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Quinto disco per Giovanni Succi e Bruno Dorella, in grado di segnare una svolta epocale nel sound della band. Li avevamo incontrati l’ultima volta un paio d’anni fa, impegnati in un prezioso split condiviso con i Massimo Volume, all’interno del quale rileggevano Litio e proponevano l’inedita Stige, la quale già iniziava a tracciare nuove coordinate in seno al consolidato mood fin lì portato avanti dal duo.
“Quintale” suona come un tuono impetuoso e inaspettato, disegnando uno scenario di inedita e tumultuosa elettricità, già abilmente preannunciata dal titolo. “Quintale” è il disco più pesante mai realizzato dai Bachi, quello che li sdogana dal minimalismo inquietante dei primi quattro album, proponendoli come guerrieri di uno scenario più propriamente rock, grazie ad una forza e a un impatto sonoro fin qui inimmaginabili.
Suoni possenti e granitici che caratterizzano praticamente tutte le tracce, a partire dalla forza stoner della sequenza da knock-out Paolo il tarlo/Sangue, e dall’incedere metal di Coleottero. Ma la cosa ancor più sconvolgente è la presenza di un paio di soluzioni inaspettatamente orecchiabili, come Fessura e soprattutto Dio del suolo, straordinaria ballata cristallina, di quelle che possono valere una carriera, e che in un mondo perfetto non sfigurerebbero nelle heavy rotation dei maggiori network. Per non parlare dell’ingegnosa Enigma, candidata al ruolo di nuovo inno della scena indipendente nazionale. Solo nella versione digitale è stata inclusa Baratto, simpatica (ma in parte amara) rivendicazione del giusto compenso per chi decide di fare della musica la propria attività prevalente.
Detto questo, pare inevitabile come i sostenitori di lungo corso dei Bachi da pietra possano avere da ridire sulla svolta “rock” di Succi e Dorella, soprattutto per la presenza di qualche episodio più furbetto. Qualcuno li taccerà di normalizzazione, altri li accuseranno di esser diventati più dozzinali, di certo si presentano meno singolari rispetto al passato, e forse meno caratterizzati. Ma il nuovo progetto appare senz’altro maturo, ben indirizzato e completamente a fuoco, con la produzione dell’esperto Giulio “Ragno” Favero, che si diletta anche alla chitarra in qualche occasione. Altro gradito ospite è Arrington de Dionysio degli Old Time Relijun, il cui sax arricchisce ulteriormente di suoni il lavoro.
Claudio Lancia
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