Rachele Bastreghi dei Baustelle il 27 Gennaio 2015 pubblica l’EP Marie. È proprio a nome Marie che avrebbe voluto far uscire il disco, un alter ego dai sentimenti disordinati e intensi che Rachele interpreta in un episodio della fiction Questo nostro amore ’70. Qui Marie è una cantante francese di ritorno per un concerto nel luogo in cui ha lasciato da anni gli affetti del suo passato.
Nel tuo nuovo singolo, Il ritorno, l’immagine di un viaggio figurato o reale si confonde con la poetica di un amore che appare saldo tra i ricordi apparsi in un momento di temporanea lontananza. Un evento preciso sembra averlo interrotto. Puoi dirci qualcosa in più sulla storia descritta in questo testo? Quali erano i tuoi pensieri quando l’hai scritto?
La canzone nasce da un reale viaggio in auto, iniziato nella spensieratezza e interrotto improvvisamente da un colpo di freni e dalla paura di ciò sarebbe potuto accadere. Da un canto felice sono precipitata in un silenzio pesante che mi ha fatto pensare alla vita, alla morte. Un viaggio che mi ha dato la possibilità di riscoprire la potenza di un sentimento, il suo ritorno e il suo valore salvifico.
Il titolo Il ritorno non lascia molte incertezze – così come le parole “Ti vivrò e amerò come se non ci fosse altra luce“ – eppure una certa inquietudine è l’elemento essenziale della canzone. Nel video non ci sono automobili o cieli ma quasi solo interni. Come mai questa scelta? L’allontanamento era solo immaginario o si riferisce ad un viaggio reale?
Non volevo fare un video che seguisse per forza il testo della canzone. Volevo più che altro che le due cose viaggiassero insieme emotivamente. Il video nasce come omaggio al cinema della nouvelle vague e a certi video di Warhol in bianco e nero. Mi sono confrontata con il regista Fabio Capalbo e abbiamo pensato ad una specie di diario intimo per comunicare attraverso i piccoli gesti quotidiani, una sensazione di ritrovato conforto.
Così come Marie è un tuo lavoro solista, anche la realizzazione del video Il ritorno immagino abbia seguito strade diverse rispetto ai video realizzati con i Baustelle. Com’è avvenuta? Perché in due città diverse, Milano e Torino? Come osservavo prima, gli esterni non sono molti, ma è possibile riconoscere qualche luogo delle due città? Quei giardini, quali sono?
L’idea iniziale era quella di girare gli esterni a Torino e gli interni a Milano ma alla fine abbiamo scelto di fare tutto a Milano. Il regista mi ha proposto “I giardini della Guastalla” che io però non conoscevo, pur abitando a Milano da qualche anno. Sono bellissimi.
In Folle tempesta c’è un mescolarsi di italiano e francese nel finale della canzone, così come le due lingue s’intrecciano anche in Mon petit ami du passé. Dobbiamo immaginare l’intero EP inciso dal personaggio di Marie o da Rachele? O possiamo limitarci ad attribuire a Marie solo queste due canzoni?
Ho iniziato scrivendo pensando al personaggio di Marie e piano piano questa donna è diventata una specie di alter ego. È stato divertente, intenso e anche liberatorio, mi ha dato l’occasione di guardarmi dentro e di crescere, di affrontarmi e poi di esprimermi.
Lo stile di Mon petit ami du passé è leggermente diverso dal resto dal disco, è più una canzone “da palco” di un piccolo locale notturno, come quello nella puntata della fiction. Le altre sono più intime, più introspettive, ci si perde dentro. È voluta questa differenza?
Mon petit ami du passé è stato il brano che ha dato il via all’EP. Il primo che ho scritto pensando a Marie ed era una canzone composta ad hoc per la fiction ambientata nel 1970. Doveva avere certe caratteristiche, il regista però mi ha dato carta bianca e sono andata alla ricerca di ispirazioni in certa musica del passato che ascolto da sempre, tra Gainsbourg, Dalida, Morricone e altro. Probabilmente è diversa dalle altre ma non è una cosa voluta, ho seguito il mio istinto, senza darmi troppi paletti, se non nella scelta degli strumenti e negli arrangiamenti.
A chi è dedicata Mon petit ami du passé? A quello che era il marito di Marie? Perché l’espressione “ami du passé”? È un’espressione premurosa e distaccata al tempo stesso. A me piace divagare sui testi, possiamo sapere qualcosa in più sulla storia e sul rapporto che hai immaginato in questa canzone?
Nella fiction, Marie è una cantante famosa in Francia che torna in Italia per un concerto. Ad attenderla ci sono il marito e il figlio che lei aveva abbandonato da anni. Io mi sono immaginata una donna forte e fragile allo stesso tempo, folle e appassionata, una personalità dal cuore incasinato e disordinato. Una donna incapace di gestire i sentimenti, premurosa e distaccata come dici te, che nella canzone ricorda il suo amore tormentato e perduto.
Nell’EP le tue canzoni vere e proprie sono solo 4 su 7. Come mai la scelta di incidere un EP e allo stesso tempo di privilegiare due canzoni del passato piuttosto che introdurre altri brani scritti da te? Hanno influito il tempo, il desiderio di pubblicare al più presto ciò avevi scritto, un discorso qualitativo (meno canzoni ma più sentite)?
Dall’idea iniziale sono cambiate molte cose. Inizialmente volevo incidere semplicemente la canzone della fiction e inserire una cover. Nel giro di poco è cresciuta sempre di più l’esigenza di approfondire e allargare il progetto e di scrivere altre canzoni a tema. Non avevo però l’idea di far uscire un disco a mio nome, non volevo comparire sul disco, pensavo fosse più bello far fare tutto a Marie. Poi mi hanno convinta ad uscire allo scoperto.
Quali altre cover avresti voluto fare o farai? Ad esempio, qualcuna di quelle che porterai con te dal vivo, credi potrebbe essere incisa in un album?
Ci sono un sacco di canzoni bellissime che vorrei fare o che avrei voluto scrivere io. Nei concerti omaggerò altri cantanti del cuore, al momento però non vorrei svelarli, posso dirti che sono cover di artisti italiani.
Quando credi che questo evento (tu da sola) si ripeterà? Da cosa dipenderà l’uscita di un album?
So soltanto che se avrò ancora l’esigenza di dire qualcosa, allora cercherò il modo e i tempi giusti per farlo. È stata un’esperienza bellissima e non voglio precludermi niente. Adesso farò dei concerti e sono molto emozionata, sarà un’altra nuova avventura… Poi però mi dedicherò al nuovo album dei Baustelle!
Com’è scrivere da sola? È stato più semplice (più libertà) o più difficile del previsto lavorare senza gli altri componenti del gruppo?
Più facile e più difficile allo stesso tempo, sicuramente ci sono stati momenti bellissimi ma anche duri, in cui mi sono sentita tutta la responsabilità sulle spalle. Ma questo fa parte del gioco ed è il suo bello. Comunque anche in questa occasione mi sono circondata di bravissimi musicisti (come Giovanni Ferrario, Sergio Carnevale dei Bluvertigo, Fabio Rondanini dei Calibro 35… NdR) con cui si è creato da subito un rapporto speciale.
T’era mai venuto in mente prima di fare un album senza i Baustelle? Marie è un’idea di te che c’è sempre stata, da qualche parte, e la fiction Rai ha fornito a lei un’occasione, oppure, al contrario, la canzone scritta per Questo nostro amore 70 ha dato l’avvio al disco, come prima canzone ormai già scritta? Come mai questa scelta solo ora?
Non so se questa voglia bollisse dentro da tempo, sicuramente la fiction mi ha dato la spinta per uscire fuori e per credere in un progetto tutto mio. In realtà fino ad un anno fa non avevo proprio intenzione di incidere un disco da sola, era un’idea che spesso mi proponevano altri, io continuavo a non sentirne la necessità o forse mi nascondevo dietro ad un dito…
Credi che avrai altre esperienze con il cinema, avendone l’occasione? Come per Marie, in cui appari e canti.
Mai dire mai, è stato molto divertente e ho giocato ma certo non mi vedo come attrice. Scrivere per la TV e per il cinema invece sì, mi piacerebbe ancora.
Segui la televisione? E il cinema?
Sì, soprattutto il cinema e mi piace molto fare full immersion di serie TV.
Un’ultima domanda: negli ultimi tempi ho visto spesso accostare il tuo nome alla parola “timida”. A dire la verità, è difficile immaginare nitidamente come, in una donna con la tua voce e i dischi all’attivo con i Baustelle e ora anche da sola, questa caratteristica si manifesti. Puoi descrivere com’è la Rachele “timida”? Lo era un tempo, lo è ancora?
La timidezza c’era e continua ad esserci, son so spiegarmelo nemmeno io ma non mi abituo mai, mi emoziono, in alcuni casi mi agito moltissimo e mi metto molto in discussione. Negli anni ho acquisito ovviamente un po’ di sicurezza e di professionalità nel fare quello che amo, ma a volte combatto con l’ansia per sciogliermi in pubblico. Ero timida da bambina persino davanti ai familiari e lo sono tutt’ora ma in qualche modo ci convivo e la affronto per seguire la mia passione.
Intervista a cura di Valentina Guerriero
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