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Un disco come quello degli Intercity non esce tutti i giorni. Sospeso tra reminescenze pop – italiane e non – “Yu Hu“, il nuovo album della band bresciana, è un lavoro composto da canzoni di notevole spessore. Ne abbiamo parlato con Fabio Campetti, voce e chitarra del gruppo.
– Sono passati più di due anni da “Gran Piano”, e ci si ritrova per le mani questo secondo lavoro ufficiale, “Yu Hu”. Come avete vissuto la creazione di questo nuovo lavoro rispetto a quella del precedente?
– Diciamo che il modo di lavorare rimane lo stesso dei precendenti lavori per tanti motivi, quindi, ovvero si parte da alcuni provini casalinghi, per passare poi alla rifinitura in sala prove….
– Classica domanda che viene fuori quasi in automatico: che cosa significa “Yu Hu”, e perché lo avete scelto come titolo?
– Forse nulla in particolare, anche se ci piace diffondere un pò di entusiasmo, vista la crisi, “Yu Hu” è preso, casualmente, da un libro di Chuck Palahniuk, “Invisible Monsters”; ci piaceva molto e al momento di decidere il titolo, ci siamo trovati tutti d’accordo.
– Quindici brani, quindici potenziali singoli. Gli Intercity vincono una sfida, ovvero quella di realizzare un disco con un generoso numero di tracce, per cinquanta minuti di musica “in stato di grazia”, lineare e appagante allo stesso tempo.
– Lusingati da queste belle parole e come non essere d’accordo. Venivamo da un periodo prolifico di scrittura, quindi avevamo tanti brani a disposizione e dopo una scrematura, sono rimasti questi quindici, volevamo fare un disco lungo, anche perchè ci dispiaceva lasciarne fuori troppi.
– Le sonorità sono moderne ma il gusto melodico è figlio di un certo modo di intendere il pop in italiano. Come avete conciliato queste due idee? C’è una ricerca sonora particolare? Volete creare un’atmosfera particolare?
– Il disco è stato registrato come “una volta” con le bobine, quindi in analogico, volevamo dare un suono caldo, che, speriamo, venga fuori con gli ascolti; hanno contribuito notevolmente anche due ragazze musicalmente molto preparate: Laura Masotto al violino e Doriana Marinelli al violoncello.
– Parliamo dei testi. Nel disco si succedono immagini che possono essere quotidiane, e le parole si legano magnificamente alla melodia. Da cosa partono i testi? Esperienze personali? Immagini? Situazioni ideali? Ho trovato una certa affinità con gli Scisma.
– Partendo dalla fine della domanda, mi fa piacere che hai trovato affinità con gli Scisma, visto che sono in parte nostri concittadini e amici di vecchia data. I testi si sono generalmente autobiografici, esperienze personali, vita vissuta, aneddoti, ricordi e quant’altro, oppure citazionisti e dedicati come nel caso di Anais.
– È corretto parlare di uso della tecnica del cut-up?
– Diciamo che senza prendere tale tecnica come dogma, il riferimento è azzeccato!
– Ognuna delle quindici canzoni di “Yu Hu” sembra un piccolo cortometraggio. So che sono stati girati tre video promozionali. Non avete mai pensato, invece, di realizzarne uno per ogni brano?
– Sì abbiamo girato tre clip, di cui uno molto cinematografico, e un paio promozionali; sarebbe fantastico girare un video per ogni brano, come ci lusingherebbe progettare una colonna sonora.
– Che progetti avete per il futuro immediato e non?
– Sicuramente portare “Yu Hu” un pò ovunque, sia in chiave elettrica, sia, perchè no, acustica. Suoneremo il più possibile, poi stiamo già pensando a un disco nuovo, c’è già parecchio materiale da visionare.
Foto di Stefano Poletti
Marco “C’est Disco” Gargiulo per Mag-Music
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