Astebreed – la nostra recensione!

Astebreed. Mai sottovalutare il mondo indipendente

アスタブリード_20150406142805

Il termine indie, che in realtà sta per indipendente, con gli anni si è trasformato quasi in un dispregiativo, una sorta di etichetta abusata da tantissimi giocatori per identificare queste produzioni. Nella maggior parte dei casi, se un gioco è di natura “indie”, questo viene automaticamente declassato dall’utenza media e relegato a titolo di minore importanza rispetto a produzioni ben più costose.

L’industria videoludica è ormai satura con i generi, i videogiocatori pretendono tanto e le software house li accontentano senza badare a spese, ricercando come giusto che sia prima di tutto un ricavo adeguato. Il mondo indipendente con il tempo si è ritagliato una fetta di utenza in perenne crescita, merito anche dell’intromissione di Sony che ha subito notato un certo potenziale in questa piccola fetta del mercato.

Come tante altre cose, sottovalutare il mondo videoludico indipendente è un grosso sbaglio, e noi c’è ne siamo resi conto proprio nell’ultimo periodo grazie a un gioco in particolare proveniente dal continente nipponico. Un gioco sicuramente non adatto proprio a tutti, ma sicuramente interessante per il genere a cui fa riferimento.

Astebreed

11903861_1031643366848002_1159780706221359685_n

Sviluppato dal piccolo team indipendente giapponese Edelweiss, e rilasciato su PC lo scorso anno via Steam, Astebreed è approdato solo lo scorso Giugno su Playstation 4. Ma cos’è in realtà Astebreed? Si tratta di uno shoot ‘em up a scorrimento non molto dissimile dai videogiochi che negli anni ’80 e ’90 costellavano le sale giochi. Spettacolari, ricchi di effetti che mandavano letteralmente in tilt il cervello dei giocatori, costretti a danzare letteralmente con le dita sui tasti dei cabinati per abbattere quanti più nemici possibili e portare a casa un grosso punteggio. Inizialmente questi sono stati i primi sparatutto videoludici, ma con gli anni la loro grande notorietà si è ridotta per l’appunto al mercato degli indie, dove ormai rivivono attraverso i sogni di quelle generazioni nate e cresciute in un periodo davvero fiorente per il videogioco.

In un certo senso Astebreed si pone quasi come l’erede spirituale del genere. I ragazzi di Edelweiss hanno infatti cercato di realizzare uno shooter altamente spettacolare, forse fra i migliori degli ultimi anni, sfruttando come via di mezzo anche il pane quotidiano della cultura giapponese, i robottoni. In circa sei brevi capitoli, che offrono una durata complessiva di circa 50 minuti a difficoltà “Easy”, gli sviluppatori hanno cercato di infilarci dentro anche una sorta di storia, con tanto di timeline ufficiale sul mondo di gioco. Inutile girarci attorno, Astebreed non è un gioco che si gode per la narrazione, davvero orribile, ma per il suo spettacolare e frenetico gameplay, capace di consumare in breve tempo persino la copertura in gomma degli stick analogici del DualShock 4.

Avviando l’applicazione il gioco ci getta subito a capofitto in un breve prologo, nel quale avremo modo di familiarizzare con le principali armi del gioco: la spada, importantissima per distruggere i colpi nemici e infliggere pesanti danni, il classico fuoco di soppressione che si muove esclusivamente in base alla prospettiva del robot, i missili a ricerca di classico uso comune, e infine l’attacco denominato EX che sfrutta una barra gialla che si carica a ogni colpo subito o inferto.

1080728465

Da questo punto di vista Astebreed mette subito in chiaro che la spada e i missili a ricerca rappresentano il compromesso migliore per completare tutti i sei capitoli messi a disposizione del gioco. Il gioco non è certamente semplice, se alla difficoltà più bassa vi sembrerà una passeggiata, a livello Normal e Hard il titolo impone al giocatore di legarsi letteralmente le dita al pad e schivare tutto l’impossibile che si presenta a schermo. Tra raggi laser, enormi astronavi e bossi giganteschi, un semplice riquadro può trasformarsi in un tripudio stellare di particellari, avvicinando quindi la natura stessa del gioco a quella dei Manic Shooter, o Danmaku per la farla breve. In tutto questo “casino” a schermo il giocatore si ritroverà a dover alternare con una frequenza assurda i tasti sul Dualshock per reprimere tutte le forse nemiche.

Astebreed è un gioco che non ha paura di frustare il giocatore ( le ultime due boss fight sono un pugno nello stomaco ) e come tale. la sua difficoltà crescente a ogni schema appaga di conseguenza. I nostri amici giapponesi però non sono stati proprio cattivelli come vorrebbero farci credere, l’Astebreed è infatti dotato di uno scudo (tranne la modalità Hard) i cui punti vita si rigenerano costantemente, rendendo il tutto approssimativamente molto più accessibile nei primi due livelli di difficoltà. Il nostro consiglio è quindi quello di godersi appieno il gioco a livello esclusivamente Hard, a vostro rischio e pericolo se ci tenete alla vostra sanità mentale.

Un comparto tecnico semplice, ma spettacolare

astebreed-06-11-15-1

La versione Playstation 4 di Astebreed porta con se due stili di gioco differenti, la prima è denominata Arrange Mode, e vede un riadattamento dei comandi snellito e reso più semplice, mentre la modalità Classic Mode si rifà alla prima release per PC, quindi il pattern dei comandi è reso leggermente più complesso. Sono presenti inoltre alcuni fix grafici, ma nulla di realmente impressionante, il framerate resta sempre ancorato ai suoi 60frame granitici.

Pur non brillando per un comparto tecnico all’avanguardia, Astebreed vince sopratutto per una direzione artistica e un level design abbastanza elaborato. Gli scenari offrono scorci visivi davvero maestosi, enfatizzati anche dai repentini cambi d’inquadrature della telecamera, che cercano di spettacolarizzare il tutto.

Chiude infine anche un comparto sonora discretamente godibile, che fa ancora una volta il verso agli anime giapponesi.

Commento finale

Astebreed è sicuramente un piccolo capolavoro fra i titoli indipendenti attualmente disponibili nella ludoteca di Playstation 4. Con quattro spiccioli Edelweiss porta a casa un prodotto confezionato discretamente bene, forse un pò lacunoso dal punto di vista dei contenuti, ma comunque apprezzabile da ogni grande appassionato del genere che si rispetti. A rendere ulteriormente appetitosa la produzione ci pensano anche i robottoni protagonisti, davvero belli dal punto di vista del design.

L’unico grande difetto al momento è forse dovuto al prezzo di 14 euro, un pò troppi se rapportati alla presenza di una sola modalità di gioco, molto breve tra l’altro.

VOTO: 8.5

🙂

-Gameplay spettacolare e appagante-

-Ottima direzione artistica-

-Comparto sonoro di qualità-

🙁

-Dura troppo poco-

-Storia dimenticabile-

 

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.