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Parlare di Giancarlo Frigieri significa fare riferimento ad un personaggio che meriterebbe molta più considerazione di quanta non ne abbia avuta sino ad oggi. Ad un primo sguardo appare come un uomo dal profilo un po’ ambiguo, uno dei tanti accompagnati dalla propria fidata chitarra, in quella che è la leva cantautorale degli anni zero (e lui stesso ne sa qualcosa). Un’epoca che è un capitolo a parte della musica odierna, un’epoca in cui c’è chi questo strumento lo trascina tra melodie battistiane, chi gli dà un tono caldo, da Caraibi, come fosse un ukulele, chi lo usa come un giocattolo, con un fare bambinesco che non è identificabile affatto come un capriccio, ma come una traduzione in musica del concetto di fantasia.
Ma non è sempre così. Ci sono sempre i mazzi di carte differenti. Ed è il caso di Frigieri, che, da ex leader dei Joe Leaman, oltre che tra i primi batteristi dei Julie’s Haircut, andrebbe collocato all’interno di quel filone maggiormente vicino al cantautorato che fu, in particolar modo quello degli anni ’70, in particolare considerando quello che è stato il suo primo contatto con la lingua inglese, al quale è immediatamente seguito il passaggio alla propria lingua madre. Rigorosamente autoproducendo il tutto, per ben tre volte.
“I sonnambuli“, sua quarta fatica in studio, non fa eccezione. Non fanno a meno di dimostrarlo le varie influenze che scorrono nelle sue vene: come Max Manfredi deve molto a Fabrizio De André, e i Têtes de Bois sono a cavallo tra Ciampi, Ferrè e quant’altro, Giancarlo ha un tono un po’ alla Vecchioni nel corso di quello che è il “Risveglio” che apre le danze, è un po’ Gaber ne Il turista e Comodo, un po’ Bennato in Fino a rovinar del tutto e un po’ Guccini ne La gente.
E, allo stesso tempo, Giancarlo è solo Giancarlo, con una parte il suo sguardo che, attento, scruta, e dall’altra la sua chitarra, con la quale descrive a suon di musica con brani come i sopracitati, quelle che sono le inesattezze della società, una societa persa in un'”Arrivoluzione” non ancora concretizzata in rivoluzione, mentre da lontano ancora si attende l’arrivo di quella che potrebbe essere “La madonna del cavalcavia“. La stessa società alla quale preferisce consegnare, sulla soglia, la propria “Controfigura”. Una “controfigura” non molto avvezza ai suoni più forti, fatta eccezione per quello che è l’auspicarsi un vero e proprio “Controesodo“, mentre tutto quello che s’immagina è tristemente attuale. E, oltretutto, rappresentato con una grande intensità, cosa che al nostro non è sfuggita neanche stavolta.
“Non lo so dire, non ci riesco a raccontare i nostri giorni, a vederli dall’esterno, sembrerebbero normali, dei miracoli al contrario, io non so dire, cambiare pelle quotidianamente, per buttare via il passato, abbracciandoci a un futuro, che ha le basi nel presente…“
La verità è che i sonnambuli non si trovano solo per casa, ma anche fuori. E sono molti di più. Giancarlo Frigieri lo sa benissimo. Ma le sue parole possono in qualche modo portare loro luce? Di certo alle nostre orecchie sì.
Gustavo Tagliaferri
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