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Da anni ormai la Captured Tracks si è prefissata come obiettivo il puro revival spaziante tra il dream pop, shoegaze e la new wave anni ’80/’90. Ora pubblica il lavoro dei Widowspeak, trio proveniente da New York City, che in questo omonimo ripropone sonorità semplici e coinvolgenti tipiche del panorama indie pop d’oltreoceano, che un po’ discosta dalle altre uscite dell’etichetta.
L’album è organicamente strutturato, dieci pezzi che s’intrecciano su un leitmotiv creato dalle decise plettrate richiamanti melodie trasognate; le stesse s’intrecciano alle sonorità languide di una voce che richiama Hope Sandoval (Mazzy Star) sotto tutti gli aspetti, ma con una propria personalità dominante.
La prima parte dell’album ricorda sonorità ‘50/’60 della costa occidentale americana, surfisti e danze sulla spiaggia, praticamente un film pulp stile Quentin Tarantino, affiancati a ritmi lenti e striati di una personalità cavernosa assimilabile alla tradizione western morriconiana. Vi è uno stacco stilistico nella traccia centrale Limbs la quale si affida a un andamento che lascia imbambolati e in una situazione totalmente estatica; un motivo pop leggerissimo su una rete dorsale di malinconia e che nella voce esprime note di svogliatezza.
L’album riprende al massimo in uno stile tendenzialmente pop, un connubio perfetto tra spensieratezza musicale e leziosità vocale che non manca di strizzare l’occhio all’indie rock ultimamente in auge; proprio qui si denotano exploit di ottimismo richiamanti i Madder Rose di cui chiare sono le contaminazioni.
Se da un lato questo omonimo degli Widowspeak presenta molti punti a suo favore, dall’altro potrebbe essere condannabile per il fatto di avere effettivamente poche variazioni di umore, proprio a causa della sua personalità omogenea e ben definita.
Tutto sommato, per essere il disco d’esordio di un gruppo appena composto, il risultato è più che apprezzabile e speriamo che questo rodaggio sia intuizione di qualcosa che si sviluppi in meglio.
Eliana Tessuto per Mag-Music
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