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“Dove sei, mio piccolo mondo indistruttibile? Mi hai lasciata all’improvviso senza chiedermi perché… “.
Immergersi all’interno di un cammino costituito da tanti passi, fatti lentamente, ma al momento giusto.
Un marchigiano come Umberto Giardini, con ancora addosso le vesti di Moltheni, si era reso conto delle potenzialità appartenenti a una ragazza dai capelli lunghi e mori, nata in quel di Roma, con uno sguardo trasudante dolcezza e seduzione, ma anche furore e necessità di sfogarsi. La stessa che, poco prima, aveva aperto un concerto di Ginevra Di Marco, per poi rifugiarsi all’interno di svariati festival musicali che l’hanno vista maturare sempre più. E la stessa che oggi, tra un contributo e l’altro agli esperimenti degli Operaja Criminale, ha finalmente realizzato un sogno, grazie ad un’arte come quella musicale: essere se stessa.
“Radical chic un cazzo“, guarda caso anch’esso con la produzione del buon Giorgio Canali, non è solo l’album d’esordio di Ilenia Volpe, ma potrebbe essere visto come l’autobiografia di chi, come lei stessa, si è resa protagonista del suo stesso viaggio, compiuto lungo una strada inizialmente piena di ostacoli non facili da superare, ma portato a termine con successo. E dove si possono ben riconoscere i suoi due principali stati d’animo: la calma e l’ira.
E se nella maggior parte dei casi a uno stato d’animo corrisponde il clima dominante di un brano, per Ilenia non c’è alcuna eccezione. Quando urge il bisogno di rivolgersi al mondo in salsa punk sono pronte a intervenire Prendendo un caffè con Mozart, La mia professoressa di italiano, Indicazioni per il centro commerciale e Gli incubi di un tubetto di crema arancione, sospese tra denti avvelenati in seguito a vicende scolastiche, fantasie tra il sinfonico e il variopinto e pensieri in continuo movimento in ogni dove.
Meno punk, ma più rock, sono invece Le nostre vergogne, uno degli episodi maggiormente riusciti dell’intera opera, e la cover di Fiction del Santo Niente di Umberto Palazzo, già gustata un anno fa essendo stata commissionata per il tributo “Generazioni, un omaggio al Santo Niente“.
“Crollerai, crollerai, canteremo le vergogne ancora a lungo, scapperai, scapperai, proveremo il disgusto di chi è ancora nullo“.
Non è l’unica cover, peraltro. Eh sì, c’è anche Direzioni diverse, presa in prestito dal repertorio del Teatro degli orrori del collega Pierpaolo Capovilla, svestita stavolta della sua base elettronica firmata Bloody Beetroots e trasformata in una disperata dichiarazione che tocca il suo clou sul finale. Un mood che vedrà la sua continuazione in un brano come La crocifinzione e che altro non è se non l’altra faccia della cantautrice romana, quella che lascia spazio al respiro, alla voglia di trovare quel “Mondo indistruttibile” perduto nell’oblio.
Ma a volte il silenzio può essere più comunicativo sia delle parole che del proprio respiro, e un brano dall’incedere quasi post-rock come Il giorno della neve ne è una palese dimostrazione. Fulminea, inaspettata, per giunta.
Tante vicende e tante situazioni che non possono far venir meno il bisogno di augurarsi qualcosa per il futuro, e la “Preghiera” di fine disco serve proprio a tale scopo.
Già qualcuno definisce Ilenia Volpe una “riot grrl” made in Italy. Non è per nulla biasimabile un’analisi di questo tipo, perché effettivamente lei è veramente una “riot grrl”. Come Lucia Rehab dei Betty Poison, e come anche un po’ Diletta dei The Casanovas. E se le nostre “riot grrls” sono queste, ben vengano, ma davvero. Ammaliare con la musica porta solo vibrazioni più che positive, all’ascoltatore e alla scena musicale.
“Dalle rinunce, dai conti perfetti dalle parentesi, dalle rughe mai vissute, dai vuoti violati, dal futuro recitato come una preghiera… “.
Per un viaggio che molto presto ricomincerà, con una nuova meta tutta da seguire.
Gustavo Tagliaferri
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