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Quanto può essere complicato tenere fede al concetto di sperimentazione sonora senza ridursi a essere una banale carta carbon-cacofonica di musicisti che hanno tracciato il percorso dell’art rock e dell’avantgarde? Probabilmente molto, visti i tempi che corrono e certe uscite, tanto di là che di qua, al limite del ridicolo, ma non per chi, come i Baby Blue, aveva già mosso con attenzione i propri passi nella scena prima con la produzione di Paolo Benvegnù e poi con l’ala protettrice della Trovarobato, fino al momento in cui, una volta giunto come nuovo bassista Lorenzo Maffucci, non si è presentato il momento di cambiare le carte in tavola. E da Baby Blue a Blue Willa il passo non è breve, se non si considera l’enorme apporto dato da una produttrice come Carla Bozulich. Un invito alla schizofrenia al potere. E che un invito alla schizofrenia sia!
Difatti, il nuovo percorso del gruppo capeggiato da Serena Altavilla ha come valore chiave l’improvvisazione, l’espressionismo, colori sbattuti su una tela, anzi, su un disco omonimo, sempre di casa Trovarobato, suddiviso in undici tele, composizioni di vario genere dove il teatro cerca di relazionarsi con la musica. Ci sono l’allucinato ed ectoplasmatico mood 4AD-style di Eyes Attention, le mini-suite condivise dalla stessa voce leader assieme al chitarrista Mirko Maddaleno, rispettivamente la circense Tambourine e il dilagante free jazz di Rabbits, una Vent che potrebbe riportare alla luce persino certi Smashing Pumpkins degli esordi, e l’etereo e angelico richiamo che si diffonde, come un mantra, per tutti i sei e passa minuti della conclusiva Spider, giusto per citare i momenti di maggiore rilievo, ma non sono da meno lo sghembo blues di Cruel Chain, la punkeggiante Good Glue, il garage di Fishes, prossimo a ingranare ascolto dopo ascolto, e il minimalismo fuso con tinte noise di Moquette. Mentre a essere di minore impatto, seppur non da lasciare totalmente fuori dal mucchio, sono le divagazioni post-hardcore di Moan e i ripetuti cambi di tempo che animano Birds.
Questo è quello che presenta una simile nuova incarnazione, senza lasciare scampo, per un lavoro molto pesante da digerire ma indubbiamente caratterizzato da diversi espedienti che non fanno perdere fascino al sound generale dei nostri, mostrandoli tuttora lontani dal perdersi completamente in certe inutili divagazioni. Un ulteriore punto a vantaggio dei Blue Willa.
Gustavo Tagliaferri
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