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Quattro anni fa, per i Numero6, usciva “Dovessi mai svegliarmi”: un discreto chiacchiericcio e unanimi approvazioni. Dopodiché un EP con l’importante collaborazione di Bonnie “Prince” Billy, tanti live, un disco narrativo con Enrico Brizzi e solo qualche mese fa l’EP che anticipa questo attesissimo “I love you fortissimo”.
Andiamo subito al sodo: d’attendere ne valsa la pena, perché sembra proprio che negli anni passati i Numero6 abbiano lavorato tanto sulla loro nuova fatica. Infatti, sin da subito si nota come “I love you fortissimo” abbia sicuramente avuto un grosso lavoro gestionale e di studio alle spalle, nonostante appaia meravigliosamente spontaneo.
Una vera e propria raffica è questo nuovo album, grazie ad un Bitossi super ispirato e in stato di grazia; tra l’altro è giusto che sia cosi, perché, nonostante le musiche fortemente lavorate messe in primo piano, la vera anima si va a scovare nel cantautorato innovativo che trova in Bitossi la massima espressione. I testi fortemente autoreferenziali, che vanno dall’ironico auto-giudizio ad affascinanti storielle quotidiane, si scoprono poi delle potenti e mature riflessioni sulla ricerca dell’io (nel senso più moderno del termine), e delle considerazioni sugli avvenimenti, a prima vista banali, che quotidianamente ci circondano e che in fondo nascondono importanti verità. Il risultato è un album che nei primi ascolti stanca e non emoziona più di tanto, ma che successivamente fa uscire a galla una profondità concettuale e musicale davvero meritevole. Se del primo fattore, appunto quello concettuale, ne ho già parlato, non posso evadere dal considerare il secondo, causa diversi momenti davvero degni di nota: il partire in quinta di 200 Mg, le squisitezze dei fiati che appaiono in Maledetta (che nel finale approda in una meravigliosa jam tecnica) o in Mutazioni, come anche l’orecchiabilità di Dell’inadeguatezza, della possibile hit Chiederti scusa e delle più composte Probabilità e imprevisti e Due giganti. Un album altissimo anche dal punto di vista chitarristico: ad esempio le chitarre sullo sfondo nel ritornello di “Più di un’esigenza” prendono tantissimo, ma è solo uno dei tanti riferimenti possibili.
Un album che, dopo diversi accurati ascolti, appaga; anche se spesso pare fin troppo lavorato e complesso negli arrangiamenti testi/musica. Ma questo è solo un piccolo neo, su una pelle sempre più pulita e splendente.
Davide Ingrosso
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