Quando Ubisoft ci sorprese con la presentazione di For Honor, ci siamo aspettati un titolo che finalmente affrontasse la realtà del combattimento all’arma bianca col giusto realismo, e a ben pensarci poco ci siamo preoccupati di tutto il resto, dalle modalità di gioco a un’eventuale trama. Ora il titolo è sui nostri scaffali, e siamo pronti a decidere se sia stato un successo o meno. Intanto, di sicuro ci son state tante, tante botte (e questo ci piace).
Il punto cardine di For Honor è appunto il suo sistema di combattimento, che propone per la prima volta un feeling davvero simile, nei concetti, a quello di un reale sconto in armi (e chi scrive ne sa parecchio), pur dovendosi ridurre a numerose semplificazioni. Ma non abbiamo una spada, bensì un pad alla mano, e il sistema di base di For Honor è più che soddisfacente in questo caso: per affrontare un nemico dovremo metterci in guardia col grilletto sinistro, per poi scegliere, con l’analogico destro, una delle tre direzioni che corrispondono a una guardia. Assumendo la guardia corrispondente a quella da cui l’avversario attacca, pareremo il suo colpo, e allo stesso modo dovremo cercare di colpire dove la guardia dell’avversario è ‘aperta’ per ferirlo. A queste basi tanto semplici quanto geniali vanno poi aggiunte tutte le complicazioni del caso: distinzione tra attacchi leggeri e pesanti, combo, finte, mosse spezzaguardia, schivate, proiezioni e, soprattutto, i vari tratti personali dei personaggi, dodici in tutto, dagli stili del tutto differenti.
Parliamo quindi di loro, gli Eroi, divisi nelle tre fazioni di Cavalieri, Vichinghi e Samurai: proprio come nei MOBA che vanno molto di moda negli ultimi tempi, in For Honor ogni eroe ha bisogno di essere studiato e compreso prima di poterne tirar fuori il meglio; e non si tratta di impararne le poche combo, anzi quello è il meno, quanto di sperimentare quanto le sue caratteristiche siano utili in determinate situazioni o contro determinati avversari.
Il combattimento si complica ancora se consideriamo che nella maggior parte delle modalità di gioco online sono due squadre da quattro a scontrarsi: entra il gioco anche il fattore di team building, per cui un eroe che da solo potrebbe rappresentare una cattiva scelta, può diventare la salvezza della squadra se usato col preciso scopo di affiancarne un altro o di agire in modo particolare. Va anche aggiunto, a questo proposito, che ogni Eroe ha delle abilità speciali, quattro, sempre per tornare al paragone coi MOBA, che possono essere passive o attive, e vanno sbloccate nel corso della partita praticamente salendo di livello.
Siamo stati così rapiti da un combat system tanto innovativo e dalla competizione online che solo in ultimo luogo abbiamo davvero esplorato a fondo la modalità storia di For Honor, e con piacevoli sorprese. Quello che si presenta come niente più di un lungo tutorial dei vari Eroi inframezzato da filmati spettacolari, è in realtà un susseguirsi di vicende ben collegate tra loro e volte a narrare una storia non solo interessante, ma cosparsa di personaggi per cui forse non piangeremo e di cui magari non ricorderemo i nomi tra qualche mese, ma che riescono davvero a dare vita al mondo di gioco e a infondere di emozioni tutti gli assalti e le razzie a cui parteciperemo. Aiutano anche il favoloso design dei personaggi, di armi, armature e ambientazioni, una musica adatta e mai invasiva, e un comparto grafico generalmente ottimo, soprattutto per quanto riguarda animazioni ed effetti di luce/riflessi. La nota davvero negativa in questo senso è il doppiaggio (almeno quello italiano); nulla di nuovo, no?
Ciò che ci ha davvero colpito della modalità storia è che contiene molte meccaniche sviluppate appositamente per essa, e cioè che non compaiono affatto nel multiplayer; per esempio ci ritroveremo a inseguire un nemico a cavallo, o a dover bruciare degli edifici, o a far fuori file di arcieri con le baliste. D’altro canto, però, tutto questo non è abbastanza: si vede la voglia di costruire un comparto single player importante quanto quello online, eppure tutte queste idee sono troppo poche e lasciate un po’ a metà, col risultato che un buon 80% della campagna si riduce comunque a provare le varie abilità degli Eroi e a far pratica per i futuri duelli contro gli altri giocatori. Una modalità, in conclusione, con un grandissimo potenziale e piacevolissima da affrontare, sì per la storia ma soprattutto per le ambientazioni e le situazioni spettacolari, nonché necessaria per sbarcare nel multiplayer preparati, ma che manca di quell’identità in più che la separi da tutto il resto.
Una menzione speciale va fatta per la personalizzazione del proprio emblema e dei propri Eroi, che non si limita all’aspetto estetico di ogni pezzo dell’armatura e dell’arma, ma anche alle caratteristiche di questi oggetti, implementando così una componente tipica dei giochi di ruolo. Tutti i nuovi pezzi sono sbloccabili giocando o acquistando pacchetti col Ferro ottenuto dai match, ma anche spendendo soldi veri, il che può purtroppo favorire la rapida progressione dei giocatori inclini a spendere altri soldi per potenziarsi. C’è da dire che fortunatamente il gioco è abbastanza skill-based da rendere abbastanza invisibili le differenze di equipaggiamento, considerando anche che qualunque giocatore, trovandosi da solo contro due, sarà sconfitto il più delle volte, e che ci sono modi per uccidere all’istante, quali gettare il nemico giù da un ponte o nella lava.
Questi ultimi tipi di uccisioni hanno bisogno di una menzione speciale, in quanto rischiano davvero di minare la componente tattica delle partite (e in questi giorni molti giocatori hanno sollevato il problema, arrivando a rivolgersi agli sviluppatori). D’altra parte ci sentiamo di ‘giustificare’ questa componente, in quanto aiuta il gioco in termini di realismo ed effettivamente si può il più delle volte ovviare con l’accortezza di non mettersi a combattere un un ponte a cui mancano i pezzi. No?
Per l’impatto che ha già nel menu principale, infine, si dovrebbe ampiamente parlare del sistema di guerra tra le tre fazioni, del tipo che si vede spesso negli MMO e che si sviluppa grazie all’aiuto di ogni singolo giocatore. La mappa del mondo viene costantemente aggiornata e al termine degli incontri online o contro l’IA ognuno può schierare le sue forze per dare quel minuscolo contributo alle battaglie che purtroppo il più delle volte è difficile controllare davvero, nel senso che sono talmente tanti i giocatori a influenzarle che si percepisce in modo chiaro quanto poco ognuno di noi influenzi effettivamente questa guerra. Tale dinamica può piacere o non piacere; secondo noi si basa su ottime idee, ma poteva essere sviluppata in modo più ristretto (per esempio nei già citati MMO di solito sono vari server a scontrarsi, rendendo così ogni giocatore assai più importante rispetto a quanto accade in For Honor).
Ultimo, grande difetto del gioco, per ora, è l’instabilità dei server, problema riscontrato da molti e che può essere frustrante quando si sta vincendo una partita e si viene disconnessi all’improvviso. Per quest’ultimo problema confidiamo nel supporto di Ubisoft.
Vi lasciamo al commento finale…
For Honor è un titolo a suo modo innovativo, consigliatissimo a tutti coloro che si sentono appagati dalla sola idea di un combat system finalmente fedele al realismo del combattimento all’arma bianca, o dal design e dalle splendide animazioni di cavalieri (italici, specifichiamo con un certo orgoglio, visto che li sentiamo anche parlare in un dubbio latino), vichinghi nordici e samurai giapponesi. Per quanto sia soddisfacente la modalità storia, il titolo va considerato come un multiplayer competitivo, molto più vicino a un MOBA, nelle dinamiche di squadra, che non a un action game.
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