Suicide Squad: Kill the Justice League – La recensione

Rocksteady torna sul suo Arkhmverse con Suicide Squad: Kill the Justice League. Ecco la nostra recensione!

  • Titolo: Suicide Squad: Kill the Justice League
  • Piattaforme: Playstation 5, Xbox Series X/S, PC
  • Developer: Rocksteady
  • Publisher: Warner Bros. Games
  • Distribuzione: Digitale/Fisica
  • Data d’uscita: 2/02/2024

Trovarsi a recensire Suicide Squad: Kill the Justice League non è una cosa facile, ma probabilmente è quello che direbbero tanti altri, data la natura della produzione che, fin dal suo primo teaser trailer, aveva destato molte perplessità.

In un mercato che sta letteralmente rigettando il modello dei giochi a servizi (live-service), dove addirittura un gioco come Destiny 2 sta vacillando e rimettendo tutto in discussione, le aspettative nei confronti dell’ennesimo sparatutto co-op e basato sulla licenza di Suicide Squad erano veramente sotto le scarpe.

Da un team come Rocksteady, che aveva cambiato per sempre il ruolo dei tie-in nel mondo dei videogiochi grazie alla trilogia dei Batman: Arkham, tutto ci si aspettava fourché una produzione di questo tipo, con l’apparente filosofia dello studio che sembrava demolita e seppellita dalle strategie commerciali di un publisher intenzionato a monetizzare su una licenza che al cinema ha fatto fortuna, soprattutto grazie all’apporto di James Gunn con il secondo film di The Suicide Squad.

Suicide Squad: Kill the Justice League è davvero il pessimo gioco che la narrativa internettiana vuole a tutti i costi inculcarci? La verità sta nel mezzo.

Una squadra di squattrinati criminali

Ambientato cinque anni dopo gli avvenimenti di Batman: Arkham Knight, il gioco di Suicide Squad cerca fin dalle prime battute di integrarsi all’interno dell’universo narrativo imbastito da Rocksteady, attraverso musiche, inside joke e veri e propri snodi narrativi che andranno a risolvere anche alcuni punti insoluti dell’ultima avventura con protagonista il crociato di Gotham.

Ma è importante puntualizzare che Suicide Squad: Kill the The Justice League è una creatura comunque molto indipendente, in primo luogo sul piano ludico ed è per questo motivo che tirare in ballo dei confronti con la trilogia di Arkham sia quanto mai deleterio per la natura stessa della produzione, oltre che futile ai fini dell’analisi.

Suicide Squad: Kill the Justice League è sotto tanti punti di vista la ricerca di una libertà, uno sfogo creativo nella gestione di certi pilastri del panorama fumettistico DC che in altri media difficilmente vedremo mai.

Rocksteady alza la posta in gioco, mettendo insieme una storia completamente fuori di testa che punteggia con dovizia i caratteri della sua squattrinata gang di protagonisti: il cecchino infallibile Deadshot, la schizzata per eccellenza che è Harley Quinn, quel simpatico bambinone di King Shark e infine l’inaffidabile Captain Boomerang.

Drammaticità e demenzialità si mescolano all’interno di una storia che vede questi quattro criminali assoldati dalla Waller per fermare una crisi di proporzioni bibliche: la Justice League è caduta, finita sotto il controllo mentale di Brainiac, che ha messo in moto una grande invasione aliena a Metropolis con l’obiettivo di assoggettare il pianeta.

Come si evince dal titolo del gioco stesso, la squadra si ritroverà suo malgrado a dover uccidere proprio la Justice League, con Superman, Batman, Lanterna Verde e Flash convertiti da Brianiac per velocizzare il suo piano di conquista.

Ed è proprio questo l’elemento cardine che aggiunge quella marcia in più alla narrativa, con Rocksteady che può sbizzarrirsi nella gestione di questi eroi per riproporli in una veta inedita. dove il controllo mentale permette alle personalità di questi personaggi di dare libero sfogo ai loro tratti più oscuri ed egoistici. Viene facile il paragone con i Sette di The Boys, che erano già a loro volta proprio una parodia della Justice League, ma il modo in cui lo sviluppatore sceglie di gestirli sfocia in una genuina provocazione che, a vedere i social network di chi sta giocando il titolo, sta sortendo il suo effetto.

Le morti di questi eroi sono oltraggiose, violente e messe in scena con una freddezza spiazzante che non si spreca neanche in celebrazioni. Ad ogni morte di un membro della Justice League seguono battute, alcune pure di cattivo gusto da parte della Suicide Squad perché in fin dei conti loro chi sono, se non dei criminali incalliti che devono salvarsi la pellaccia?

Rocksteady rompe quello schema narrativo dei bravi ragazzi e addirittura sceglie di non dare un percorso di redenzione a questi personaggi, che agiscono esattamente come farebbero in un qualsiasi fumetto della Suicide Squad. E’ quasi sorprendente la libertà che Warner gli ha concesso nel raccontare questa storia, che tra le altre cose, pur con la sua cornice live-service, denota chiaramente una grande impronta story driven, ma di questo è meglio parlarne nel paragrafo dedicato.

Suicide Squad e la sua ambiguità di genere

Ludicamente parlando Suicide Squad è un gioco semplicemente ambiguo, ma andiamo con ordine.

La natura della produzione si rifà al canovaccio degli sparatutto in terza persona, con un traversal system piuttosto centrale pensato per dare ai giocatori una gestione dell’azione veloce e frenetica, con uno shooting dal responso sorprendente raffinato. L’opera di Rocksteady si muove su binari caciaroni, quasi un Sunset Overdrive 2.0, di cui ne recupera proprio l’ampia libertà di movimento dei personaggi all’interno di Metropolis, uno scenario open world rappresentato come una zona di guerra costante popolata unicamente dalle forza di Brianiac.

La Task Force X della Waller si muove dunque in uno scenario liberamente esplorabile, alla stregua di un parco giochi in tutto e per tutto, dove i quattro protagonisti sfruttano le loro peculiari abilità di movimento per mettere a ferro e fuoco una città che è già nel piano caos.

Deadshot per esempio può contare su un jetpack per librarsi liberamente in volo, sfruttando la verticalità aerea per colpire i nemici dalla lunga distanza; Harley Quinn sfrutta il rampino di Batman per dondolarsi tra i grattacieli di Metropolis; King Shark ricorda un po’ l’Hulk di Marvel’s Avengers e sfrutta dei salti impareggiabili per spostarsi e causare ingenti danni quando si lancia a terra: Captain Boomberang infine può contare sul guanto artificiale della Forza Velocità creato dal Dr. Silvana per muoversi alla stessa velocità di Flash.

Rocksteady qui si dimostra chiaramente capace di differenziare questi personaggi, dandogli una propria identità a livello ludico, con archetipi specifici che richiedono anche una certa curva di apprendimento nello schema di controllo.

Pur funzionando molto bene, tra shooting e traversal, Suicide Squad cade più volte vittima delle sue stesse qualità a causa di una gestione esageratamente caotica dell’azione e una UI a schermo che non solo è sinceramente brutta da vedere, ma contribuisce pure negativamente al flow dell’azione. In buona sostanza, Suicide Squad è un gioco assai divertente da giocare, ma la quantità di nemici e dei tanti particellari generati da armi, esplosioni e mosse speciali da vita a dei quadri astratti a dir poco fastidiosi.

Purtroppo il galvanizzante gameplay dei quattro personaggi entra in diretto conflitto con la natura live-service della produzione, che purtroppo scade in una gestione delle missioni principali e secondarie a dir poco ripetitiva, dove il tutto si può riassumere in ondate di nemici da eliminare, difesa di bersagli e salvataggio dei cittadini di Metropolis.

Suicide Squad non ci prova minimamente a diversificare la sua offerta contenutistica e questo vale anche per la gestione del loot, che fondamentalmente è tarato sull’accumulo costante di nuove armi, mod e tipologie di granate. Siamo molto vicini a Borderlands e per quanto le varie bocche da fuoco siano state effettivamente diversificate,, è qui che emerge maggiormente il contrasto nell’identità della produzione.

Suicide Squad non da al giocatore alcuna ragione per cui investire tempo e risorse nel crafting delle armi e delle abilità. Basta potenziare le armi in uso per portare a casa il risultato sperato e chiudere addirittura l’avventura, questo nonostante siano effettivamente presenti dei set speciali ispirati ai vari villain della DC.

E’ evidente in questi frangenti che Suicide Squad sia stato concepito con certe idee e poi rivisto a livello di design nell’ultimo anno per accontentare quella larga fetta di giocatori contrariati dalla natura multiplayer del gioco. Persino gli skill tree dei quattro protagonisti, che sulla carta dovrebbero garantire una progressione ruolistica e statistica per creare delle build specializzate, si integra superficialmente all’interno del gameplay loop.

Appare chiaro come Rocksteady abbia cercato di marginalizzare certe meccaniche, al punto da renderle totalmente superflue, il problema è che le attività dedicate dell’endgame sono a loro volta delle riproposizioni delle missioni già viste nella campagna, con l’aggiunta dei già citati set speciali dedicati ai villain celati all’interno dei portali del multiverso.

Per un gioco che dovrebbe basare le sue meccaniche su un sistema di Season, chiedendo ai giocatori di investire un certo lasso di tempo nelle attività di fine gioco, non solo la varietà non basta, ma neanche le ricompense valgono il prezzo del biglietto.

Inoltre, nonostante la presenza di classifiche e un multiplayer online addirittura cross-platform, Suicide Squad si inizia e finisce tranquillamente in solitaria, con i compagni di squadra gestiti da una IA anche piuttosto reattiva.

I muscoli di Suicide Squad: Kill the Justice League

Lato tecnico lo sviluppatore si dimostra ancora una volta capace di stupire, con l’Unreal Engine impiegato in maniera soddisfacente, soprattutto quando si guarda ai modelli poligonali e all’enorme dettaglio delle texture.

Le tante cutscene che caratterizzano la storia regalano un grande colpo d’occhio, specialmente grazie al motion capture, che offre delle animazioni naturali e coerenti.

Anche la città di Metropolis riesce a porsi come la perfetta antitesi alla cupa Gotham City, con una luce avvolgente in linea con lo spirito solare di Superman. Non mancano anche le location iconiche dei fumetti, tuttavia gli interni sono molto risicati e si limitano a fasi prestabilite, fatta eccezione per la Sala della Giustizia che rappresenta l’HUB messo in piedi dall’ARGUS per monitorare le attività della squadra. Da questo punto di vista forse l’identità della città tradisce un po’ il suo essere molto più convenzionale rispetto all’architettura gotica e ricercata di Gotham.

I valori produttivi di Suicide Squad nella componente narrativa e le cinematiche lasciano il segno e non hanno nulla da invidiare ai tripla A più gettonati. Le interpretazioni in lingua originale poi sono straordinarie, soprattutto quella del compianto Kevin Conroy, qui alla sua ultima interpretazione di Batman. La stessa cosa invece non può dirsi per il doppiaggio italiano, che alterna voci azzeccate e altre veramente insipide e sorprende addirittura l’assenza dello storico Marco Balzarotti alla voce del crociato di Gotham, soprattutto dopo i giochi precedenti della serie Arkham.

Commento finale

Con il suo tono provocatorio e folle Suicide Squad: Kill the Justice League riesce tutto sommato a sorprendere, evidenziando delle qualità che pad alla mano riescono a catturare il giocatore, ma sono anche palesi i problemi di un design che ha subito rivisitazioni in corso d’opera nel tentativo di marginalizzare la componente live-service per accontentare quella fetta d’utenza fedele alle opere single player dello studio.

La speranza è che le Season possano rivitalizzare un prodotto che purtroppo è strutturato come un cane che si magia la coda, con attività troppo simili tra loro e ripetitive.

VOTO: 6.5

Pro

  • Lo shooting è divertente e appagante
  • La verticalità e la mobilità rendono il tutto molto frenetico
  • Storia di spessore e che ha il coraggio di fare terra bruciata dell’Arkhamverse come lo abbiamo sempre conosciuto

Contro

  • Loot e Skill tree sono sostanzialmente marginali
  • Missioni secondarie e principali tutte simili tra loro
  • L’endgame non premia abbastanza il tempo del giocatore
  • Una pessima interfaccia che contribuisce a rendere l’azione troppo confusionaria

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