Dragon Quest Heroes II: Recensione

Dragon Quest Heroes II riscrive il genere dei Musou. Ecco la nostra recensione

  • Nome Completo – Dragon Quest Heroes II
  • Piattaforme – PS4/PSvita/PC/Switch
  • Producer – Square Enix
  • Developer – Square Enix/Omega Force
  • Distribuzione – Digitale/disco/Cartuccia
  • Data di uscita – 3 Marzo 2017
  • Versione testata – PS4

Dopo la più che buona accoglienza riservata al primo Dragon Quest Heroes, spin-off della serie omonima di JRPG, Square Enix ha deciso di consolidare ulteriormente il proprio rapporto con Omega Force per realizzare un sequel capace di perfezionarsi e dare finalmente una più precisa identità al genere dei Musou tanto amati in Giappone, e tanto odiati in occidente per la loro piattezza di base nello sviluppo.

Se già con il primo Dragon Quest Heroes un po’ tutti temevamo una replica di un gioco come Hyrule Warriors, rappresentato quasi come una skin con i personaggi di Zelda e BASTA, il coinvolgimento di Square Enix nello sviluppo ha permesso un maggir controllo sul lavoro di Omega Force.

La stessa Omega Force che in tanti ormai abbiamo imparato ad “apprezzare” per i Dynasty Warriors e altri titoli su licenza come il recente Berserk o la saga di Dynasty Warriors: Gundam, in questo Dragon Quest Heroes II consolida le buone idee del suo prequel dimostrando come il genere dei Musou possa regalare tante soddisfazioni giostrando con attenzione gli elementi hack ‘n’ slash e ruolistici.

In attesa di scoprire cosa ci regalerà il prossimo e ambizioso Dragon Quest XI, nella recensione di oggi vi parliamo di Dragon Quest Heroes II.

La solita storia dal 1985

Il plot di Dragon Quest Heroes II non è tanto diverso da quello di qualsiasi altro capitolo principale della saga. Diversi regni sono in lotta, qualcuno sta cercando di soggiogare questi pacifici popoli e solo un manipolo di eroi potrà fermare questa minaccia. Esattamente come il primo capitolo, prima di iniziare l’avventura sarà possibile selezionare il proprio eroe principale a scelta tra Lasaar e Theresa, due cugini freschi d’accademia destinati a salvare il regno e ristabilire la pace.

Al loro fianco nel corso dell’avventura faranno capolino alcuni personaggi piuttosto storici del franchise come il vecchio Baldo Baldini (DQ IV), il prode guerriero Terry (DQ VI), oppure il sempre apprezzato Angelo (DQ VIII) e altri ancora.

Pur essendo uno spin-off il titolo di Omega Force e Square Enix ha un carisma e dei toni riconoscibilissimi, oltre ovviamente all’immancabile design dei personaggi realizzati da Akira Toriyama. Ogni elemento del gioco trasmette le medesime sensazioni che i capitoli principali hanno da offrire al giocatore, e ciò rappresenta una grande conquista per questa nuova mini-serie che potrebbe in futuro diventare una miniera dalle uova d’oro utile a sopperire lunghi buchi d’attesa tra un capitolo principale e l’altro.

E per quanto il gameplay alla base si discosti totalmente dal classico gioco di ruolo a turni in favore di scontri ad arma bianca e magici estremamente spettacolari e adrenalinici, Omega Force ha impreziosito il gioco con elementi ruolistici legati a doppio filo con l’intero ecosistema di gioco.

La nuova frontiera del genere Musou

Le prime ore saranno per lo più un tutorial per fare pratica con i comandi di gioco. Lo schema è in realtà semplice ed immediato: i tasti frontali quadrato e triangolo rappresentano i fendenti leggeri e pesanti, ma vi è anche un sistema di magie con cui alternarsi per sfoderare devastanti combo contro i nemici. Per quanto possa apparire inizialmente davvero basilare ed in linea con un qualsiasi Dynasty Warriors, con l’avanzare il combat system diventerà sempre più articolato e soddisfacente grazie ad un vero e proprio sistema di Vocazioni che permetteranno di modificare il set di armi del protagonista attingendo da asce, doppie spade, archi, lance, o addirittura strumenti dediti interamente alla magia.

Ogni Vocazione poi parte dal livello 1 e offre uno “skill tree” da potenziare investendo i punti abilità ottenuti salendo di livello. Il livello di personalizzazione è decisamente elevato, ma come già detto, la scelta di una Vocazione comporta anche il reset di tutte le abilità ottenute in precedenza.

La componente RPG però non si limita solo alle classi, ma affonda le proprie radici anche nell’equipaggiamento dei personaggi, grazie alla presenza di accessori capaci di potenziare le statistiche oppure di sbloccare inedite abilità passive. Come se non bastasse poi, ogni singolo accessorio potrà essere potenziato in modo equivalente alle Vocazioni, ma in questo caso saranno necessari materiali o ingredienti speciali ottenibili dai mostri sconfitti. Anche l’oggetto apparentemente meno fatiscente può nascondere qualche abilità davvero utile per affrontare le avversità del gioco.

Trattandosi di un Musou ovviamente l’azione scorre sullo schermo in tempo reale, con oltre centinai di nemici a popolare le grandi mappe del gioco.

Vi è però una differenza sostanziale rispetto ai classici di questo genere, e sta nel modo in cui sono state gestite le mappe, qui trattate come degli scenari esplorabili che fanno da “ponte” tra una città e l’altra del gioco nei quali si nascondono scrigni e segreti di ogni genere.

Sono poi presenti delle mappe speciale legate  all’avanzamento della storia, che rappresentano probabilmente la parte più hardcore e impegnativa del gioco per via degli incarichi obbligatori da portare a termine.

In questo frangente il livello di difficoltà si rivela decisamente sopra la media nel genere dei Musou, da sempre criticati per la loro difficoltà ai limiti del banale. Qui la situazione è nettamente differente, e senza un party organizzato come si deve portare a casa la pellaccia sarà davvero una sfida impegnativa.

In queste fasi che, possiamo considerare vere e proprie missioni/dungeon, spiccano soprattutto i boss e molti mini-boss caratterizzati da pattern d’attacco più variegati e altrettanto pericolosi dove sarà richiesta anche una certa dovizia strategica.

Gli obiettivi spesso consistono nel difendere un determinato personaggio, raggiungere un certo punto della mappa entro un periodo di tempo limitato, oppure superare alcuni imprevisti come brevi fasi stealth o ancora fasi più aderenti a quelle di un platforming. Nei limiti del genere quindi, le situazioni offerte dal gioco cercano di essere il più variegate possibile, spesso “giocando” proprio con i suoi archetipi.

Sono poi presenti altri due elementi legati al sistema di combattimenti che non abbiamo citato, ovvero la modalità Tensione che potenzia le statistiche del personaggio per un breve periodo di tempo rendendolo immune agli attacchi; e la seconda invece sono le Monete Mostro, delle monete “usa e getta” ottenibili dai nemici che possono evocare al nostro fianco tre tipologie di mostri: Attivista, Sentinella e Supporto.

Le monete Attivista permettono di utilizzare l’attacco più devastante del mostro, la Sentinella invece è un companion temporaneo del party, mentre la terza permette all’eroe di assumere la forma del mostro per sferrare poderosi attacchi devastanti.

Immancabile poi anche una componente multiplayer che permette a ben quattro giocatori di cimentarsi nelle Segrete Dimensionali, una serie di dungeon speciali pensati appositamente per questa componente, anche se i più potranno decidere di affrontarli in single player con tutte le difficoltà del caso. Per quanto la componente online offra un tocco di colore in più alla produzione, l’assenza di una chat audio ci fa sinceramente storcere il naso.

E’ un Super Saiyan quello?

Quanto al comparto tecnico Dragon Quest Heroes II svolge egregiamente il suo lavoro, puntando ai 60 fotogrammi al secondo. La presenza di una paletta di colori viva, e il tocco ormai travolgente di Toriyama rendono il gioco un titolo bello da vedere che racchiude dentro di se tutta l’anima della serie Dragon Quest. Le musiche, i mostri, i personaggi e tutti quei suoni che tengono viva la serie da oltre 30 anni brillano di vita propria anche in questo spin-off.

Se proprio vogliamo trovare il pelo nell’uovo qualche magagna tecnica comunque non manca, le ampie mappe del gioco presentano spesso un level design spoglio, dove manca praticamente qualsivoglia interazione fra i personaggi e gli scenari. Ma questo è un po’ il marchio di fabbrica dei Musou, e ormai tocca farsene una ragione.

Notevole invece la localizzazione in italiano, che pur facendoci sorridere per la traduzione di alcuni nomi (cose banalotte), cerca di dare una personalità ai personaggi adottato alcuni dialetti italici. Una mossa non propriamente inedita per Square Enix, che già nel 2000 definì la localizzazione di Final Fantasy IX attingendo praticamente da ogni dialetto della penisola italica.

Vi lasciamo al commento finale…

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Commento finale

In Giappone da anni il genere Musou la fa da mattatore su tutto il resto, ma quando giunge da noi finisce per essere bocciato praticamente da qualsiasi testata per la sua “ignoranza” alla base che, offre sul piatto tutto tranne del sano e spensierato divertimento.

Possiamo dire che Dragon Quest Heroes II questa volta non si fa amare solo in terra nipponica, ma riesce a conquistare anche chi come noi in occidente cerca l’action RPG fatto e finito, con una componente ruolistica ramificata a dovere nelle meccaniche per soddisfare anche i palati più fini.

Non sappiamo se Omega Force trarrà spunto da questo spin-off per i suoi futuri lavori ma intanto possiamo affermare con assoluta certezza che Dragon Quest Heroes II è un action RPG adatto ai fan storici della saga e anche per chi cerca un titolo più “sbarazzino” perfetto per trascorre un fine settimana in assoluta spensieratezza.

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