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Tre sono le cose che balzano alle orecchie dopo alcuni, attenti ascolti di “Arriviamo tardi ovunque“, il nuovo lavoro di Valentina Gravili, premio MEI 2011 per la miglior autoproduzione.
La musica. Dimenticatevi le colorate melodie dal retrogusto psichedelico de “La balena nel Tamigi“: la primavera ha ceduto il posto all’autunno, e in alcuni casi prepara il terreno al bianco inverno (Il finimondo). I suoni si sono fatti più ruvidi: le percussioni sono ipnotiche, ossessive (Pare che fuori pioverà, Mosca cieca); le chitarre, inspessite, non mancano talvolta di tossire sangue (Cruda, La mappa dei punti deboli del mondo). Valentina Gravili mostra il suo lato più duro. E più cupo. Gli arrangiamenti invece si confermano variegati, ma sempre al servizio delle canzoni. Questo perché Max Baldassarre – una garanzia – firma di nuovo la produzione artistica.
Le parole. L’artista brindisina ha asciugato il suo songwriting: il superfluo non trova cittadinanza nei suoi versi (leggeteli senza musica e vi rimarranno una, due… nove poesie). È nuda come la foto di copertina. E dal vocabolario sceglie parole fastidiose. A tratti urticanti (“Il nostro amore si contorce/ Come un impiccato“, “Fuori il sole insorge contro/ Guerriglia d’oriente contro la notte occidentale“, “Sotto un sole d’acciaieria/ I nostri treni deragliano/ E il cuore sbatte“). La narrazione non avviene in maniera lineare, si procede per giustapposizioni di immagini. Con un occhio attento alla realtà raccontata dai media (l’infinita Salerno-Reggio Calabria, Cosenza afflitta dai roghi estivi, le polveri sottili dell’Ilva di Taranto e “lo scontro di civiltà” tra Oriente e Occidente).
La voce. Last but not least. Valentina Gravili dà prova di un cantato maturo, spogliandosi di alcune timidezze vocali che qua e là contraddistinguevano il precedente album. La sua voce è calda, decisa. Versatile. Frusta quando serve (Guerriglia d’Oriente), ma all’occorrenza anche dolce sussurro (Domenica mattina). Fuoco, ma anche culla.
Christian Gargiulo
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