The Last of Us Part 2 Remastered – La recensione

The Last of Us Part 2 torna su PlayStation 5 con una nuova edizione. Ecco la nostra recensione di The Last of Us Part 2 Remastered!

  • Titolo: The Last of Us Part 2 Remastered
  • Piattaforme: Playstation 5
  • Developer: Naughty Dog
  • Publisher: PlayStation Studios
  • Distribuzione: Digitale/Fisica
  • Data d’uscita: 19/01/2024

Dopo mesi di indiscrezioni e leak, alla fine The Last of Us Part 2: Remastered non solo esiste, ma è anche arrivata sul mercato per inaugurare la nuova stagione videoludica di Sony.

Certo, bisogna dire che forse ci saremmo aspettati l’apertura del nuovo anno all’insegna di una nuova IP o di qualche produzione “nuova” legata ai PlayStation Studios e da quel punto di vista sembra evidente che il colosso giapponese stia avendo qualche problema nella gestione dei suoi first party, recente infatti è stata anche la cancellazione proprio dello spin-off online di The Last of Us.

Sperando che i prossimi mesi si rivelino più significativi per i first party di Sony, cosa possiamo dire di The Last of Us Part 2: Rematered? Qualcuno vi direbbe che non c’è n’era bisogno e beh, diciamolo… quel qualcuno forse aveva in parte ragione.

Il problema alla base di questa ripubblicazione da parte di Sony è la scelta sbagliata di puntare su un suffisso errato. Che l’industria abbia qualche problema nel comunicare come funzionino reboot, remake e remastered è un dato di fatto ben noto ed è il motivo per il quale sarebbe stato più sensato parlare di questa operazione come di una Director’s Cut, alla luce di alcuni contenuti aggiunti da Naughty Dog alla sua opera.

Non chiamatela remaster 

Contrariamente a The Last of Us Part 1, che si poneva come un remake grafico dell’originale con timide rifiniture al gameplay per renderlo maggiormente aderente all’esperienza del Part 2, la remaster di questo sequel adempie tecnicamente al suffisso che ne accompagna il titolo, con un boost tecnico prestazionale che puntai ai 4K e i 120 fps, tuttavia sono i contenuti inediti la vera “ciccia” del pacchetto.

Di The Last of Us Part 2 ne abbiamo già abbondantemente discusso su questi lidi con una lunga disamina, di conseguenza oggi sfrutteremo questo spazio proprio per parlare delle novità incluse in questa ripubblicazione nativa del gioco per PlayStation 5, disponibile anche come upgrade a pagamento (10 Euro) per chi possiede le copie digitali o fisiche della versione PlayStation 4.

Le novità tecniche che risaltano maggiormente all’occhio riguardano in primo luogo i tempi di caricamento ridotti veramente all’osso grazie all’SSD di PlayStation 5, tuttavia lo sviluppatore si è rimboccato le maniche per implementare anche delle feature esclusive di questa versione pensate per sfruttare il feedback aptico del DualSense, con tanto di grilletti adattivi pensati per dare un feeling maggiormente immersivo nell’utilizzo delle armi, ma anche in altre fasi di gameplay.

Per esempio la nuova modalità “Guitar Free Play”, pensata per dare la possibilità al giocatore di spendere il proprio tempo esclusivamente sul minigioco della chitarra (c’è anche il compositore Gustavo Santaolalla!), sfrutta a sua volta la tecnologia del Dualsense per simulare il feedback delle corde dello strumento durante le sessioni.

Come se non bastasse, il Dualsense è a sua volta protagonista di un ricco parco di opzioni personalizzabili, con annessa la possibilità di regolare l’intensità di feedback e vibrazioni. Fanno poi da corollario un quantitativo spaventoso di opzioni dedicate all’accessibilità per i giocatori affetti da disabilità, che si riflettono anche nella gestione della difficoltà della lunga campagna originale e l’inedita modalità Senza ritorno, di cui andremo a parlare più avanti.

Ma cosa si comporta graficamente il gioco? The Last of Us Part 2 non aveva certamente bisogno di ritocchi grafici, dato che parliamo di un gioco del 2020 e capace ancora oggi di essere  un benchmark visivo che nulla ha da invidiare alle produzioni di nuova generazione.

L’originale versione PlayStation 4 era stata già aggiornata con due opzioni grafiche che permettevano al titolo di raggiungere i 60 fps su PlayStation 5 in retrocompatibilità, ma con questa remaster lo studio si è voluto spingere oltre puntando al target dei 120 fotogrammi al secondo.

Il preset grafico Prestazioni è infatti il medesimo della versione PlayStation 4 post patch, quindi nativo a 1440p/60 fps, mentre la modalità Fedeltà punta a un 4K nativo e un target dei 30 fps.

In entrambi i casi le differenze qualitative con il gioco originale si nascondono prevalentemente nei piccoli dettagli, in alcune fonti di luci e una pulizia maggiore delle texture, dunque se ci si aspetta un salto qualitativo importante rispetto alla versione originale, bisognerà strizzare l’occhio e prestare attenzione agli scenari.

Sono poi presenti altre due modalità grafiche che in buon sostanza potenziano Prestazioni e Fedeltà, accessibili solo sui televisori con uscita a 120hz.

La prima permette di renderizzare il gioco in 4K e 40 fps, ma funziona unicamente sui televisori con uscita a 120 Hz e VRR disattivo dalle impostazioni di PlayStation 5.

Stando all’analisi di Digital Foundry questa terza opzione funziona piuttosto bene, con i 40 fps quasi sempre stabili, fatta eccezione per alcuni effetti visivi che possono causare qualche leggero drop dei fotogrammi. Seppur accessibile solo su determinate TV, l’opzione ha un suo valore perché i 40 fotogrammi garantiscono un buon compromesso tra fluidità e risoluzione in quello che resta pur sempre un action shooter.

La quarta opzione, quella indubbiamente più gustosa, permette di sbloccare il framerate del gioco fino ai 100 fps in modalità Prestazioni attivando il VRR dalle impostazioni di PlayStation 5. Parliamo di un target, dunque la fluidità sarà molto variabile ma sarà sempre superiore ai 60 fotogrammi al secondo.

E’ innegabile che, per quanto siano presenti alcuni miglioramenti grafici non sempre percettibili se non con la lente d’ingrandimento, il lavoro tecnico sia stato investito maggiormente nel raggiungimento di target puramente prestazionali fattibili solo con l’hardware di PlayStation 5 e supportati per altro solo da monitor e TV con uscita a 120hz.

Il cut content spiegato bene

Ma veniamo adesso alla parte più gustosa del pacchetto messo insieme da Naughty Dog,, che sono ovviamente i nuovi contenuti sui quali Sony ha fatto leva in fase di marketing.

Il primo di essi sono i “Livelli Perduti”, ovvero tre scenari che per una serie di ragioni sono stati tagliati dal prodotto finale e riproposti in questo pacchetto come dei livelli in alpha privi di alcuni asset ma con il commento dello sviluppatore.

Per quanto ci allettassero molto, purtroppo la durata complessiva si attesta sui 20 minuti e difficilmente si è stimolati a tornarci sopra per rigiocarli, essendo dei contenuti grezzi e non finiti. Dal punto di vista di chi mastica i retroscena del settore e dello sviluppo, è piuttosto insolito ritrovare del cut content con tanto di commento che spiega le ragioni dietro alla loro assenza nel prodotto finito. I tre livelli permettono ai giocatori di addentrarsi maggiormente nel mondo dello sviluppo, delle scelte e dei compromessi che molto spesso lo caratterizzano. E’ già stato confermato che successivamente arriverà anche un documentario sulla creazione di The Last of Us Part 2 e che verrà integrato nella remaster con un futuro aggiornamento.

Senza ritorno

Ludicamente parlando è inutile girarci troppo attorno, il contenuto inedito più atteso e cavallo di battaglia della remaster è senza ombra di dubbio “Senza ritorno”, una modalità di gioco extra e di stampo Roguelike che mette una grossa pezza a quella che è sempre stata una critica verso il gioco originale: la mancanza di un contenuto secondario capace di esprimere al meglio il potenziale di tutto il gameplay di The Last of Us Part 2 senza la cornice narrativa.

Evirato da tutto l’aspetto narrativo che caratterizza la storia di Ellie, “Senza ritorno” è una modalità arcade che funziona e diverte, facendo leva proprio sull’aspetto ciclico e imprevedibile dei roguelike, con una difficoltà modulabile capace di spaziare da sessioni di gioco leggere ad altre più punitive.

La quantità di modificatori e sbloccabili messi a disposizione dal team, incluse le opzioni di accessibilità danno al giocatore un controllo totale sull’esperienza di gioco che raramente abbiamo visto in altre produzioni di questo genere.

In Senza ritorno il giocatore dovrà scegliere un percorso composto da sei livelli che si chiuderanno con un boss finale. La morte comporta un game over e la perdita delle risorse acquisite sul campo, tuttavia il completamento di varie sfide permette di progredire in un ricco ramo di sbloccabili che si traducono in nuovi personaggi giocabili, skin e addirittura delle sotto-modalità di gioco che appariranno randomicamente durane i livelli di Senza ritorno.

Coloro che lamentavano l’impossibilità di giocare nei panni di Joel, o chiedevano a gran voce un DLC per giocare nei panni di Tommy, qui saranno parzialmente accontentati.

I personaggi poi sono caratterizzati da abilità uniche, Tommy per esempio non può schivare, ma inizia la partita con un fucile di precisione di default, mentre Jesse può contare sulle armi silenziate. Altri personaggi poi hanno specializzazioni uniche nel crafting: Dina per esempio può piazzare delle trappole particolarmente devastanti contro le orde di infetti.

La pausa tra un livello e l’altro permette di spendere le risorse accumulate nel negozio. nel potenziamento delle bocche da fuoco oppure nella crescita delle abilità passive dei personaggi.

Si tratta di un contenuto secondario molto gustoso e longevo, tuttavia non possiamo fare a meno di muovere alcune criticità legate alla durata dei livelli, che da un certo punto di vista si, permettono di chiudere una sessione molto velocemente, dall’altra però si percepisce un senso innaturale di fretta nel loro completamento tale da limitarne ancora una volta il potenziale.

E’ sicuramente qualcosa di più elaborato rispetto a una modalità Mercenari di Resident Evil 4 Remake per esempio, ma proprio CAPCOM in passato ci ha dimostrato che dai contenuti secondari è possibile costruire esperienze longeve e appaganti. Si, ci stiamo riferendo proprio alla modalità Raid dei Resident Evil Revelations, da cui Naughty Dog ha ripreso palesemente diversi spunti per The Last of Us.

Commento finale

The Last of Us Part 2 Remastered ha innegabilmente dei grandi pregi che risiedono nei suoi contenuti inediti, che da soli offrono più di un motivo per tornarci sopra dopo quattro anni, magari sfruttando proprio il conveniente upgrade a pagamento. Però non possiamo fare a meno di sottolineare la ridondanza dell’intera operazione e di quanto questa idea delle remaster e dei remake stia forse un po’ troppo sfuggendo al controllo del publisher, che sta chiaramente cercando di compensare i problemi della sua lineup first party. A destare tutti i sospetti del caso su questa operazione vi è poi la recente pubblicazione a titolo completamente gratuito di Valhalla, la validissima espansione di God of War: Ragnarok.

VOTO: 8.0

Pro

  • Boost grafico di natura prevalentemente prestazionale
  • I livelli tagliati offrono uno spaccato sul mondo dello sviluppo che non si vede tutti i giorni
  • Senza ritorno offre quel contenuto secondarie di valore di cui forse il gioco aveva bisogno fin dall’inizio
  • Il lavoro sulle opzioni di accessibilità è pazzesco
  • Il gioco non è invecchiato di una virgola a distanza di 4 anni

Contro

  • Le novità sono grafiche ci sono, ma sono pressoché impercettibili
  • I livelli di Senza ritorno sono talmente serrati che si esauriscono troppo in fretta
  • I livelli tagliati offrono spunti interessanti sullo sviluppo, ma sono estremamente brevi. Difficilmente il giocatore ci tornerà sopra

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