Umorismo, thriller, ambientazione scolastica calata in un moderno giapponese, e quel giusto tocco di originalità. Mischiate gli ingredienti ed ecco a voi Persona, spin-off nato dalla costola degli apprezzatissimi Shin Megami Tensei, ma talmente tanto amato in Giappone e Occidente da aver superato in notorietà e successo persino la saga stessa che gli ha dato i natali.
Atlus e il Persona Team uniscono di nuove le forze a circa 9 anni di distanza dal controverso Persona 4 per PS2 per portare sulla vecchia e attuale generazione di console un sequel atteso forse da troppo tempo, ma carichissimo di aspettative. Persona 5 è una realtà concreta, già dallo scorso anno se consideriamo il suo debutto anticipato in Giappone, ma che solo ora arriva finalmente nel nostro mercato occidentale con una consueta localizzazione a metà privata dei testi italiani in favore di doppiaggio e testi in lingua inglese.
Una scelta che non capiremo mai, ma sorvolato questo irritante particolare, eccoci qui davvero a parlarne sulle pagine di CM News con una recensione che, speriamo soddisfi le vostre aspettative. C’è tanto da dire, ma prima di cimentarvi nella visione del voto a fine pagina vi consigliamo caldamente di leggere quanto abbiamo da dirvi, perché Persona 5 è un titolo che va vissuto e snocciolato nei minimi particolari per assaporarne ogni aspetto delle atmosfere nipponiche che si respirano fin dal primo secondo della sigla iniziale.
Esattamente come i quattro prequel, Persona 5 ci accompagna con mano nella Tokyo moderna, nel noto e affollatissimo quartiere di Shibuya, cuore commerciale dell’intera città nella quale vi è presente una fitta catena di negozi, ristoranti e hotel, ma è anche un punto d’incontro fra le numerose vie ferroviarie della capitale giapponese. Il nostro silenzioso protagonista occhialuto è un giovane studente del secondo anno di liceo trasferitosi dopo essere stato espulso dalla scuola per essere stato accusato ingiustamente di un crimine.
Si evince fin da subito come i temi portanti della serie siano ancora onnipresenti anche in questo capitolo. Basteranno una dozzina di dialoghi per inquadrare da subito il sistema in cui ci muoviamo, o per meglio dire il nostro avatar si muove.
A causa della sua fedina penale marchiata il nostro protagonista è fin da subito oggetto di denigrazione da parte di una società già di suo molto emarginata dal resto del mondo, chiusa in se stessa e timorosa verso gli estranei (figuriamoci uno con uno che ha commesso un crimine).
In Persona 5 quindi ritornano temi maturi, legati all’adolescenza dei protagonisti e del loro rapportarsi con il mondo degli adulti. Ma nel mezzo tuttavia le vite del protagonista e i suoi comprimari vengono sconvolte nel momento in cui scoprono la capacità di invocare i Persona, una manifestazione del proprio io interiore che gli permette di esplorare il pericoloso Metaverse, una realtà alternativa nascosto all’occhio naturale degli umani.
In questa dimensione parallela vi sono i “Palace”, degli edifici generati dalle persone che nutrono odio, sfogano la propria violenza oppure reprimono evidenzi segni di instabilità psichica. All’interno di questi bizzarri edifici si nasconde un tesoro inestimabile che rispecchia il desiderio “malato” di colui che ha creato il Palace.
Una volta rubato questo desiderio il soggetto in questione viene svuotato di tutte le sue cattiverie facendo emergere i suoi sensi di colpa. Un incipit quindi piuttosto bizzarro, ma quanto basta per costruire uno dei migliori capitoli della saga, cogliendo le giuste sfumature per scrivere una sceneggiatura solida che attinge dal thriller/horror, passando per il teen drama, fino a colpire una serie di temi attualissimi come l’abuso sessuale e il bullismo.
Il tutto condito dal tipico humor della serie e da influenze ormai riconoscibili della società moderna ben evidenti nell’onnipresente smartphone che i vari personaggi utilizzano per comunicare o per… raggiungere il Metaverse stesso con l’app dedicata.
Ma Persona 5 non si dimentica delle sue origini e pad alla mano ecco ritornare un classico intramontabile della saga, ovvero il doppio gameplay.
Trattandosi di uno studente al secondo anno di liceo il nostro protagonista deve tener conto anche della sua vita sociale e scolastica, e in questa particolare metà dell’anima che compone il gioco abbiamo sostanzialmente per le mani un ibrido a metà tra un gestionale e il simulatore d’appuntamenti, con tanto di calendario per tenere d’occhio i giorni e le ore a nostra disposizione per destreggiarci tra esplorazioni nel Metaverse, sviluppare un solido rapporto con i propri compagni e svolgere quando possibile alcune attività di lavoro part-time per portare a casa qualche soldo. Ogni azione comporta dei risultati, ma porta anche avanti le lancette preziose del tempo a nostra disposizione.
Lavorare per esempio comporta un bonus di denaro utile per acquistare risorse da utilizzare poi nei dungeon, ma migliora anche le nostre doti comunicative sbloccando opportunità di dialogo inedite con gli NPC. Discorso analogo per la lettura di libri o la visione dei film, ognuna migliorerà il nostro approccio sociale, ma influenzerà a sua volta anche i Social Link (qui chiamati Confident) con i personaggi del gioco.
Maggiore sarà il tempo speso con loro, più diventerà stretto il nostro legame e ciò ci permetterà di ricavarne degli utili bonus d’esperienza quando andremo poi fondere i Persona in nostro possesso.
Altrettanto vale anche per la vita prettamente scolastica, intervallata da interrogazioni ed esami con questionari a cui rispondere per migliore il nostro rendimento, ma anche le nostre caratteristiche social.
Ogni aspetto della nostra vita sociale influisce comunque anche la nostra progressione, e poiché in esame abbiamo pur sempre un gioco di ruolo è doveroso adesso parlare della seconda metà dell’anima di Persona 5, il Metaverse.
Attraverso l’app dedicata del proprio cellulare il protagonista e i propri compagni possono accedere al Metaverse, e in questo mondo alternativo il loro aspetto muta drasticamente con sgargianti costumi e maschere, emulando con un certo stile quello di provetti ladri che dovranno infiltrarsi nei Palace per rubare il Tesoro dei proprietari.
Ma non è affatto facile, ogni Palace è difatti un fitto dungeon popolato da trappole e soprattutto dai pericolosi Shadow, entità a guardia del Tesoro contro cui dovranno confrontarsi i protagonisti nel tentativo di creare un percorso sicuro verso il loro obiettivo.
Dimenticatevi i lunghi e noiosi corridoi di Persona 3 e Persona 4, questa volta siamo davanti ad un level design più elaborato pensato proprio per accontentare coloro che proprio non digeriscono i copiosi labirinti dei dungeon crawler. Ogni Palace presenterà degli enigmi ambientali, ma sarà richiesta anche una discreta abilità per muoversi silenziosamente sfruttando le apposite coperture oppure strade alternative per superare alcune pattuglie.
In questo frangente esplorativo dei dungeon, spesso votato ad un tipo di esplorazione più verticale, abbiamo ritrovato alcuni elementi scenici, ma anche di gameplay, provenienti dal platform Catherine, anch’esso sempre sviluppato dal Persona Team.
Ogni Palace poi sarà caratterizzato da un livello di allerta stile Metal Gear, che più aumenterà, maggiore sarà il livello di pericolosità dei nemici. Inoltre se il livello di allerta raggiungerà il suo picco massimo il gruppo sarà costretto ad abbandonare il dungeon e di conseguenza i progressi compiuti, per ritentare il giorno successivo.
Immancabile poi anche qualche strizzatina d’occhio alle produzioni occidentali del momento, e in particolare ci riferiamo alla visuale “Focus” per evidenziare gli oggetti e le scorciatoie dei dungeon inaugurata da Ubisoft e ormai presente pressoché ovunque.
Per quanto riguarda i combattimenti, attaccando alle spalle i nemici visibili sulla mappa il gioco entrerà in una vera e propria fase di combattimento proponendo l’ormai consolidato “Press Turn Battle System” introdotto in Shin Megami Tensei III: Nocturne, variante dell’arcinoto Active Time Battle System.
In questa versione, a sua volta personalizzata secondo le esigenze del P. Studios, siamo davanti ad un classico scontro a turni, con l’eccezione che se i nostri colpi infliggono un danno critico mettendo al tappeto l’avversario avremo la possibilità di ripetere il nostro turno bloccando di conseguenza le azioni del nemico.
Analogamente ai precedenti due episodi è presente anche un sistema di pianificazione e conseguente automatizzazione del party, che consiste nell’affidare all’IA il controllo degli altri membri impostando delle direttive ben precise come per esempio une maggiore enfasi nelle cure, enfasi nell’attacco e di conseguenza anche nella difesa.
Il party è inoltre accompagnato dai propri Persona, ed in modo vagamente simile al Junction System di Final Fantasy VIII, essi sono capaci di utilizzare magie e attacchi speciali consumando i punti SP o detrarli direttamente dai punti vita del loro avatar umano. Il gameplay è quindi più o meno simile al precedente capitolo, ma vi è comunque qualche novità molto interessante e riguarda le opportunità di dialogo con gli Shadow, ereditata in tutto e per tutto dai recenti capitoli di Shin Megami Tensei.
Mettendo al tappeto uno Shadow sarà possibile decidere se avviare una trattativa oppure finirlo con un attacco di gruppo. Avviando una trattativa il giocatore dovrà cercare di persuadere la propria nemesi in cambio di oggetti, denaro oppure di ottenere la sua fiducia e aggiungerlo alla cerchia dei propri Persona ampliando di conseguenza la collezione.
Questo si ricollega poi a quanto accennato in qualche paragrafo più in alto. In base al nostro rapporto con gli NPC del gioco, alcuni Persona otterranno dei bonus esperienza, quando fusi, per generare una nuova creatura ancora più potente. Il Persona ricavato dalla fusione otterrà poi la capacità di ereditare le abilità dei due materiali sfruttati per la sintetizzazione.
Vi è poi un dungeon secondario chiamato Mementos, una sorta di Palace collettivo generato in modo procedurale rappresentato da numerosi piani al cui interno si nascondono oggetti e Persona rari. Un luogo legato alle quest secondarie del gioco, ma soprattutto un parco giochi perfetto in cui cimentarsi per guadagnare esperienza e salire di livello tra la risoluzione di un Palace e un galante appuntamento con una delle belle donzelle della comitiva.
Nel complesso tutta la parte più videogiocosa di Persona 5 è una perfetta evoluzione di quanto visto nei precedenti episodi, la summa di quanto fatto in passato ma ampliato e perfezionato al punto giusto per offrire ai giocatori un’esperienza appagante e profonda.
Persona 5 è un gioco nel gioco, da una parte abbiamo un gestionale fatto e finito, e dall’altra un JRPG divertente e profondo. Una volta combinate queste due esperienze il risultato è una simbiosi semplicemente perfetta. E il contorno? Funziona altrettanto.
A chiudere il quadro ci pensa poi una splendida realizzazione artistica: menù, animazioni e scenari. Ogni elemento del gioco viene agghindato a dovere grazie ad uno stile caricaturale. Dopo il giallo caratteristico di Persona 4 questa volta dalla commistione di colori emerge un rosso prominente.
Totale redesign anche per la Velvet Room, qui ritratta come una prigione. Una prigione che a detta del sempre amato Igor è una proiezione stessa dell’anima conflittuale del protagonista, che vediamo proprio incatenato in una cella.
Per quanto riguarda il character design ritroviamo l’immancabile e riconoscibilissimo tratto di Shigenori Soejima, ormai uno dei tratti distintivi della serie. Ottima anche la realizzazione dei Persona, che restano fedeli ai loro design originali senza sfigurare troppo anche con alcune new entry. Particolarmente accattivante è Arsenio, il Persona del protagonista ispirato all’omonimo Arsenio Lupin, figura ricorrente nel gioco sotto forma di vari easter egg.
Ritorna anche il duo storico che vede la cantante Lyn e il compositore Shoji Meguro alla colonna sonora, pronti a deliziarci con brani di stampo acid jazz (un miscuglio di Jazz, Soul e funk). Come sempre la spensieratezza dei brani e il modo con cui essi si mischiano alla storia, ma in generale con i ritmi del gioco, finiranno per diventare un motivo fisso nella testa del giocatore.
Ciliegina sulla torta sono invece le sequenze animate, più lunghe e presenti del solito, realizzate come sempre dallo studio Production I.G.
Non ci dilunghiamo troppo sulla realizzazione espressamente tecnica, Persona 5 nasce prima di tutto per Playstation 3, ma non sfigura affatto su Playstation 4 grazie all’esplosiva art direction. Ma le musiche, la storia e suoi personaggi vi faranno ben presto dimenticare di tutto il resto.
Vi lascio al commento finale…
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Persona 5 è un gigantesco motore composto da tanti piccoli ingranaggi messi al momento giusto e nel posto giusto che si incastrano senza problemi. Un motore instancabile dove tutto funziona sempre alla perfezione.
Una produzione praticamente perfetta dove vi è l’obiettivo di intrattenere il giocatore, ma anche di raccontare uno specchio della società moderna giapponese attraverso gli occhi di un gruppo di adolescenti emarginati, dove le maschere che simboleggiano i loro Persona non diventano altro che l’ennesima metafora esistenziale di chi è pronto a scrollarsi di dosso la spensieratezza per avviarsi verso il duro mondo degli adulti.
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