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Non un semplice scambio di insegnamenti, tipico di colleghi spesso avvezzi a ricambiare i favori compiuti all’interno dell’opera in studio o nel corso di svariate date dal vivo, ma la necessità di continuare, alla luce delle proprie condizioni, quanto già espresso in precedenza su binari diversi. Cagna Schiumante è un mostro di Frankenstein il cui occhio è rivolto al mondo con la stessa intensità delle chitarre di Xabier Iriondo (Afterhours, Six Minute War Madness) e Stefano Pilia (Massimo Volume, In Zaire) e della voce e batteria di Roberto Bertacchini (Starfuckers). Cagna Schiumante manifesta la propria indole senza mezzi termini: smonta, rompe, sfracella e contemporaneamente crea, assembla, incastra, alla luce di un drumming scollegato, snaturato e proprio per questo mai fine a stesso, tra richiami alla lezione della band madre di chi opera (Ciò che è importante, E non smettere di pensare) e concezioni di ritmiche matematiche e siderurgiche (È respirare, Per raggiungere correndo e ansimando), riverberi di matrice noise (Come un cane che annusa il vento) e post-rock (Dopo la tempesta, A Edoardo il monco), affondo a piene mani e conseguente destrutturazione dell’hard rock degli anni ’70 (Camminando in un deserto post-punk), se non addirittura degli Area più cervellotici (Ti sembrerà normale e l’evidente richiamo a “Maledetti (Maudits)”), e, al centro di tutto, una performance vocale fuori dagli schemi, una prova di canto che è tutto e il contrario di tutto, quella di Bertacchini. Lirica (La breve estate dell’anarchia, la title track), salmodica (La mente opaca confusa si accende), sussurrata, ectoplasmatica (Da urlo), strozzata, prossimo alla perdita della parola, in un passaggio da vocalizzi e fonemi ad idiomi sconosciuti (Credi davvero, Che la civiltà). Tutto regolare, tutto come previsto, nulla compiuto tanto per. L’avant-rock, del resto, lo prevede. Un disco duro, salivante come la creatura a cui i tre responsabili devono tutto e proprio per questo degno di considerazione, sperando non rimanga un semplice caso a parte.
Gustavo Tagliaferri
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