Sekiro: Shadows Die Twice – Recensione

La malizia di From Software si fa strada nell’era Sengoku. Ecco la nostra recensione di Sekiro: Shadows Die Twice!

  • Nome completo Sekiro: Shadows Die Twice
  • Piattaforme PlayStation 4, Xbox ONE, PC
  • Producer Activision/From Software (Giappone)
  • Developer – From Software
  • Distribuzione Retail/Digital
  • Data di uscita 22 Marzo 2019
  • Genere – Action Adventure
  • Versione testata – PS4

Da anni siamo ormai abituati alle follie sadiche del genio di Miyazaki, che ci ha portato inestimabili esempi di crudele magnificenza nelle sue opere. Sekiro è l’ultima creazione dello studio nipponico che intende proseguire su questo trend, cavalcando l’onda della nomea generata dalle proprie produzioni. Ricalcando fasi del passato con gli insegnamenti ottenuti dai Souls, questo titolo ha sicuramente messo in crisi anche i giocatori più rodati. Vediamo dunque cosa ha portato di buono al mondo videoludico questo racconto di storia, guerra e tragedia.

Il Lupo del Sol Levante

La storia inizia con il reclutamento del protagonista da parte di quello che sarà il suo padre adottivo, il Gufo, e che gli tramanderà le arti dello shinobi. Dopo un breve ma intenso filmato iniziale, l’azione ricade subito su un tutorial che approfondisce fatti più recenti sulla vita del protagonista e dei suoi doveri verso il proprio padrone, culminando con una boss fight poetica nonché curiosa, proprio per la sua alta difficoltà e per i suoi due esiti: vittoria e sconfitta. Infatti, non è necessario vincere per motivi di trama, ma si sblocca comunque un segreto se si porta a termine la battaglia uscendone vincitori, e già da un dettaglio del genere si può capire che la mano del produttore si sente ed è più viva che mai. Sekiro presenta finali multipli, e ci sono svariate situazioni e sottotrame che evolvono con le proprie azioni e – cosa purtroppo molto frequente – le proprie morti. Il Lupo si troverà spesso in situazioni complesse, dove la componente trial and error sarà preponderante, sebbene il potere che gli è stato conferito sia la chiave per evitarne la maggior parte.

La morte è solo l’inizio

Il protagonista dispone di una capacità unica, che ruota anche attorno al sottotitolo e fa da perno all’intera esperienza di gioco: la resurrezione. Se nei Souls siamo stati abituati alla morte come una situazione transitoria, in cui ciò che si è guadagnato viene perso solo se non recuperato e comunque il non morto viene considerato mai davvero deceduto, in Sekiro lo spiacevole evento prende una piega molto differente. Si ha infatti la possibilità di risorgere istantaneamente sul luogo del decesso per una volta, avendo la possibilità di terminare ciò che si è quasi fallito; tuttavia, la morte successiva condannerà il personaggio alla perdita di metà dei Sen e dell’esperienza accumulata senza seconde chance. Questo potere si ricarica infliggendo colpi mortali a determinati nemici, pertanto è possibile riguadagnarlo se si prosegue in buon modo nell’avventura, ma chiaramente negli scontri coi boss sarà possibile usufruirne una singola volta. Questo non rende triviale il percorso, ma aiuta a superare ostacoli od errori casuali che spesso potrebbero portare ad un precoce game over. Anche narrativamente il ciclo di morte viene ben spiegato e realizzato, e l’impatto sugli NPC con il Mal di Drago è una meccanica che risulta innovativa nonché coerente con quanto citato nell’opera creando un cerchio perfetto.

Un ninja non è mai nudo

Anche l’arsenale che viene ottenuto progressivamente fa da componente ad un gameplay interessante, sebbene come sempre il bilanciamento sia molto variabile. Oltre alla katana Kusabimaru, che rimarrà la più fedele alleata del Lupo, si otterranno delle componenti per la protesi shinobi – detta Zanna – che varieranno sensibilmente l’approccio ai nemici. Si avranno dunque strumenti difensivi ed offensivi, di utilità più o meno ampia ma tutti in grado di fare la differenza, intercambiabili secondo le proprie esigenze e migliorabili tramite un albero dei talenti acquisibili con esperienza e potenziamenti specifici per oggetto in cambio di monete e pezzi. L’ampio spettro di possibilità è per lo più argomento da scontro, poiché proprio in battaglia si nota l’efficacia, ad esempio, dell’Ascia contro creature solide o degli Shuriken per infastidire gli avversari, inserendo nel mentre dei fendenti di vario tipo. Le combinazioni di azioni sono inoltre molto varie anche grazie alla presenza del rampino – chiave della verticalità nonché della nobile arte della ritirata – e allo sdoganamento del salto, che permette anche di sbilanciare i nemici ed evitare le spazzate. Al tutto si aggiunge uno slot per le tecniche speciali, ovvero attacchi unici che possiedono proprietà diverse ben assortite utili a cambiare lo stile di combattimento e a fronteggiare determinate situazioni, completando così una valida struttura meccanica a supporto della già concreta componente narrativa.



Coesione quasi perfetta

A seguire, anche il comparto tecnico di Sekiro si dimostra all’altezza, proponendo una resa estetica piacevole soprattutto sui dispositivi high-end, ma non mancando di mantenersi stabile anche su PS4 standard, versione da noi testata. Nonostante l’affollamento di nemici nelle situazioni concitate, infatti, è sempre possibile avere il controllo della situazione, sebbene talvolta non sia sufficiente a garantire la salvezza. Quello che invece rischia di minare l’esperienza è una macchia ricorrente nei titoli di From Software, ovvero la gestione talvolta problematica di lock e telecamera, purtroppo claudicanti in contesti neppure troppo infrequenti. Durante alcuni scontri con i boss più agili, infatti, può accadere che si perda di vista il bersaglio per qualche movenza particolarmente rapida, perdendo di conseguenza l’aggancio. Anche la telecamera inciampa soprattutto sulla visione delle pareti, e spesso per i giocatori meno abituati al genere può risultare estremamente disturbante e confusionaria, minando magari un combattimento già ostico. Sicuramente sono dettagli che non minano un gameplay piuttosto solido, con qualche hitbox incerta ed accenni di tracking sui nemici che stuccano lievemente, che nel complesso si dimostra in linea con quanto dichiarato e molto profondo. Il risultato è una sintesi che ben si confà alla natura del titolo, proponendo un prodotto ben realizzato ed estremamente divertente, nonostante l’immenso tasso di sfida proposto.

Letale crudeltà

Vanno spese inoltre alcune parole sulla tanto citata difficoltà del titolo, che pone in discussione l’abitudine soprattutto dei veterani. Sekiro è un titolo che certamente non è tarato per un pubblico casual, ma che richiede impegno e riflessi dall’inizio alla fine per essere assimilato. Il suo combat system è ricco di funzioni utili e talvolta fondamentali, e non padroneggiarne una parte può risultare fatale in alcuni contesti – schivata, salto e parata sono solo alcune delle meccaniche imprescindibili che fanno la differenza tra vita e morte. Anche la sostituzione della classica barra della vita nemica con le doppie caratteristiche di Postura e Vitalità, unita alla peculiare meccanica dei colpi mortali, fa sì che ogni incontro possa essere affrontato in svariati modi, ed imparare il pattern degli attacchi resta il consiglio migliore per qualunque situazione. Se infatti evitare è buona cosa, in Sekiro è anche importante contrastare con specifiche azioni, poiché parate perfette o contrattacchi specifici sono in grado di abbattere rapidamente la postura dell’avversario, aprendolo ad un attacco letale. Da non sottovalutare anche la Vitalità che, sebbene poco utilizzabile per uccidere, permette di intaccare il recupero della Postura e quindi di poterla rompere con più facilità – anche se con i non-boss è possibile spianarsi la strada in maniera rapida persino menando fendenti indiscriminati senza dover eseguire necessariamente ogni individuo. Ci sono dunque moltissimi aspetti che è necessario imparare per poter affrontare l’avventura in maniera efficace, e tutto questo prescinde dalle abilità proprie andando a richiedere un contributo da parte del giocatore piuttosto importante, che non è detto riesca ad emergere salvo che si disponga di un adeguato quantitativo di pazienza.

Il suono del silenzio

L’atmosfera di Sekiro è invece il fiore all’occhiello dell’intera realizzazione, facendo da sfondo ad un quadro già estremamente pittoresco con delle buone tracce di sottofondo. Anche gli effetti sonori aiutano ad identificare il nemico corrente, sebbene la standardizzazione dei miniboss li renda riconoscibili unicamente per i nomi, talvolta apparendo solo come cloni rinominati. Il doppiaggio eccellente rende emblematici invece tanto gli NPC quanto i veri boss, caratterizzandoli in maniere univoche e rendendoli davvero significativi, parte di una storia convincente e ben scritta. Anche l’epidemia di Mal di Drago, introdotta con una scena apposita al primo accadimento, viene evidenziata dai colpi di tosse e dallo stato generico dei personaggi, rendendo il contesto mutevole se non ci si accorge in tempo del diffondersi della malattia. Sicuramente l’opera non sarebbe stata la stessa senza queste caratteristiche che, seppur marginali, confezionano un prodotto sviluppato per essere apprezzato ed inteso come una vera avventura a tutto tondo.

 



Commento Finale

Sekiro: Shadows Die Twice è un’opera completa, ordinata e memorabile, che prende a piene mani dagli antecessori del genere per ispirarsi e creare un Giappone feudale credibile, cruento e crudele. L’autorialità di Miyazaki è più preponderante che mai nel comparto narrativo e tecnico, arrivando ad ottenere ottimi risultati sia in termini di storia che di gameplay. Pur portandosi avanti alcune incertezze della casa nipponica che vorremmo veder migliorate, nulla si può dire che possa sminuire il giusto plauso che va fatto al titolo. Il Lupo è soltanto il primo tassello di un puzzle che si compone sputando sangue, ora dopo ora, finché la maestria del giocatore non diventa tale da superare ogni ostacolo postogli davanti – seppur con una difficoltà crescente e, talvolta, artificiosa -, portandolo ad immergersi in questa splendida distopia dell’era Sengoku, ammantata di misticismo e mistero. Come un vero ninja, Sekiro è un titolo che richiede dedizione e metodo per essere apprezzato appieno, ma che regala spunti di altissima qualità in grande abbondanza al vero interessato.

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