Call of Duty torna anche quest’anno, con un titolo che riprende l’acclamata trilogia Modern Warfare iniziata proprio da Infinity Ward con l’ormai celebre quarto capitolo. Ancora una volta siamo nel futuro, un futuro ben diverso, però, da quelli visti negli ultimi titoli della saga. Questa volta non sono i confini del nostro pianeta a fermarci. Con Infinite Warfare ci troviamo davanti all’ennesimo sequel poco ispirato che si limita a seguire le orme dei grandi predecessori, o è davvero un punto di svolta per la serie?
Intrigo interplanetario
La prima cosa che salta all’occhio giocando la campagna del nuovo Call of Duty è che non siamo più legati come in passato a ciò che dobbiamo fare: nella nostra nave spaziale abbiamo un minimo di libertà, così come più tardi nella scelta delle missioni, principali o secondarie, che ci porteranno in lungo e in largo attraverso il sistema solare. Va detto subito che il gameplay è sostanzialmente diviso in due stili: se per la maggior parte del tempo la campagna si presenta come il classico FPS a cui Activision ci ha abituati, d’altra parte non sono neanche poche le sessioni di volo a bordo dei cosiddetti Jackal, in cui un sistema di controllo simile a quello di un Ace Combat (ma molto più semplice e ‘arcade’) farà da padrone.
E diciamolo subito: quest’ultime sono forse le sessioni più riuscite del gioco, grazie al feeling frenetico e all’aspetto spettacolare, mentre in diversi momenti nel resto del gioco, specie nelle prime missioni, che sono ambientate sulla Terra che ormai conosciamo bene, ci si può stancare in fretta del solito vecchio gameplay. Altre innovazioni stanno nelle sessioni a gravità zero, o in abilità speciali come quella di violare e controllare i robot nemici, ma parliamo sempre di trovate di gameplay che non sono nuove per nessuno, e che tuttavia danno al titolo una piacevole varietà.
Ciò che riesce a stupire, invece, sono i panorami dei (dai) pianeti e le stelle, tanto dettagliati e maestosi che più di qualche volta abbiamo scambiato lo schermo con una visuale di Destiny – ma dalle tinte decisamente più cupe. Cupa è in qualche modo anche la storia; non ai livelli della serie sviluppata da Treyarch, ma comunque un po’ più “dura” degli ultimi capitoli che abbiamo visto, piena di dramma (alcune scene tragiche sono riuscitissime… altre meno, ma fanno comunque il loro effetto) e di personaggi che magari non spiccheranno oltre il confine di quel che è Infinite Warfare, ma che insieme rendono la narrazione reale e interessante. Paradossalmente il tanto anticipato villain è di gran lunga il personaggio meno riuscito, quello di cui vi sarete già scordati durante i titoli di coda. Per fortuna ci pensa il resto del cast (compresi vari personaggi secondari) a tenere immerso il giocatore.
Eccoci a quello che, per i più, è il punto cardine del gioco: il multiplayer di Infinite Warfare si riconferma valido e vastissimo, concentrato ancora di più sulla velocità e sulla padronanza del personaggio, grazie a quelli che conoscevamo come Specialisti in Black Ops 3. Questa strada, intrapresa ormai da diversi anni da Call of Duty, ha completamente stravolto il significato di gioco di guerra: sempre di più ci troviamo davanti a un’arena dove misurarci in riflessi e precisione, e sempre di meno abbiamo un feeling di combattimento vero e proprio, tanto è rapida l’azione. Questo non vuole essere un difetto del gioco, anzi, per un’ottica legata agli e-sports e alle competizioni in generale, è tutto di guadagnato, ma si vuole solo fare chiarezza su ciò che Infinite Warfare è e non è.Abbiamo dunque stabilito che Call of Duty non è sicuramente più un gioco di guerra, specie ora che le nuove azioni di movimento (come i salti potenziati e le corse sui muri) sono ormai entrate nello standard della serie; ora che la personalizzazione estetica dell’alter ego è elevatissima rispetto al passato, tanto che non sarà raro trovarsi a combattere con o contro personaggi dall’aspetto assurdo. Tutto questo a quale costo? Non ci sentiamo più in un campo di battaglia, e tanto le mappe quanto i personaggi sono poco ispirati. Il tutto ha un aspetto completamente anonimo, e se non fosse per la velocità dello scontro e per il classico sistema di mira, di certo non penseremmo neanche che sia Call of Duty.
Le uniche vere novità del multiplayer, necessarie considerando anche il numero non proprio eccelso di armi a disposizione, sono le migliorie nell’aspetto di looting, ampliato grazie alle missioni di squadra e a varie complicazioni nel sistema di livellamento che permettono di affrontare sfide specifiche per sbloccare oggetti più rari (ma ci chiediamo se tutto ciò non sia un po’ in contraddizione sulla natura fortemente da e-sport del gioco).
La modalità zombie è ormai diventata un must per ogni titolo di Call of Duty, e noi diciamo: “per fortuna!”. Anche questa sotto-serie ha avuto i suoi alti e bassi, ma in Infinite Warfare torna del tutto rinnovata, seppure con una sola mappa, e in pieno stile anni ’80 (e sì, con tanto di musiche di quegli anni). Come sempre si tratta di un’aggiunta graditissima e divertente, ma capace di soddisfare e di tenere davvero occupati solo se giocata in compagnia.
Il parco divertimenti di Spaceland è vasto e intricato, pieno zeppo di segreti e di dettagli che non mancheranno di farvi sorridere. Tanta è la cura per questa modalità che forse ormai è uno spreco non costruirci su una vera e propria seconda campagna (come provò ai tempi Black Ops 2 con Tranzit; ma se dovessimo elencare tutto ciò di buono che aveva portato Black Ops 2 e poi fu dimenticato, non finiremmo più). Ciò non toglie che, a differenza del multiplayer competitivo, Zombies in Spaceland sia una modalità ispiratissima e divertente, capace di coinvolgere il giocatore già solo dal filmato d’introduzione e poi grazie alle musiche presenti.
Call of Duty Infinite Warfare porta a compimento quel lungo cambio di rotta iniziato con Ghosts e continuato anno dopo anno fino a Black Ops 3: un cambiamento senza dubbio in peggio, ma che ora pare stabilizzarsi, che inizia a prendere un’identità sua. Purtroppo però quest’identità non riesce a staccarsi dal passato, e questo a causa delle storie, sempre una diversa dall’altra, che non permettono ai fan di affezionarsi a dei personaggi, ma anche a causa delle modalità, sempre più diverse tra loro, che fanno concepire ogni nuovo titolo come un contenitore di cose da fare, completamente slegate l’una dall’altra. Guardate Infinite Warfare: la campagna, incentrata sullo spazio, ha buoni personaggi e splendide ambientazioni. Tutto ciò si perde nel multiplayer, che per quanto vasto e divertente non replica nessuna delle atmosfere della storia. Infine c’è Zombies in Spaceland, una delle mappe zombi più riuscite degli ultimi anni, ma ancora una volta senza continuità col resto del gioco. Non è quel che ci si aspetta da un Call of Duty che già dal titolo richiama un’altra storia, una storia finita e che dovrebbe essere lasciata al passato. Infinite Warfare è semplicemente il CoD di quest’anno, migliore in molti modi rispetto a Black Ops 3 e con una miriade di cose da fare che vi terranno impegnati per moltissimo tempo. Ma poi ve ne ricorderete? Probabilmente no.
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