Hogwarts Legacy non ha veramente bisogno di molte presentazioni. Parliamo semplicemente di uno dei videogiochi più attesi degli ultimi mesi e sul quale grava la non facile responsabilità del futuro del Wizarding World, ovvero l’universo di appartenenza del maghetto più famoso al mondo creato da J.K Rowling, Harry Potter.
Nel momento in cui scriviamo questo pezzo non sappiamo quando arriverà la recensione sulle pagine di Tivoo, ma vogliamo essere il più intellettualmente onesti possibile con voi: abbiamo ricevuto il gioco in anticipo rispetto alla data di uscita, tuttavia arrivare sul web con una recensione affrettata non era nei nostri piani ed è per questo che, quando leggerete questo pezzo, sarà già passata qualche settimana dalla release.
Il motivo è presto detto: al netto di una campagna dalla durata di 20/25 ore, il mondo di Hogwarts Legacy è veramente incredibile per la quantità di attività presenti e la bontà generale dei suoi orizzonti. Parliamo di un gioco open world sconfinato, molto spigoloso, ma allo stesso tempo affascinante e coinvolgente pur non facendo leva su chissà quale evoluzione del genere.
I ragazzi di Avalanche (da non confondere con quelli di Just Cause), arrivano sul mercato con la loro più grande produzione di sempre: un gioco open world ambientato nell’universo di Harry Potter, ma cronologicamente collocato 90 anni prima della sua nascita. Una mossa che, sulla falsariga di BioWare con Star Wars: Knights of the Old Republic, garantisce ampio margine di manovra agli sceneggiatori di Avalanche nel raccontare una storia originale e con personaggi inediti che non debbano dipendere dai paletti narrativi di Harry Potter.
Hogwarts Legacy è al contempo un prodotto considerato non canonico, ovvero che non è ufficialmente riconosciuto (per ora) dalla Rowling come parte integrante dell’universo narrativo di Harry Potter. Un dettaglio necessario da ricordare, ma che in ogni caso siamo certi passerà in secondo piano, perché in fin dei conti Hogwarts Legacy è scritto “da fan per i fan” e come tale gestisce ogni aspetto della lore in maniera rispettosa, facendo in modo che tutto si amalgami perfettamente senza entrare in contrasto con quanto raccontato nei libri e al cinema.
Chiariamo dunque alcune cose importanti: Hogwarts Legacy non è un gioco di ruolo, bensì un sandbox fatto e finito che non prova mai, neanche una volta, a cercare di svoltare un genere che negli ultimi anni, complice il modello Ubisoft dei recenti Assassin’s Creed, ha raggiunto un picco massimo di saturazione.
Tutto il meglio e il peggio dei giochi open world recenti caratterizza buona parte delle fondamenta di Hogwarts Legacy, ma dove Avalanche ha cercato di lavorare d’ingegno è stato quello di ricalcare delle dinamiche di zeldiana memoria. Non parliamo di un derivato di Breath of the Wild, sia chiaro, ma di un titolo che integra all’interno della sua struttura ludica l’esigenza di collezionare le oltre 30 magie presenti nel gioco per superare puzzle, ostacoli ed enigmi che fanno il verso proprio alle produzioni action adventure di una volta. Le Highlands Scozzesi che circondano l’incantevole castello della scuola di magia e stregoneria sono un vero parco giochi ricco di segreti che, anche dopo 50 ore abbondanti, offrono deliziosi segreti e collezionabili da svelare.
Ciò che però galvanizza sul serio in questa colossale produzione è proprio l’incantevole mondo del Wizarding World. Ogni dettaglio è curato maniacalmente per stupire e creare nei fan cresciuti tra libri e film un feeling estremamente accogliente e familiare. Il castello di Hogwarts è un mondo quasi separato dove gli sviluppatori hanno cercato di elaborarne ogni anfratto ispirandosi tanto alle descrizioni cartacee della Rowling, quanto ai riferimenti visivi (e più iconici) tracciati dalla saga cinematografica. Il tutto viene poi calato in un contesto architettonico e artistico che deve fare i conti con la Belle époque di fine ottocento. Il risultato, considerata la bontà della mappa, fatta di passaggi segreti e labirintici percorsi che strizzano l’occhio alla verticalità, lasciano davvero senza parole.
Non bastassero poi le dimensioni e la direzione artistica, il castello è corroborato da tanta vitalità, che siano studenti o semplicemente i fantasmi, tutto è studiato rigorosamente a tavolino per far sentire il giocatore veramente una presenza attiva nella scuola. Tuttavia è proprio ragionando su questi aspetti che la produzione lascia il fianco a delle dovute criticità che, a seconda di come la si approccia, cozzano con il senso d’immersione ricercato dal titolo. Manca difatti una vera interazione con gli NPC, che al di fuori delle quest principali e secondarie, restano delle presenze sceniche che alternano azioni scriptate ripetitive in base alle ore della giornata. Le interazioni del giocatore dunque si riducono veramente all’osso e anche lanciare qualche magia pericolosa in loro presenza, non gli farà batter ciglio.
Per quanto il titolo non voglia essere volontariamente un GDR, certe finezze avrebbero sicuramente aiutato a rendere ancora più coinvolgente le dinamiche del suo mondo. Per esempio un semplice sistema di karma, parzialmente ispirato ai primi Fable, dove gli NPC reagiscono in base ai comportamenti del giocatore, avrebbe dato un grande spessore in più all’immersione. Il gioco ci prova, cerca di integrare nella produzione delle dinamiche che strizzano l’occhio al gioco di ruolo, come le risposte a scelta multipla che dovrebbero impostare una certa condotta morale dell’avatar, ma sfortunatamente questo porta a dei vicoli ciechi, e a cambiare sono solo delle linee di dialogo.
Lo sviluppatore poi ha cercato anche di dare un contesto all’arrivo in ritardo del giocatore a scuola, che per una serie di ragioni non meglio specificate inizierà il suo percorso scolastico dal quinto anno. Questo ha permesso di creare degli escamotage narrativi che viaggiano a braccetto con le esigenze ludiche. Dunque la necessità di recuperare gli anni persi di studio ha permesso di giustificare le lunghe scampagnate del protagonista con gli incarichi affidati dai professori, i quali ricompenseranno queste attività con l’apprendimento di nuove magie (alcune obbligatorie anche per proseguire nella storia principale). Come dicevamo però, si percepiscono sempre alcune forzature di fondo che fanno a pugni con quelle che dovrebbero essere le rigide regole del coprifuoco di Hogwarts.
Se si lasciano correre tutti questi aspetti che spezzano parte dell’immersione e si apprezzano gli altri valori che caratterizzano la produzione, Hogwarts Legacy offre davvero tanto ai fan e forse potrebbe incontrare anche il favore di un certo tipo di pubblico poco affine al mondo del maghetto.
Come dicevamo, l’opera degli Avalanche Software sceglie volontariamente di allontanarsi dalla narrativa principale di Harry Potter e questo gli ha permesso di lavorare su una storia completamente originale che introduce un nuovo elemento, la cosiddetta “Magia Antica”, una risorsa magica completamente inedita fino a oggi nell’universo di Harry Potter e che sta causando una certa tensione tra maghi e goblin. Se avete letto i romanzi della saga, vaghi riferimenti alle rivoluzioni civili dei goblin verso il mondo magico sono state sparse in giro dalla Rowling, ma mai approfondite concretamente.
Sappiamo inoltre che tra le due razze non scorre effettivamente buon sangue e proprio da questa premessa gli sceneggiatori del gioco hanno voluto imbastire quella che difatti è una delle ultime rivoluzioni messe in moto dai goblin, guidata dall’ambizioso Ranrock, desideroso di mettere le mani sulla Magia Antica.
Questo porterà il protagonista della vicenda, personalizzabile in maniera limitata, ad affrontare una serie di Prove dai Custodi, maghi del passato che hanno cercato di preservare la conoscenza della Magia Antica nella speranza di trovare qualcuno capace di imbrigliarne il potere. A grandi linee sono questi i cardini di una quest principale che non brilla mai per la sua scrittura, che pur provandoci, proprio non riesce a coltivare l’attenzione del giocatore. Tra magniloquenti eccessi di esposizione e voglia di ricalcare (forse troppo) maniacalmente eventi o situazioni viste nella saga cinematografica, Avalanche si perde nel proverbiale bicchier d’acqua, ma riesce a salvare tutta la baracca lavorando su due aspetti fondamentali: la regia delle cutscene dal sapore gustosamente cinematografico e un grande accompagnamento musicale orchestrato degno di un blockbuster cinematografico. Questi e altri momenti sono quelli in cui Hogwarts Legacy brilla e stupisce, ma all’interno del tessuto narrativo non tutto è propriamente da buttare.
Durante il nostro percorso nella casata dei Serpeverde siamo stati particolarmente coinvolti da una precisa storyline che si allaccia anche all’apprendimento delle Maledizioni senza perdono. Non vogliamo sbottonarci troppo ma questo arco narrativo “di contorno” non è solo la parte più appetitosa da spulciare per ogni fan di Harry Potter, ma paradossalmente è quello che mostra maggiormente lo sforzo nell’imbastire una sceneggiatura valida e interessante. Una storia secondaria che, se non avesse dovuto fare i conti con alcuni paletti ludici, sarebbe stata veramente eccezionale per le implicazioni morali che comporta.
Ma bacchetta alla mano, come se la cava davvero Hogwarts Legacy? Molto meglio del previsto ed è uno di quei casi dove il combat system richiede necessariamente un pad per essere analizzato per quello che davvero è. Inoltre si, ci teniamo a precisarlo, tutto è chiaramente mutuato dal free flow system, reso apparentemente più statico dall’esigenza di puntare sul posizionamento, ma che “tradisce” le sue origini nel momento in cui subentra il classico elemento da carta/sasso/forbice che porta il personaggio a “danzare ritmicamente” sullo schermo. Le varie magie aggiungono però un tocco in più all’esperienza, ma la solfa resta molto simile. I segnalini colorati indicano la magia corrispondente che permetterà di rompere una barriera magica, di deflettere i colpi o di schivare al momento giusto. Il gioco prova a mascherare la sua semplicità con la ruota magica in cui equipaggiare gli incantesimi adatti, ma la verità è che tutto si riduce sempre alla pressione di tre tasti: i dorsali per attaccare, uno per parare e l’altro per schivare. Se cercate un combat system profondo, non lo troverete in Hogwarts Legacy e a enfatizzare questo aspetto ci pensa anche la presenza di un loot system mutuato da giochi come Diablo – quindi con vari gradi di rarità e skill passive – attaccato forzosamente all’apparato del gioco. Questo aspetto infatti è abbastanza dozzinale e per quanto ci sia stato l’impegno nell’aggiungere delle passive indirizzate alla costruzione di build abbozzate, il titolo non incentiva mai l’aspetto ruolistico, che anche in questo frangente si impone dei paletti. I fantomatici rami di abilità alla fine aggiungono poco e diventano solo dei power up extra acquistabili con i punti talento ottenuto salendo di livello.
Si, c’è una cosa di cui non abbiamo ancora parlato e si tratta della Stanza delle Necessità, elemento sul quale la campagna marketing ha cercato di spingere molo negli ultimi mesi, dato che, a conti fatti, su tratta di un “gioco nel gioco” quasi del tutto accessorio, ma che funge essenzialmente da hub nel quale il giocatore potrà gestire varie attività.
In primo luogo è possibile personalizzarla aggiungendo orpelli per impreziosirne l’estetica, ma è anche il posto dove sarà possibile dilettarsi nella creazione di pozioni, il potenziamento degli abiti e infine l’allevamento degli Animali Fantastici, da cui ricavare materiali utili alle due citate attività precedenti-
Le Highlands Scozzesi infatti pullulano di animali speciali in pericolo, e al giocatore è data la possibilità di preservare ciascuna delle 13 specie dai maghi bracconieri che popolano la regione, quest’ultimi al centro anche di una linea di quest secondarie. All’interno dei vari vivai che si sbloccheranno avanzando con la storia, le opzioni di personalizzazione della Stanza delle Necessità si amplieranno per dare al giocatore tutti gli strumenti necessari alla cura degli animali.
Per quanto possa sembrare inizialmente simile ad Animal Crossing, in realtà appena si prova a scalfire maggiormente la superficie ci si rende conto di quanto la personalizzazione delle strutture sia piuttosto basilare, anche per gli standard che Avalanche aveva raggiunto con i Disney Infinity 3.0.
Limitazioni purtroppo vincolate probabilmente alla necessità di rendere possibile il funzionamento del gioco anche sulle piattaforme di vecchia generazione, Switch inclusa. La Stanza delle Necessità quindi assolve pure bene al suo scopo, ma è meno incisiva di quanto si possa credere all’interno dell’esperienza complessiva.
Basterà infatti fare un salto al villaggio di Hogsmeade per acquistare con la valuta in game tutte le risorse necessarie. Anche perché l’economia del mondo di gioco è talmente ridotta all’osso che tra la vendita di abiti in eccesso e i crediti raccolti nei forzieri, ci si ritroverà velocemente con una discreta somma di denaro da investire in questa tipologia di oggetti. Cosa che rende la Stanza delle Necessità forse anche troppo secondaria.
Hogwarts Legacy è un gioco quasi sempre bravo a mascherare le sue evidenti limitazioni di design, ma nonostante ciò l’esperienza imbastita da Avalanche Software ha tutti i crismi di un solido open world consapevole di non poter rivoluzionare. E’ un sogno che diventa realtà per tutti coloro che sono cresciuti immaginando un giorno di poter varcare la soglia del castello. Non è solo uno dei migliori videogiochi di sempre di Harry Potter, ma è proprio una delle esperienza emotivamente più coinvolgenti che si siano viste nell’ultimo periodo nell’ambito videoludico. Una grande lettera d’amore al franchise nella sua interezza.
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