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È importante precisarlo: Vasco Brondi o lo si ama o lo si odia. Se ai tempi di “Canzoni da spiaggia deturpata” era irrilevante dirlo a causa del clamore e dell’importante rivoluzione cantautoriale che esso ha definito, bhè ora, col nuovo album, è rilevante eccome. Colpa forse di una certa monotonia che si percepisce sin dal primo pezzo, o forse di troppa gente che non avverte la vera essenza del progetto.
Io, non per manierismo di mestiere ma per realtà di ciò che provo ascoltando “Per ora noi la chiameremo felicità”, cerco di scrivere la considerazione probabilmente più veritiera riguardo a esso, anche se di soggettività comunque si parla. L’album in questione rappresenta a mio avviso una certa nuova maturità per Vasco Brondi, scrivendo meno d’impulso e pensando di più, rimanendo comunque quasi sempre rabbioso. Nella fattispecie “più maturo” ha diversi significati: qui si canta di meno (nel senso che, anche dopo svariati ascolti, avremo meno da canticchiare), subentrano ragionamenti più seri arrivando quasi ad accostare i soliti discorsi di licenziamenti, d’economia malata, di tramonti falsificati dalle antenne, di guerre fredde con questioni d’amore. Amore rivoluzionario e rivoluzionato però; amore in tutte le sue nuove forme, senza cuoricini e letterine, l’amore di oggi, quello dell’era del 2.0.
Musicalmente parlando c’è chi si esprime, alquanto banalmente secondo me, dicendo che i soliti due-tre accordi diventano stancanti. Ciò può essere anche vero, ma alla fine in questo caso sono le parole quello che conta, i pensieri; la musica funge da aspetto secondario, utile soprattutto a conciliare le liriche. È importante comunque dire come adesso l’apparato elettrico sullo sfondo acquisti maggiore importanza, merito anche del fedele compagno Giorgio Canali e delle nuove collaborazioni con Stefano Pilia, Rodrigo D’Erasmo e l’onnipresente Enrico Gabrielli.
Concludo dicendo che “Per ora noi la chiameremo felicità” è un ottimo successore di “Canzoni da spiaggia deturpata”, nonostante riesca ad “entrare in testa” con maggiore difficoltà rispetto al precedente. E mi sento quasi in dovere di sottolineare l’importanza di Vasco Brondi nel panorama musicale italiano, perché avete di fronte il portabandiera di un nuovo modo di scatenare rivoluzioni, seppur solo di pensiero; che poi da sempre rappresentano la forza, l’incitamento e la spinta emotiva del genere umano.
Davide Ingrosso
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