Odi et amo. Si può amare e allo stesso tempo odiare un disco? La risposta è sì e devo ancora capire se è un bene o un male.
Il nuovo album dei veneti Love in Elevator, vivi quasi da un decennio e ormai giunti al loro terzo lavoro dopo vari cambi di formazione, mi spiazza. Da una parte rimango incantata dai suoni elettrici, shoegaze, che mi rimandano a quel grandissimo gruppo che furono gli Scisma, e mi sento come galleggiare in un mare di irruenza, di psichedelia, di una potenza che sembra provenire da un mondo parallelo al rock. Si sente subito un grande studio a livello tecnico, la sperimentazione ha dato i suoi ottimi frutti, che si fanno notare. Dall’altra parte non riesco a immergermi in queste onde sonore perché qualcosa mi trattiene a galla, qualcosa che mi sembra non appartenere pienamente al clima creato da chitarra, basso e batteria: la voce. A tratti dolce, a tratti acidula, la voce di Anna Carazzai si discosta forse un po’ troppo dall’atmosfera circostante, diventando eccessiva.
Sarà il contrasto che nasce a farmi amare questo disco, e allo stesso tempo a farmelo odiare. Sarà che sono abituata ad ascoltare voci femminili più impegnative e particolari, o sarà che c’è la necessità di studiare e perfezionarsi un altro po’. Il pezzo migliore è sicuramente Dune, quasi nove minuti di partiture affilate come rasoi alternate a dolcissimi violini. Tirando le somme, questo “Il giorno dell’assenza” è un album decisamente molto buono, ma c’è purtroppo questo particolare della voce che mi è arduo digerire.
Un album comunque perfetto per chi sente la mancanza dei Verdena.
Michela “Mak” De Stefani per Mag-Music
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