Un fiore, la sua bellissima corolla. I suoi petali, l’atto di strapparne uno a uno.
“Pioggia. Una sensazione malinconica, come la mia sensazione. Non mi piace.”
La vita che passa davanti ai nostri occhi. Noi, spettatori di una commedia teatrale senza finale.
Noi, attori sul palcoscenico della realtà.
“Sole al tramonto. Una vita che si spegne, il mio desiderio. Non mi piace.”
La morte vista, ancora una volta, da un’altra ottica.
La “morte” diventa inizio, diviene sinonimo di “rinascita”. Un purgatorio, emotivo e dolce, musicato da Shiro Sagisu.
“Mattino, l’inizio di un nuovo giorno, l’inizio di un brutto giorno. Non mi piace”
“Death” è uno stato di calma apparente, un lungo flashback, la vita che ci passa davanti prima di esalare l’ultimo respiro, la quiete prima della tempesta. “Death” è vita di gruppo, ostinata e dolorosa, con uno sviluppo, minimo, dolce e felice. Due accordature di violino (Violin – String #2 Tuning), una di violoncello (Cello – String #4 Tuning), una di viola (Viola – String #3 Tuning). Uno, due, tre, quattro… un quartetto d’archi (nel “film” sono i nostri amanti personaggi a interpretare il brano: Shinji, Rei, Asuka e Kaworu) che esegue Kanon D-dur di Pachelbel è il momento più “ortodosso” dell’intera pellicola (o riassunto). A Hideaki Anno piace scherzare, gli piace farci strappare un sorriso, o un’espressione meravigliata, in una situazione dove la tristezza la fa da padrone. Shiro Sagisu, come Anno, si diverte a giocare con gli opposti, a mescolare le cose dolci con quelle amare, il desiderio di vita con quello della morte. Fly me to the moon (The Sorrow of Losing the Object of One’s Dependence II) cambia colore, diventa un’ode malinconica a un bellissimo tramonto che non vedremo mai più; il Requiem (Dies irae), invece, diventa il climax, l’assordante silenzio. La tensione sale.
“Cielo azzurro, una cosa calda, una cosa inconsueta, una cosa spaventosa, una cosa indesiderata. Non mi piace”
Il purgatorio è concluso, la scalata è terminata. Portiamo un ricordo nel cuore ma ne abbiamo seppelliti di molti durante il nostro cammino. La nostra personale interpretazione di paradiso ci attende. Ne saremo degni?
Marco “C’est Disco” Gargiulo per Mag-Music
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