Qualcuno si è innamorato delle premesse di Outward, e qualcuno si è innamorato del prodotto finale; dal Nine Dots Studio arriva un gioco che si aggrappa alla nostalgia della meraviglia e dell’esplorazione libera e pura, che centra il bersaglio seppure in maniera poco raffinata. Dopo ore di vagabondaggi, combattimenti e imboscate, abbiamo trovato un nascondiglio abbastanza sicuro da poterci dedicare finalmente alla sua recensione.
Al contrario degli RPG a cui il pubblico è ormai abituato — e come ha già tentato di fare Kingdom Come: Deliverance non troppo tempo fa — Outward riserva al giocatore un posto perfettamente comune all’interno della società. Non si dispone di poteri speciali, di addestramenti antecedenti o di risorse che possano fornire un vantaggio; la fase di creazione del personaggio si limita al definirne l’aspetto, perché sarà poi l’esperienza in gioco a plasmarne le capacità. Banditi, creature e infiniti altri pericoli sono in agguato; starà al giocatore scegliere come affrontarli o raggirarli.
Per imparare nuove tecniche e aggiungere abilità al proprio arsenale si dovranno cercare gli esperti nel campo a cui si è interessati e pagarli in cambio dei loro insegnamenti. Esiste un sistema ad albero di abilità, che possono essere generiche oppure riservate a specifiche classi — come per esempio il Filosofo, il Monaco o il Cacciatore.
La magia fa parte del mondo di Outward, ma imparare a manipolarla richiede impegno e pazienza; all’inizio del gioco non si avrà neppure nell’interfaccia l’indicatore del mana, che verrà sbloccato solo dopo che il personaggio sarà stato iniziato alla magia e avrà sacrificato parte della sua vitalità e della sua stamina massime. Inoltre, utilizzare gli incantesimi non si limita a premere un tasto: per una semplice palla di fuoco, infatti, bisognerà prima tracciare un sigillo sul terreno e poi lanciare Scintilla, un incantesimo che normalmente è appena sufficiente ad accendere un fuoco ma che, potenziato appunto dal sigillo, diventa devastante contro i nemici. Esiste anche la magia runica, che risulta in una combinazione ancora maggiore di effetti e possibili strategie.
L’interfaccia del gioco è pulita, con due indicatori di stamina e vitalità (accompagnati in seguito da un terzo per il mana) e un inventario facilmente navigabile. In basso a sinistra sono posizionate le capacità dall’utilizzo rapido scelte di volta in volta dal giocatore, ma il loro numero è alquanto limitato — otto slot, che seppure all’inizio possano sembrare più che sufficienti, iniziano a star stretti nel momento in cui si ottengono nuove abilità, in particolar modo magie runiche. È importante quindi modificare spesso le capacità veloci, “preparandone” di nuove prima di affrontare determinati pericoli; tutte le abilità sono utilizzabili in qualsiasi momento, ma se non sono state preparate bisognerà selezionarle dal menu… e il combattimento di rado permette simili perdite di tempo.
È presente una mappa consultabile in qualsiasi momento, ma non fa parte dell’interfaccia e soprattutto non dispone di segnalini che indichino la posizione attuale del personaggio. Si tratta a tutti gli effetti di una mappa “analogica,” che il personaggio tira fuori dallo zaino per orientarsi utilizzando i punti di riferimento rappresentati; l’unico aiuto digitale sarà fornito da una bussola posizionata in alto, che indicherà anche la posizione dello zaino qualora lo si abbia lasciato cadere o sia stato rubato.
Lo zaino riveste un ruolo importantissimo: un fattore determinante per la sopravvivenza all’esterno è la capacità del giocatore di gestirne efficientemente lo spazio, che all’inizio sarà molto limitato. Bisognerà incastrare provviste, trappole, pozioni e tutti gli oggetti trovati esplorando in modo tale che non risulti troppo pesante e non limiti il movimento. Con la pressione di un tasto sarà possibile lasciarlo cadere (ed ecco il motivo per cui è sempre indicato dalla bussola) prima di un combattimento, in modo da muoversi più agevolmente ed essere in grado di rotolare e schivare in maniera efficace.
Una nota estremamente positiva è riservata alle meccaniche di sopravvivenza, semplici ma implementate in maniera ottimale e poco intrusiva. Accanto ai punti vita è presente un termometro, che sarà influenzato da fattori quali l’abbigliamento, la temperatura dell’ambiente, la presenza di fonti di calore e persino alcuni cibi e bevande. I tre indicatori riservati a fame, sete e sonno sono invece visibili nel menu, ma ogni volta che il livello di una di queste si abbasserà moderatamente o estremamente comparirà una piccola notifica sopra i punti vita. Il sistema di cucina e di crafting è molto intuitivo, e si possono apprendere nuove ricette semplicemente tentando nuove combinazioni oppure comprandole dai venditori sparsi per il mondo.
Per un gioco sviluppato da un team di dieci individui, Outward supera le aspettative. Il mondo di gioco è vasto, con quattro grandi regioni da esplorare contenenti nemici unici e strutture differenti; a volte potrebbe apparire scarno e forse monotono — non esiste il viaggio veloce, dopotutto — ma tale scelta permette agli elementi più interessanti e caratteristici del paesaggio di stagliarsi inconfondibilmente davanti all’esploratore.
Tuttavia, se si è alla ricerca di un titolo che lasci a bocca aperta per la grafica, si resterà delusi. Outward eccelle in alti ambiti, ma quello grafico è uno dei suoi punti deboli; la resa delle distanze è fatta meglio che in molti titoli anche più noti, ma l’aspetto del gioco è grezzo e limitato dal budget contenuto. Il meglio che si poteva ottenere, probabilmente, ma comunque mediocre.
È importante sottolineare che il gioco ha un aspetto molto più piacevole su PC e Xbox, mentre su PS4 presenta grossi problemi nel caricamento delle texture, risultando quindi in un’esperienza meno piacevole. Allo stesso modo, disporre di un maggior numero di tasti — inteso come mouse e tastiera — e della possibilità di personalizzare i controlli rende il gioco meno frustrante di quanto potrebbe essere se ci si limita all’utilizzo di un controller.
La valutazione complessiva è stata molto penalizzata, quindi, sia dalla resa grafica che dalla scarsa immediatezza dei comandi.
È disponibile una modalità cooperativa sia online che in split-screen, ed effettivamente Outward è un gioco pensato per la cooperazione. Qualcuno potrebbe essere contrario a questa affermazione — dopotutto, si tratta di un titolo completabile interamente in single player — ma basta giocare per qualche ora per accorgersi che la cooperazione è estremamente incentivata.
Una persona qualunque che esce per la prima volta dai confini cittadini, ignara dei pericoli e priva di esperienza alcuna nel fronteggiarli, è certamente destinata a finire preda del mondo; due persone qualunque che escono per la prima volta dai confini cittadini potranno almeno contare l’uno sull’altro mentre imparano a destreggiarsi. Si tratta di un survival, dopotutto, ed è meno difficile sopravvivere in due.
Non è un titolo facile. Il salvataggio non è a discrezione del giocatore, e ciò rende ancora più importante prepararsi a dovere prima di intraprendere una spedizione; non è possibile morire nel senso tipico del termine a cui un giocatore potrebbe essere abituato, ma ogni volta che i punti vita del personaggio si esauriranno, questi si risveglierà in una tra più di novanta possibili posizioni all’interno della regione.
I più fortunati verranno trascinati alla città più vicina da un paladino o un avventuriero di passaggio — qualcuno lo farà gratuitamente, altri prenderanno automaticamente un compenso dallo zaino — ma in numerose occasioni ci si ritroverà in ambiente ostile, spesso privi dell’equipaggiamento e con lo zaino non esattamente nelle immediate vicinanze. D’altro canto, scoprire i vari scenari è una delle parti più divertenti del gioco, e sfuggirgli fa parte della sfida — chi non si è mai chiesto come sfuggire ai lavori forzati nelle miniere?
Outward è un progetto ambizioso che cerca di mantenere le sue promesse; dieci anni fa sarebbe stato un classico, ma essendo stato rilasciato nel 2019 è impossibile non notare determinati difetti e lacune. Semplice nelle meccaniche ma assolutamente non facile da padroneggiare, il gioco garantisce la più totale libertà a patto che si sia pronti ad affrontare le brutali conseguenze dei propri errori. L’avventura è interamente nelle mani del giocatore, e non sono in molti i titoli che possono affermare con sicurezza qualcosa di simile.
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