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CD – Goodfellas – 7.
Giampaolo Felici non è un uomo che si è soliti incontrare tutti i giorni, Nelle sue espressioni si legge tanto l’amore per la propria terra quanto la necessità di esplorare e fare proprie ulteriori influenze situate fuori dallo stivale, arricchendo e non snaturando la propria Roma. Parole sue e quindi degli Ardecore, parole che, ad alternati tempi d’attesa, passando da vecchi stornelli di un affascinante album d’esordio ad una maturazione personale, di scrittura e di arrangiamenti, in Chimera e ad una decisa (e discussa) sterzata verso suoni più duri con il nome di San Cadoco, si sono rivelate incisive, simbolo di una fiamma imperitura al cui si interno si è celato il contributo di colleghi quali Zu, Squartet e Geoff Farina. Trascorsi cinque anni da allora, Vecchia Roma non è solo il quarto album in studio di un progetto avente come nucleo principale, oggigiorno, un trio, e neanche un semplice ritorno alle origini, composto come è da sette brani facenti quasi completamente da collante alle due guerre mondiali, ma un altro importante passo dell’evoluzione di questo, in cui la canzone romana arriva a contaminarsi con il gospel e lo spiritual, come è ben accentuato dai due momenti che rappresentano tanto la fine quanto l’inizio dell’opera, l’intimità del pianoforte di Riccardo Del Monaco di Serenata sincera e l’Hammond che anima l’ode di Girasole. Lontane da cotante influenze e più vicine ad un fare tradizionale sono Serenatella amara e lo struggente folk andante di Signora Fortuna, mentre Serenata a Maria è una composizione visionaria ed allucinata, quasi fosse suonata da una banda di strada colta da sbornie e contrapposta tra voci umane e voci spettrali, ed altrettanto determinante è il mood da camera, determinato dall’incedere di batteria di Giulio Caneponi, che aleggia al suono delle dolci percussioni che adornano una ninna nanna come Pupo biondo e lungo una title track crepuscolare, un crescendo atto a simboleggiare l’ira, dove la voce di una non del tutto assente Sarah Dietrich fa tanto da dolce accompagnamento quanto da apparizione improvvisa proveniente da un grammofono del 1947 e conseguente vittoria di un arrivederci su un inizialmente ipotizzato addio. Basterebbe tutto ciò per considerare Vecchia Roma semplicemente come lo spirito degli Ardecore: un rogo attraverso cui guardando al passato si scrive il futuro, e mentre divampa partorisce un’altra pagina per nulla scontata, ma pregna di intensità ed emozioni, non solo legate alla città eterna.
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