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Uno scarabeo intento a camminare lungo un volto dai capelli rossi.
Già, venire da Macerata per vedere la propria carriera passare da un mood all’altro fa un certo effetto. Prendere forma con “Big Saloon” come polistrumentista, continuare su tale strada una volta giunto “A due”, e allo stesso tempo iniziare a fare il boom, fino alla manifestazione della propria natura aliena, presente in “BioY“. Una trilogia che ha visto Beatrice Antolini presentarsi per quello che realmente è: un’artista atipica, che ha saputo reinventarsi in più e più modi nel giro di poco tempo, mostrandosi sempre su ottimi livelli. Alla luce di un’evoluzione del genere, dopo due anni e mezzo, non poteva non presentarsi alle porte un restyling definitivo, che vede la nostra svestire, se non ridurre momentaneamente, i panni di polistrumentista, ritrovarsi faccia a faccia con la musica elettronica e aderire, con la sua band, al progetto Qui Base Luna. Primi passi adeguatissimi della lavorazione e conseguente nascita di un quarto lavoro in studio, quale questo “Vivid“.
Per scoprire le carte un brano più adatto di Pinebrain, ottimo concentrato a metà tra rock ed electroclash, con tanto di riff di chitarra assassino firmato da un sempre ottimo Federico Fantuz, non poteva esserci. Ma è in buonissima compagnia: a rendere pubblici ulteriori qualità del nuovo vestito indossato dalla nostra sono una Cobra che è tutto un programma, un esperimento dalle basi folk portato a termine su una pista da ballo e condito da distorsioni sonore ambiguamente rave, il funk festoso e imbizzarrito dai toni 70’s che inebria ogni singola nota di Now, la particolare importanza che viene data alla fiatistica, dal lieve sapore jazz e in mano ad un sempre ottimo Enrico Pasini, che va dalla swingata Test of All alla più raffinata Vertical Love, fino al contatto con la musica pop visto al di fuori di un pianoforte, quello della magica ballata Transmutation, della più acida, da Bjork sotto ipnosi, Vibration 7, fatta d’isolati riff elettrici in contrasto con ipnotici pad, delle tinte wave di Open e di una dolce e autobiografica My Name Is an Invention. Molteplici elementi che non solo abbelliscono, ma sono i punti cardine di un ambiente stracolmo di allegria e personalità, dove l’unico ricollegamento alle fasi precedenti dell’Antolini è il vaudeville turistico di Happy Europa, una sorta di retrospettiva, non meno interessante, del proprio percorso.
Album dopo album, è chiaro come l’Antolini cresca. Come donna e come artista. E forse “Vivid” è quello che sancisce la sua definitiva maturazione, regalando dieci amabili momenti di pura follia, un suono tanto al 100% di se stessa quanto mai uguale a se stesso. E di personaggi come lei ce ne vogliono eccome, al giorno d’oggi.
Gustavo Tagliaferri
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