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Spazio: infinito e profondo. Eccovi i viaggi della navicella spaziale Aucan e del suo equipaggio – Dario Dassenno alla batteria, Francesco D’Abbraccio e Giovanni Ferliga entrambi impegnati alle chitarre e ai synth – diretti all’esplorazione dei buchi neri e dei misteri nella vita, dove nessun gruppo era mai arrivato prima. Va bè, stiamo esagerando ma ci voleva una presentazione adeguata per la sensazione che trasmette “DNA”, il nuovo EP dei bresciani Aucan.
Cinque tracce, trentasei minuti (di cui quindici occupati solo dalla traccia finale, The Darkest Light). Gli Aucan lasciano tutto, si trasferiscono a vivere in un locale (preferibilmente estero) dove si balla, tutto il giorno, elettronica e derivati. “DNA” è la svolta al suono monotono e senza direzione del primo album, “Aucan” del 2008, svolta che sfocia nel dubstep più notturno, nelle ritmiche geometriche e nell’uso, inedito fino ad’ora, della voce (DNA).
“DNA” è il suono di un intero universo e non vi preoccupate, non c’è il rischio di cadere in un buco nero. L’ennesimo grande gruppo che l’Italia non merita.
Marco Gargiulo
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