Prima di approcciarmi a “Thanatology”, secondo disco dei cuneesi Dead Elephant, ho recuperato il loro esordio del 2008, “Lowest Shared Descent”, e ne sono rimasto affascinato. Un’opera prima di grande spessore, che combinava con prudenza post-hardcore e incursioni ambient, ma anche momenti schizoidi come Post Crucifixtion, in compagnia del sax di Luca T. Mai dei romani Zu, o l’eccezionale “suite” Black Coffee Breakfast. Tre anni dopo, ecco arrivare “Thanatology”, ma le cose sono completamente mutate: i brani diventano pochi – quattro – ma dilatati, per quaranta minuti di musica claustrofobica e articolata.
Bardo Thodol, l’opening track, porta alla mente i migliori Om per poi sfociare, dopo un frammento ambient, nei mari neri degli Electric Wizard. Un frammento della marcia funebre Una lacrima sulla tomba di mia madre di Amedeo Vella introduce On the Stem: Enrico Tausaro (voce, chitarra ed effetti) considera le marce funebri italiane “ composizioni incredibili, le migliori ‘canzoni’ doom che siano mai state partorite in Italia”. Come non dargli torto! L’impressione è di trovarci di fronte ad un vero e proprio “funerale elettrico”. Dopo la “quiete”, la tempesta: Destrudo è il veloce trapasso, la morte violenta, gli Unsane e i Cherubs come dei novelli Caronte per il nostro viaggio tra una riva e l’altra dell’Acheronte. Infine, ecco i diciannove minuti di A Teardrop on your Grave/Downfall of Xibalba, una lunga preghiera (o un lungo oblio?) tra Angelo Badalamenti e i Black Sabbath, probabilmente la vera perla (nera) del disco.
“Thanatology”, oltre ad essere un disco “sull’accettazione della perdita”, è anche una conferma dell’enorme talento dei Dead Elephant. Potrei anche aggiungere “questo disco poteva anche uscire per la – ad esempio – Neurot Recordings”, invece esce per l’inglese Riot Season, e mi sta bene così.
Complimenti.
Marco “C’est Disco” Gargiulo per Mag-Music
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