Dopo una breve serata passata al Duomo di Milano e nei suoi dintorni, alle 20 decidiamo di avviarci verso il Palalido, per fortuna poco distante dalla fermata della metropolitana. Fuori già notiamo le solite bancarelle di merchandising e dopo aver venduto un biglietto, che ci risultava in più, a una ragazza, ci avviamo verso l’interno. I manifesti enormi degli Alice in Chains con la scritta “biglietti esauriti” fanno già presagire la quantità di gente che ci sarà. Una volta dentro, infatti, già notiamo che c’è il pienone e, fortunatamente, riusciamo a trovare dei posti a sedere vicinissimi al palco, anche perché nel parterre non se ne parlava proprio. Era un concerto che volevamo goderci da una postazione sistemata.
Ore 21.05 circa, si spengono le luci e gli strumenti della band iniziano a fare rumore incomprensibile, a un certo punto parte un giro di basso inconfondibile: è lei, è Rain When I Die. Un’introduzione veramente da brivido che vede subito coinvolto il pubblico che ne canta le parole.
Si gioca subito un ottimo poker introduttivo passando a Them Bones, per poi suonare Dam That River e poi Again, l’unico brano eseguito dall’album omonimo. Tutte canzoni che riescono subito a scaldare l’audience. Finita la parte introduttiva, si passa a un duo del nuovo album, Your Decision e Check My Brain, i quali sono accolti in maniera ottima dal pubblico. Subito dopo si ritorna alle origini con la “lullaby”, così definita da DuVall, Love/Hate/Love e poi It Aint’Like That. La band ci parla un po’ del nuovo album e ci dice che suonerà il primo singolo estratto ovvero A Looking In View, che riesce a far cantare anche i fan più accaniti della band legati alle opere passate.
Si spengono le luci e si nota molto movimento sul palco, vengono posizionati degli sgabelli e strumenti acustici. Jerry Cantrell ci annuncia che verrà eseguita una piccola parentesi acustica. L’aspettativa sale, le acustiche degli Alice sono forse tra le più magnifiche del loro repertorio. Si parte con quelle battute sul charleston ben note a tutti quelli che amano follemente l’album “Dirt”. Ebbene sì, è proprio lei, Down In A Hole. Momento davvero intenso, soprattutto per il sottoscritto che è profondamente legato a quella canzone, le cui doppie voci vengono eseguite in maniera eccellente, come quelle in tutte le altre canzoni del resto. Si riparte con un’altra acustica, dall’intro batteri stico ben noto, che è No Excuses per poi eseguire la magistrale title track dell’ultimo album. Canzone ascoltata in silenzio religioso dalla folla, che accende decine di accendini, e Cantrell che inizia a commuoversi. Le parole “Layne Staley would have appreciated”, dette alla fine, ci lasciano tutti ammutoliti.
Terminato l’intermezzo acustico si riparte con Last of My Kind, canzone forse un po’ inaspettata, ma decisamente mai quanto We Die Young, che ha suscitato stupore in tutti noi. DuVall, che nella maggior parte dei pezzi vecchi si dedica solo alla voce, spesso solista, ci lascia apprezzare la sua vera essenza. Ormai è lui l’icona dei nuovi Alice In Chains. Da quest’ultima canzone in poi i fan dei vecchi Alice in Chains troveranno pane per i loro denti, con un paio di eccezioni. Infatti, si riparte con la psichedelica Acid Bubble, per poi eseguire la claustrofobica Angry Chair, la cui fine è attaccata all’inizio di Man In The Box che vede le urla più clamorose della folla fino ad ora.
La band inizia le presentazioni tra gli enormi applausi e fischi del pubblico. Ma sappiamo che manca ancora un pezzo fondamentale al completamento della scaletta. Dopo qualche minuto d’incitamenti da parte del pubblico, la band ritorna sul palco per eseguire un’inaspettata Lesson Learned, tratta sempre dal nuovo album, per poi mergere il tutto in quel giro di basso noto a tutti noi. E’ giunta l’ora di Would?, che riesce comunque ancora a coinvolgere (ovviamente!) un pubblico ormai allo stremo. Pezzo di chiusura è la pacata Rooster e infine l’ultimo saluto da parte della band che si è mostrata molto entusiasta a tanta partecipazione da parte dell’audience.
Gruppo storico che è riuscito a darci un ottimo spettacolo nonostante la mancanza di uno dei membri essenziali, ma che ha saputo andare avanti e cogliere le occasioni che le sono capitate, come il fortunato incontro con quel tale DuVall…
Tracklist:
1 – Rain When I Die
2 – Them Bones
3 – Dam That River
4 – Again
5 – Your Decision
6 – Check My Brain
7 – Love/Hate/Love
8 – It’Aint Like That
9 – A Looking In View
10 – Down In A Hole
11 – No Excuses
12 – Black Gives Way To Blue
13 – Last of My Kind
14 – We Die Young
15 – Acid Bubble
16 – Angry Chair
17 – Man In The Box
18 – Lesson Learned
19 – Would?
20 – Rooster
Foto di Oliver Tobyn
Oliver Tobyn per Mag-Music
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