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La prima cosa che mi viene in mente ascoltando l’ultimo lavoro dei Dilaila sono certi film anni ‘50/’60, uno su tutti “Vacanze romane”.
Saranno le ambientazioni quasi beat, sarà la voce stupenda di Paola Colombo mai così vicina a certi episodi di Matia Bazar e Mina, o tutto il vagone d’immagini e ambientazioni che proietta l’intero disco. Nelle nove tracce di “Ellepi” troviamo svariati momenti dove c’è spazio per un triste e rassegnato racconto della fine di una storia d’amore (Settembre), passando per attimi puramente ironici e cattivi come in Pensiero e Oh no!. Senza dimenticare testi più ambigui come Tutta l’aria che c’è e la triste e riflessiva Ally che si presta a più interpretazioni. Il finale invece è tutto per il miglior brano del disco. Il tamburo di latta, intensa e dolcemente malinconica in bilico tra il guardare indietro quello che è stato e il cercare di approcciarsi a un nuovo seppur triste futuro. Il tutto è suonato e arrangiato in modo elegante e ci si ritrova a canticchiare e ad avere fisso in testa certi passaggi davvero deliziosi.
Per una volta possiamo dire con grande piacere che la musica italiana non è morta e non è solo figlia di discutibili progetti e reality, ma che il cantautorato ha tirato fuori gli artigli e non ha bisogno di guardare fuori casa per trovare ispirazione.
Daniele Bertozzi
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