificata dall’altra sia per quanto riguarda il disegno in sé che per quanto concerne la realizzazione delle classiche shortcut (scorciatoie) da sbloccare per consentire il passaggio da una zona all’altra il più celermente possibile.
Non vi è sicuramente un risultato complessivo degno di lode, ma neanche può essere relegato a livelli bassi o mediocri: Thymesia è sufficientemente interessante e può intrattenere a lungo il giocatore che non ha troppe pretese.
La colonna sonora è molto interessante ma piena di alti e bassi. Quella del menu è sicuramente una delle migliori, così come quelle delle boss fight: resta invece sottotono la colonna sonora dell’esplorazione del Regno di Ermes che forse avrebbe dovuto ricevere più attenzione da parte degli sviluppatori.
Thymesia è un’esperienza che qualsiasi amante dei soulslike dovrebbe fare. Pur prendendo ispirazione dai titoli From Software riesce a ritagliarsi uno spazio personalizzato. Il basso costo e l’alta accessibilità lo rendono un titolo sicuramente adatto a tutti, consigliato se si è interessati a gameplay convincenti e stratificati.
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