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Quando ci si ritrova tra le mani determinate opportunità, dopo meno di vent’anni di silenzio, è possibile anche rendersi conto di come non possa esserci solo un mero effetto nostalgia. Specialmente alla luce del fatto di essere stati parte di una Catania tanto atipica, tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90, nel dare luogo ad un movimento apparentemente invisibile, eppure di grande importanza, quello che ha fatto sì che anche una certa forma di rock mediterraneo, fatta di echi della Seattle di allora ma soprattutto tale da prevedere l’occhio lungo di Peter Buck dei R.E.M. come ulteriore punto a favore, potesse lasciare un segno indelebile. Ricominciare da quell'”Aria” che aveva inequivocalmente sancito la momentanea fine di un’avventura, evidentemente, è possibile. È un obiettivo che Marcello Cunsolo, anima e voce dei Flor (un tempo De Mal), ha bene a mente, ed essere nuovamente al corrente di un’uscita in studio con tale nome non può che essere un fatto di grande rilevanza. Una voce tanto maggiormente roca quanto sempre coinvolgente, accompagnata dal solo Saverio Malaspina alla batteria, che torna in auge con quello stesso suono che l’ha contraddistinto, ma senza mai risultare monotono, là dove i momenti più intimi (Con Dio, Quando vuoi) vanno di pari passo con i più intensi (Nelle mie vene) e rilassanti (Guarda che bello, Mitiche idee), mentre a predominare è un’elettricità che trasuda da Lì per me ad Alzati e cammina, da Sempre di più alla lunga coda di Incastonati, vero e proprio raggiungimento dell’apice, fino al mantenimento di quelle radici tanto care allo stesso Cunsolo, da sempre, come dimostra la scarna Comu cani. Scarna come i fiammiferi che contribuiscono a creare un fuoco che divampa, quello di un ritorno che non bada a spese, dove è il cuore ad avere la meglio. Che “Flor” sia un “Revisioni” parte seconda? Sembrerà esagerato arrivare ad una simile conclusione, ma il tempo, vista la sua galanteria, finirà per confermarlo.
Gustavo Tagliaferri
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